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giovedì 24 dicembre 2020

Hole, la vendetta di Gold Dust Woman

La rock band Hole nel videoclip di Gold Dust Woman

La luce delle anime dannate è tornata dall'Aldilà per vendicare l'umanità ferita. Tra le candele del natale '96, gracchiano amichevoli ed eternamente profonde le Hole di Gold Dust Woman.

di Luca Ferrari

"Gold dust woman, Take your silver spoon And dig your grave
One last challenge/ Pick your path and I'll pray ...
Wake up in the morning
See your sunlight burning to go down
Lousy lovers pick their graves
But they never cry out loud [...]" inizia così la cover di Gold Dust Woman, delle Hole, direttamente dalla colonna sonora del film The Crow - City of Angels (1996, di Tim Pope).

Reduci dal successo planetario di Live Through This (1995), le Hole si presentano con una novità nella formazione. A fianco della carismatica cantante-chitarrista Courtney Love, il fido chitarrista Eric Erlandson e la batterista Patty Schemel, arriva la ventiquattrenne canadese Melissa Auf der Maur al basso, in sostituzione della collega Kristen Pfaff (1967-1994), morta per overdose pochi giorni dopo il suicidio di Kurt Cobain, marito di Courtney. Il sound della band di Los Angeles prende subito le distanze dall'originale dei Fleetwood Mac, imponendosi con un sound alternative-onirico in un crescente mix di pathos e intensità interiore.

Gold Dust Woman fu una canzone che mi entrò in circolo in un millesimo di secondo. Nonostante il film non valesse nulla del primo e unico The Crow (1994, di Alex Proyas), la canzone delle Hole ha la capacità di catapultarti in un mondo oscuro ma dove la luce è una forza presente dentro di noi. Non credo ci sia stato inverno in cui non abbia ascoltato questa canzone. Quasi fosse una sorta di sorella minore o un'amica di penna. Una persona che magari non vive accanto a te ma puoi comunque sentire i suoi pensieri e debolezze, facendo delle ferite in comune una dichiarazione d'identità al mondo (oscuro) intero.

Natale non è solo Happy Xmas (War is Over) di John Lennon o la dolcissima All I Want fo Christmas is You di Mariah Carey. I miei primi ricordi musicali di un natale diverso e più cosciente, passano per l'amicizia di Gold Dust Woman, quando nel tardo autunno del 1996 svolazzavo solitario su e giù per la laguna, saltando da un'ombra a un pensiero. Senza sosta. In quel sound oscuro e profondo, discese in dimensioni parallele tratteggiano una nuova umanità. Il Corvo 2, storia della vita che rinasce dalla morte, per vendicarsi dell'abuso dell'uomo. Un crimine troppo efferato, padre e figlio brutalmente uccisi. Una vicenda in cui il sound delle Hole gracchiò immrotale come un'invincibile araba fenice al fianco dei più deboli.


LA SFIDA LUMINOSA DELLA MIA LAPIDE


Intossico nelle strade,
non ci sono indicazioni
nell'eternità della salvezza... Di
quale esistenza a prua
stavamo orchestrando? Combattiamo
nel cemento paludoso
mentre il cielo si scrosta
ogni giorno
nel puntellare i passi che ancora
ci mancano per sentirci
al sicuro dentro di noi

Storia di una dimensione
semi-oscura,
il progresso ha lasciato posto
al mio cuore lacerato... Mi
sto avvinghiando
alle mie morti pregresse
e alla fine di questa condanna
itinerante

Credi che i tuoi strali luccicanti
possano ostacolare
la mia prossima cinerea caduta?

Non sono stato in silenzio
così a lungo
solo per sconfessare il vostro alfabeto
tra numeri e superflui alfabeti

… Esisto io, ed esisteremo
anche dopo tutti voi

Non ho volutamente
parlato di ombre fino a questo
istante... Gracchia angelica
un po' di più, poi potrai chiederne
il significato alla metà
del mio spirito
libero dal veleno delle foglie
volate via tutt'attorno a me

lo scheletro che si nasconde
dentro il mio sorriso
adesso si è  seduto di fronte
a voi... le lacrime del mio regno
sono estranee alla vendita

                                                              (Venezia, 24 Dicembre '20)

Gold Dust Woman, by Hole

mercoledì 2 dicembre 2020

Iron Maiden, live The X Factor 1995

Iron Maiden - (da sx) Nico McBrain, Steve Harris, Blaze Bailey, Dave Murray, Genick Gers
Il 2 dicembre 1995 al Palasport di Pordenone, gli Iron Maiden col nuovo cantante Blaze Bailey portarono in tour il nuovo album The X Factor (1995). Un concerto "heavy epico".

di Luca Ferrari

Il rock aveva iniziato a scorrere possente e straripante dentro la mia anima. Adesso era giunto il momento di fare sul serio. Adesso era arrivato il giorno del mio primo grande concerto rock e non potevano essere che loro a "battezzarmi", gli Iron Maiden. Una band sentita vicina fin dalle prime immagini e note. Non ancora diciannovenne, salii in macchina insieme a una mia amica, i cui gentili genitori ci accompagnarono fino in Friuli. Loro a passeggio e a mangiarsi una pizza, noi stretti in coda per almeno un paio d'ore in attesa di entrare. Il 2 dicembre 1995, al Palasport di Pordenone sbarcarono gli Iron Maiden orfani del "fuggitivo" Bruce Dickinson, pronti a conquistare il pubblico con il nuovo cantante, l'ex-Wolfsbane Blaze Bailey

Ho passato sullo scanner gli articoli di giornale incollati su di una delle mie tante e vecchie agende. Non ho voluto rileggere nulla. Qui parliamo di emozioni ancora vivide dentro di me. Inizia lo show. Non fu una giornata particolarmente fredda ma gli ottobre primaverili di questi ultimi anni durante i Nighties erano un'utopia. Mentre si aspettava, cercavamo qualche faccia magari conosciuta. Niente telefoni. Niente di niente. Si aspettava cantando e parlando. Nulla di più. Poi ecco qualcuno come noi, proveniente dal Lido di Venezia. Un amico che già parlava di voler vedere i Megadeth. Un ritrovarsi lontano rimandando all'indomani la condivisione del dopo-concerto.

Ci siamo. Inizia lo show. Aprono le danze i fedelissimi e possenti scozzesi The Almighty di Ricky Warwick, spesso in tour con i Maiden. Indimenticabile le espressioni del gasatissimo bassista Floyd London. Fino a quel momento eravamo tutti seduti in platea. Ricordo un po' la mia sorpresa al riguardo. Dopo il break, ecco le luci spegnersi. Come un esercito, pacifico e metal, d'improvviso tutti si tirarono subito in piedi alla prima nota di Sign of the Cross, direttamente dal nuovo album The X Factor, perfetta per iniziare un live. E non appena la musica salì di tono, la ressa fu talmente potente che dovremmo spostarci sugli spalti, godendoci il concerto comunque alla grande.

Non posso citare con esattezza le canzoni che suonarono. Per la scaletta ci sono gli articoli qui incollati e internet. Falling Down e Lord of the Flies del nuovo album, di sicuro, e le ricordo bene. Dei pezzi storici Run to the Hills, di cui anni prima mi ero comperato una t-shirt senza quasi conoscerli, e poi Hallowed be Thy Name, e la poetica Fear of the Dark, dall'omonimo album (1992). Un minicerchio della mia vita personale è racchiuso in quest'ultimo disco. Non solo fu il primo album rock che ascoltai ma la mia compagna di concerto con cui scandimmo le canzoni dei Maiden a Pordenone, la conobbi al tempo in cui indossava una maglia a manica lunga con la copertina (splendida) di quello strepitoso disco.

Una squadra perfetta quella degli Iron Maiden. Un Blaze Bailey galvanizzato cui i metal fan più esigenti gli riconobbero carisma ed eccellenti qualità canore. Al suo fianco, i due chitarristi Dave Murray (solista) e Janick Gers, infaticabili esecutori di riff e corse su e giù per il palco. Alla batteria, come sempre Nicko McBrain. E il direttore d'orchestra, ovviamente lui, il fondatore della band: Steve Harris. Fu il primo che vidi apparire sul palco. Ricordo con estrema nitidezza che pensai subito: "My god, è quello delle riviste di musica" (in riferimento a una copertina sul mensile HARD! dove era in prima pagina insieme al cantante dei Guns 'n' Roses). La musica degli Iron Maiden l'ho sempre sentita amichevole e sincera.

Le mani alzate. Il romanticismo degli accendini. Il mostruoso Eddie. Gli applausi scroscianti. E d'improvviso da quel pubblico visto nei videoclip in televisione, adesso c'eravamo anche noi. E poi il ritorno in due tappe poiché all'epoca non c'erano più ferryboat per raggiungere le nostre case. E anche quello fu parte autentica del concerto. Nel ripensare, riascoltare. Parlarne. Immaginare anche il futuro, se li avremmo ancora ascoltati (e visti) a distanza di anni. Lasciammo la macchina, e poi via di passeggiata fino a piazza San Marco (non esattamente due passi) per prendere il vaporetto. Niente app per controllare orari. Solo il passo svelto con la speranza di non dover aspettare troppo ma ehi, avevamo appena visto gli Iron Maiden. Che cosa si poteva chiedere di più in quel momento?

Il rock aveva cambiato la mia vita per sempre. Con la sola eccezione del corale Beach Bum Rock Festival di Jesolo (4-6 luglio) vissuto pochi mesi prima, il live degli Iron Maiden a Pordenone il 2 dicembre 1995 fu il mio primo grande concerto. Fu un'emozione indescrivibile. Mi sentivo a mio agio lì nel mezzo e allo stesso tempo stranito durante la performance, chiedendomi continuamente come si potesse assistere a un simile spettacolo e tornare poi alla vita comune come se niente fosse ma quello era il tempo delle domande infinite. Quello era il tempo di un'epica tutta da scrivere e del dolore umano più autentico, sviscerato da atroci ferite del passato che il rock mi aiutò a prendere definitiva coscienza. Adesso ci camminavo dentro e da allora non mi sarei più fermato.


DICHIARAZIONE LIVE DEL MIO SANGUE SGOMINATO


Frastuono esteso 

in un'alba  di emancipazione ribelle 

e ordinata... Carovana

senza incomprensioni emotive... Presi 

il mio tempo, sono consapevolmente libero

di far combaciare il mio sangue...


Tengo strette la mie paure,

ne ho ancora una moltitudine

e le grida adesso

sono caverne senza nuvole né silenziatori


Sulla mia piccola strada

c'era ancora qualche strascico di fede,

nessuna insenatura affilata

e qualche pagina umida

dei giorni rimasti... sulla

mia testa l'esplosione

un flusso continuo... Non

sono ancora pronto

per raccontarvi così tanto

di me stesso... Sono sempre 

più confidente

a togliere ogni rampone dalle montagne

e chiarirmi con la mia dipendenza

di libertà... Sono in ascesa spropositata

contro chi mi ha sepolto vivo


Schizzano saette

da uno sguardo all'altro... Siamo

tutti arrivati

nello stesso macro-secondo... Lo

spettacolo domani

sarà già un altro crocevia

e avrò di nuovo chiuso

la mia porta... A quali risposte

potrò appellarmi

per evitare lo scontro quotidiano?

Quello fu l'inizio

della mia strada... Quella

fu la regola

a un'esternazione disciolta... L'isolamento

di una cascata

è la nostra isola di purezza... Il sangue

non è più un tesoro di cui (ir)ridere,

adesso 

stavo cominciando a dire chi fossi...

(Venezia, 2 Dicembre '20)


Iron MaidenMan on the Edge

L'articolo degli Iron Maiden prima del concerto a Pordenone © Luca Ferrari
Il biglietto del concerto degli Iron Maiden © Luca Ferrari
L'articolo sul concerto a  Pordenone degli Iron Maiden © Luca Ferrari

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