!-- Codice per accettazione cookie - Inizio -->

martedì 26 febbraio 2013

Brad, His Normality Stone Gossard

Stone Gossard, il chitarrista dei Pearl Jam
Ai Magazzini Generali di Milano i Brad col chitarrista dei Pearl Jam, Stone Gossard, hanno dato via a uno show  delicato di pura musica.

di Luca Ferrari

L'essenza del rock. Un gruppo di musicisti. Un palco a contatto col pubblico. Una serata fredda scaldata dalle emozioni trasmesse da quegli artisti. 23.02.13 – Il viaggio inizia da lontano. Ognuno a modo proprio. Sulla strada schizzano incessanti frammenti di neve e pioggia. Il freddo lì fuori non rallenta la marcia. Sull'autostrada A4 verso Milano il traffico scorre pulito e veloce. I mezzi spargisale sono in azione. 

Prima d’immergersi nella dimensione sonora dei Brad c’è il tempo di sentirsi più vicino alle proprie decisioni…C’è stato un giorno in particolare in cui hai preso confidenza con gli schermi della tua nascita o semplicemente hai calpestato qualche buca e te ne sei andato alla ricerca del cammino?/… Dalle lezioni del proprio inferno orizzontale c’è sempre una piantina in più dove nessuno vuol farci andare, e allora mi lancio in una previsione a prova di sedia, e questo è tutto per ora/… Mi lancio oltre le fiere sbarre di una sponda / Ma chi se importa, noi siamo sempre andati altrove

Sono appena le 6 del  pomeriggio e davanti all’ingresso dei Magazzini Generali c’è già un nugolo di fan che aspetta di entrare. I non conoscitori del locale scoprono a malincuore una certa esosità del guardaroba obbligatorio per borse e simili (3 euro, che aumenterebbero se poi si volesse aggiungere anche il giaccone o altro).

Ben Smith (New Killer Shoes)
L’organizzazione concertistica è perfetta. Alle h. 19.45 spaccate attaccano i New Killer Shoes. Inglesi di Redditch (contea del Worcestershire), eseguono una robusta performance di mezz’ora dimostrando che la gioventù non è solo un branco di cloni col mito dei soldi rappati, ma è anche una roboante miscela di punk, indie rock e quella genuina influenza assimilata a distanza da lassù, nella lontana capitale dello stato di Washington.  

Ricky-Lee Cooper picchia in modo possente. Al suo fianco nella sezione ritmica, il bassista Ryan Kings. Sarà che non lesina cori al microfono, sarà il taglio di capelli o sarà l’energia che scatena dalle quattro corde, ma rivedo germogli del Jason Newsted (Metallica) ultimi tempi. E mentre le chitarre di Ben Smith e Jon Kings (cantante) si alternano in assolo, la cosa fondamentale è che stanno suonando. Si divertono come semplici amici. L’essenza del rock.

Un'ora dopo e qualche spettatore giunto in più, e le luci si spengono per la performance dei Brad. Partono subito le canzoni. Il chitarrista Stone Gossard è inevitabilmente il più atteso. Mr. Normalità a tratti pare quasi emozionato davanti alla piccola folla raccolta. Viene difficile da credere che sia abituato a platee molto (ma molto) più grandi con i Pearl Jam. I Brad sono una famiglia. Alla batteria c’è Regan Hagar, tamburo originale dei Malfunkshun dove suonavano i fratelli Kevin e Adrian “Andy” Wood (1966-1990). Proprio lui, la voce dei Mother Love Bone che insieme a Stone e Jeff Ament ha lasciato ai posteri un solo e indimenticabile album, Apple. A dispetto della stazza, il cantante Shawn Amith ha una voce calda e delicata.

i Brad al completo
Hagar, Gossard e Smith sono i tre fedelissimi della band. Negli anni il bassista è stato cambiato più volte. Dal 2008 c’è Keith Lowe, mentre di recente si è aggiunto al quartetto anche il chitarrista/tastierista Happy Chichester.

“L’aspettativa per un concerto di una band che presenta tra le sue fila un elemento così importante per tutta la scena musicale di Seattle, avevo il timore distraesse la qualità dei Brad, mettendo più in luce il carisma di Stone” racconta un entusiasta Omar Nizzetto, partito dalla non proprio vicina Treviso per gustarsi lo show, “sono invece stato positivamente sorpreso perché da una parte i musicisti sono eccellenti e il concerto nel suo insieme è stato toccante, dall’altra la – star – è  stata oltremodo timida e in disparte. Forse per paura anch’esso di levare il giusto merito al gruppo per come suonano e non perché suonano con lui”.

Pur con più di vent’anni di carriera alle spalle e cinque album in studio già realizzati, i Brad sono al loro primo tour europeo. Fatto tappa in Inghilterra (Manchester, Birmingham e Londra), Francia, Olanda e Germania, a chiudere la serie di live nel vecchio continente è stata l’Italia, con le esibizioni di Milano e Firenze.

il cantante Shawn Smith
L'esibizione talvolta assume un’atmosfera dai connotati jazz. “Libero” dalla presenza di Mike McCready, questa volta Stone si è prodotto in qualche assolo che con i PJ non sono di sua normale competenza, ma riscuotendo comunque applausi, e cimentandosi inoltre anche come voce solista in Bay Leaf e con i tamburelli in 20th Century. Alle sue spalle Regan tiene il tempo con "Cameroniana" (Matt, ndr) precisione. 

Sul palco i musicisti s’indicano a vicenda. Ognuno cerca (e trova) l’applauso del pubblico per gli altri componenti. Qui non c’è posto per l’ego. In quelle band di Seattle esplose a cavallo degli anni Novanta non ci sono mai state prime donne. Ci si aiutava a vicenda e s’imparava gli uni dagli altri, come sottolineava anche il cantante dei Soundgarden, Chris Cornell, nel film Pearl Jam Twenty (2012, di Cameron Crowe).

mi sto trattenendo/… mi sto ammaliando/… sto solo alzando il volume dentro di me mi sto divertendo/… nessuno sguardo di cartapesta a illuminare future scritte rosse

Stone Gossard live in Milano
Il pubblico è soprattutto over 30. Ci sono fan di lunga data del sound di Seattle. Canzone dopo canzone, ai Magazzini Generali si sta sempre più stretti ma con spazio a sufficienza per far ondeggiare la testa e i capelli al momento opportuno. Si comincia con Takin it easy, quindi Good News, Nadine, The Only Way, Price of Love, Upon my Shoulders e via avanti senza quasi mai fare pause.  Giusto qualche parolina di saluto. Al momento del bis, oltre alla confermata cover immortale dei Rolling Stones, Jumping Jack Flash, una sorpresa. Sul palco ritorna solo Smith. Si accomoda davanti alla tastiera, lanciandosi in una delicata e poetica versione di Crown of Thorns dei Mother Love Bone.

“Shawn Smith, voce spettacolare. Il gruppo si è fatto valere anche per la presenza scenica. Mai sopra le righe ma sempre vissuta con partecipazione. Hanno proprio dato l’impressione di divertirsi a suonare e non che fosse una cosa dovuta" commenta ancora Omar, "Trovarsi comunque a cinque metri da chi (Stone Gossard, ndr) ha scritto gran parte delle canzoni con cui sei cresciuto e maturato, è stata una sensazione strana. Inutile ripeterlo, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il tutto alla fine è sembrato normale come la sua presenza e la sua discrezione”.
 
A dispetto della buona resa nei dischi, ci vuole poco per capire che il meglio dei Brad sia la dimensione live. Finisce la performance alle 22.30 spaccate. Tutti salutano, e Stone è sempre un po’ defilato sul palco. Il tour europeo si chiude l'indomani con l'ultima tappa in terra toscana, poi si torna a casa. 

Il sound di Seattle però non si ferma. In aprile sbarca la Deluxe Edition di Above dei Mad Season con gl’inediti che vedono Mark Lanegan alla voce, quindi a maggio è il turno di The Devil Put Dinosaurs Here (Virgin/EMI), il nuovo disco degli Alice in Chains, e infine Vanishing Point (Sub Pop) dei Mudhoney. Il rock graffiante e distorto della band formata dal cantante Mark Arm, il chitarrista Steve Turner, il batterista Dan Peters e il bassista Guy Maddison sarà di scena venerdì 31 maggio al Viper Theatre di Firenze per l’unica tappa italiana del tour promozionale.

adesso la profondità delle mie acque può diventare la migliore delle buone notizie/…il fogliame dell’unico sentiero dell’amore ha ricoperto i mutati bastioni nascosti nella solitudine delle miglia/... l’intensità dei colori della pioggia suggerisce e solleva i tanti e prediletti blues di pruaallora non ho sbagliato a dire quello che succedeva dentro di me senza pensare a come mi sarei sentito anche domani

si torna a casa... Brad e New Killer Shoes

venerdì 22 febbraio 2013

Brad, una serata tra amici

Brad - da sx: Stone Gossard, Regan Hagar e Shawn Smith © Anna Knowlden
I Brad, side project del chitarrista dei Pearl Jam, Stone Gossard, sono in tour in Europa. Due le tappre previste nel Belpaese, a Milano e Roma.

di Luca Ferrari
 
È stato il chitarrista di Green River e Mother Love Bone. È un membro permanente dei Pearl Jam. In questi giorni però Stone Gossard è in compagnia di Regan Hagar, Shawn Smith, Keith Lowe e Happy Chichester. Loro sono i Brad da Seattle.

Sono sbarcati in Italia per raccontare la loro lunga avventura musicale a cominciare magari dal loro ultimo album United We Stand (2012, Razor & Tie Records) e senza lesinare sui passati lavori Shame (1993), Interiors (1997), Welcome to Discovery Park (2002) e Best Friends? (2010).

"Non sono nato per sentirmi vicino al momento
di credere a qualcosa che risulti automaticamente differente

andiamo pure oltreoceano, certo è che il giorno che tornerò
non avrò intenzione di risarcire il mondo di tutti quei mondi che potrebbero finire

non riesco a trovare alcuna ragione specifica...
me lo avrebbero detto da lì, ma non ci avrei mai creduto
perché mi porto dentro l’amarezza
di chi non si compiace nemmeno nel giudicare una collina

quale che sia  la filastrocca da imparare
non mi pare sia il caso di usare una vanga per chiudere le porte

porzioni di latte caldo non intralciano i contrabbassi
posti su quei laghi con cui voglio fraternizzare

fatemi tutti entrambi una sincera cortesia
di reciproco affetto, non stringetevi mai la mano
e io sarò pronto per non aspettare più prima di rifare quel tipo di valige

I Brad suonano live sabato 23 febbraio ai Magazzini Generali di Milano e domenica 24 al Viper di Firenze. Special guest, gl’inglesi New Killer Shoes.

Brad, the only way we are tonight.

Brad - da sx: Stone Gossard, Regan Hagar e Shawn Smith © Anna Knowlden
Brad - da sx: Stone Gossard, Regan Hagar e Shawn Smith © Anna Knowlden
Brad - da sx: Shawn Smith, Regan Hagar e Stone Gossard,© Anna Knowlden
Brad - da sx: Shawn Smith, Regan Hagar e Stone Gossard,© Anna Knowlden

giovedì 21 febbraio 2013

Free Pussy Riot, Babes in Stalinland

Free Pussy Riot
La censura putiniana di chiaro stampo stalinista chiude la bocca a chiunque pratichi il dissenso. L'urlo punk delle Pussy Riot si ribella.

di Luca Ferrari

I Sex Pistols sul Tamigi nel giorno del Giubileo della Regina. I Rage Against the Machine nella loro normale esistenza musicale, talvolta con il supporto nei videoclip diretti dal premio Oscar, Michael Moore. Jim Morrison negli anni della contestazione. Marilyn Manson in tempi più recenti. La sfilza di rockers finite dietro le sbarre è lunga. Ma per loro al massimo qualche giorno di galera. Le Pussy Riot invece sono state condannate a due anni di reclusione.

Un anno esatto fa, il 21 febbraio 2012, il trio punk russo delle Pussy Riot formato da Ekaterina Samutsevich, Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikov irrompeva nella Cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca. Passamontagna in testa, loro e altre ragazze a viso coperto, intonavano la loro preghiera personale di libertà contro la dittatura vigente, che inizia con un eloquente: Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin!” - Madre di Dio, Vergine, diventa femminista, diventa femminista. Inni in chiesa per leader marci, una crociata di nere limousine. Il prete viene oggi nella tua scuola. Vai in classe. Portagli il denaro. Il patriarca crede in Putin. Quel cane dovrebbe credere in Dio.

Free Pussy Riot! (di A. Cristofari)
Alessandra Cristofari, redattrice della testata online Giornalettismo, ha realizzato il libro Free Pussy Riot! (2013, Editori Internazionali Riuniti) con prefazione di Sabina Guzzanti. Cento pagine scarse per raccontare una storia di libertà d’espressione stritolata. È la vicenda di tre ragazze che avremmo potuto conoscere anche noi. Tre ragazze come lo erano le colleghe americane Babes in Toyland. Tre ragazze come tante che avremmo potuto incontrare a un concerto, parlare di musica e innamorarci.

La Russia è tornata indietro. Sono molto lontani i tempi del "gorbaciofiano" Moscow Music Peace Festival (12-13 agosto 1989) quando agli sgoccioli della Guerra Fredda gli “alieni” Bon Jovi, Cinderella, Mötley Crüe, Skid Row, Ozzy Osbourne e Scorpions spiravano Winds of Change. Da decenni ormai si è tornati al modello Stalinista. Il dissenso non è previsto. Chi critica non viene risparmiato. Il dissidente Aleksandr Litvinenko prima, i giornalisti Anna Politkovskaja, Anastasija Baburova e Stanislav Markelov poi, sono solo gli ultimi nomi eclatanti di persone ammazzate alla luce del giorno da un regime fascista.

E poi ci sono loro tre. Tre ragazze come tante. Non basta andare all’Olimpski di Mosca e farsi scrivere sulla schiena Pussy Riot per cambiare qualcosa. L’intera comunità artistica e società civile libera è sotto attacco. Tre ragazze hanno avuto più coraggio di tante presunte organizzazioni pacifiste occidentali, brave solo a scagliarsi contro facili nemici di casa e senza mai alzare la voce aldilà di certi confini che evidentemente esistono ancora.

E il mondo della musica dovrebbe essere unito. A ben guardare però la storia, sono sempre pochi i nomi che si sono ribellati ai poteri grandi. Una delle ultime band capaci di fare il proprio dovere furono i Pearl Jam, che con appena pochi anni alle spalle seppero alzare la voce e ribellarsi contro la dittatura degli esosi prezzi dei biglietti imposti dalla Ticketmaster.

“Il canto delle Pussy Riot è la eco di un morso di serpente che incenerisce e ricrea dai detriti una sempre agonia, restituendo – per trenta secondi (la durata della loro “dissacrante” esibizione, ndr) – la sostanza che chi governa, annulla. La sola eccezione possibile all’autarchia” – Free Pussy Riot! (2013, di Alessandra Cristofari).

le Pussy Riot sotto processo prima della sentenza

mercoledì 20 febbraio 2013

Kurt Cobain, Come As You are

Kurt Cobain - l'ingresso ad Aberdeen (Wa-USA) © Luca Ferrari
On the road nello Stato di Washington. Lì nel mezzo c'è anche Aberdeen, dove il 20 febbraio 1967 nacque Kurt Cobain, futuro cantante e chitarrista dei Nirvana

di Luca Ferrari

Non potrei neanche immaginare quante poesie abbia scritto con sottofondo (e nell'anima) la musica dei Nirvana e la voce di Kurt Cobain. La sua musica è stato l'inizio di molto. La sua musica è stato l'inizio di Live on Two Hands che non sarebbe potuto nascere se non lì, in quella Seattle tanto sognata e immaginata, finalmente poi vissuta nel modo più semplice possibile: insieme a dei veri amici e una persona speciale. Come as you are, per l'appunto. Di fronte a quel cartello venivano giù secchiate di pioggia. Io ero lì, ad Aberdeen (Wa, USA) a fare ciò che ho sempre fatto: scrivere.

L'ORIGINE HA UN TEMPO

le nubi erano ovunque, il mare
è sempre stato minaccioso,
...una melodia nevrastenica… Non
è il vento,
non è la pioggia… Non è il vento,
non è la neve

anche se alla fine resteranno solo gli ideali,
e di tanto in tanto mi farò svegliare
dall’odore di colori e lamponi bruciacchiati,
tu non potrai che abitare in una strada nuova

la pietra è senza vita… sulle poesie fatte di pane,
furti inconsci di cioccolata abbeverata ed equilibri d’arancia

tutto è sempre deragliato
dalla mia indifferenza,
eppure quegli aerei decollano e non atterrano mai...

è proprio come nel libro che non hanno mai
scritto ... fingere, non importa...

Il rumore fastidioso di tutto il resto della mia oscurità.
Il lacrimicidio ha voltato pagina…

i margini si smarcano
dalla prima comunicazione mattutina
… non ho intenzione di cominciare
se prima non avrò immobilizzato
tutto il vostro sporco percorso di sangue

a questo punto della storia
qualcuno suggerirebbe di sapere di aver ragione
(Aberdeen [WA, USA], 3 Luglio 2012)

Come as You Are (videoclip), by Nirvana

Ruby Beach (Washington - USA) © Luca Ferrari

martedì 12 febbraio 2013

Riot Against The Nation Machine

Pussy Riot

“A morte la prigione, libertà per la protesta!/ Riempite la città, tutte le piazze, le strade… aprite tutte le porte, togliete le spalline/Sentite con noi il profumo della libertà/ A morte la prigione, libertà per la protesta!/” Pussy Riot.

di Luca Ferrari

Reagisco così… senza dovermi confrontare
Repulsione da planimetro ingarbugliato…
la gioventù è sempre stata inadeguata per l’arretratezza di chi ha saputo solo reprimere, senza governare


“La Russia è la Cina, è l’Italia, è ovunque si scelga di abbassare lo sguardo quando la tragedia non colpisce diretta ma sfiora soltanto. L’ingiustizia può cambiare volto ma si riconosce anche nella nebbia” Alessandra Crirstofari Free Pussy Riot! (2013, Editori Internazionali Riuniti)

A chi dovrei chiedere scusa
Se ancora l’ideologia ben stirata
Irrompe con il peso delle spranghe

Lascio le valige ordinate
Perché sono già andato via

Vuoi dare una faccia al mio volto?
… vuoi davvero infondermi paura
mentre la pala
si prende il merito della tua sazietà?

“Ogni giorno ci sono sempre più persone pronte a sostenerci, che ci augurano buona fortuna ma soprattutto la libertà e dicono che quello che abbiamo fatto era giustificato. Il sistema ha paura della verità, della sincerità e della nostra immediatezza” Nadezhda Tolokonnikova

Maria Alyokhina, Yekaterina Samutsevich, Nadezhda Tolokonnikova
A presto per il racconto totale
A presto per il resoconto di chi ha già scritto

Non vedo voci sotto quel nuovo cartello
Stiamo dicendo tutti le stesse cose…
Approfitto della mia libertà…


Nadezhda Tolokonnikova

 
Madonna live in Russia

lunedì 4 febbraio 2013

Carnevalaltro, Venezia campo aperto

Carnevalaltro 2013
Concerti live. Dj set. Performance teatrali e artistiche. Animazioni per i più piccoli. Esibizioni di artisti di strada. Il Carnevalaltro è tornato a Venezia.

di Luca Ferrari, luca.goestowest@gmail.com
giornalista/fotoreporter – web writer

Dovrebbe essere la patria degli artisti di strada. Dovrebbe essere una fucina di creazioni a cielo aperto. No, non lo è Venezia. O meglio, lo è solamente a certi livelli. A un certo prezzo. Ma in mezzo a troppi lustrini e disinteresse per una cittadinanza lasciata al suo inevitabile ed esule destino, c’è qualcosa d’altro. Un’altra città con i piedi in campo, oltre che nell’acqua.

Creatrice e ispiratrice di quel sentire collettivo oggi tornato protagonista anche in mezzo a maschere e costumi d'epoca. Dal Giovedì Grasso al Martedì Grasso è di scena in campo S. Angelo il Carnevalaltro (7-12 febbraio). Una sei giorni gratuita di concerti dal vivo e iniziative culturali con punti di ristoro, realizzata dalla sinergia tra il Laboratorio occupato Morion, il Centro sociale Rivolta, il Comitato No Grandi Navi, il Collettivo Lisc di Ca' Foscari e il Coordinamento degli studenti medi di Venezia-Mestre.

Concerti live. Dj set. Performance teatrali e artistiche. Animazioni per i più piccoli. Esibizioni di artisti di strada. Saltimbanchi. Giocolieri e trampolieri. Tutto questo alimenterà lo spirito verace del Carnevalaltro, il cui motto è un eloquente – Facciamo la festa all'austerity –.

Intento della manifestazione, valorizzare la scena musicale cittadina fornendo uno spazio di socialità, riflessione e confronto tra le varie esperienze (associazionismo, comitati cittadini, mondo del consumo critico, studenti universitari e liceali), patrimonio vero della città. “Vogliano mettere insieme questi soggetti per costruire una sorta di oasi” hanno dichiarato gli organizzatori, “un porto franco per tutti coloro i quali, veneziani e non, desiderino vivere un Carnevale differente. Uno spazio di divertimento, pensiero e confronto fuori dagli stereotipi e dagli imperativi commerciali”. 

Si parte giovedì 7 febbraio con la pizzica e taranta dal Salento con i Tamburellisti di Torrepaduli. Venerdì 8, spazio invece alle sonorità reggae e dancehall con una delle migliori realtà italiane ed europee del genere, i Mellow Mood, che presenteranno l'ultimo disco, Well Well Well; in apertura, le selezioni di BomChilom, uno dei sound più attivi del Nordest.

Il 9 febbraio torna a Venezia il salentino Malavida Dj, artista capace di miscelare sapientemente folk, musica balcanica e taranta per un set trascinante fatto di fanfare condite di beat elettronici, già fattosi conoscere e apprezzare nell'area veneziana come guest star del Capodanno del Rivolta. Domenica 10 febbraio sarà on stage il soul texano di Ty Le Blanc, per una serata a base di blues, jazz, R&B, country, pop, reggae e rock; la cantante sarà preceduta dalla performance con danze, canti e percussioni africane della versatile ballerina e pecussionista Jennifer Cabrera & Mamafolì.

Lunedì 11 febbraio è il momento degli Universal Sex Arena, band di sei elementi che propone un mix di sonorità tra garage crudo e muscolare, power psichedelia e la presenza scenica "iggypoppiana". Dulcis in fundo, gran finale martedì (grasso) 12 febbraio, con le selezioni di Momo Dj e l'Adrenalinik crew in apertura.

Venezia, è di scena il Carnevalaltro

Cerca nel blog

Post più popolari