!-- Codice per accettazione cookie - Inizio -->

lunedì 31 dicembre 2018

Fatevi avanti, Masters of War

Eddie Vedder (Pearl Jam) canta la cover Dylaniana, Master of War
Fatevi avanti, signori della violenza. Il vostro tempo è finito. Vorrei lo capissero in tanti. Vorrei che fossimo in tanti a cantare Master of War di Bob Dylan, qui coverizzata dai Pearl Jam.

di Luca Ferrari

Tornano in mente le parole finali, la musica. Perché adesso? Troppo veleno. Troppi interessi. Troppi egoismi e noi stritolati dall'interno. Noi, seviziati dal sangue digitale. Sconfinati "ho ragione io". Bob Dylan ci tramanda la sua Master of War con emblematiche parole: "Come you masters of war/ You that build all the guns/ You that build the death planes/ You that build the big bombs/ You that hide behind walls/ You that hide behind desks/ I just want you to know/ I can see through your masks". Bob ha scritto, i Pearl Jam reinterpretano, incisa nell'album acustico Live at Benaroya Hall (2004). Adesso tocca a me. Non userò scorciatoie. Camminerò lento e vi guarderò negli occhi uno per uno.


IL MONDO FINIRÀ DOPO DI VOI 

Spot di derivazione... Menomazioni
ossequiose... Primi piani, rendiconto
di povertà... Non mi vedrete più
camminare sui coperchi delle vostre latrine
e nascondermi
nello stereotipo falsificato
di un orario che non smetterà mai 
di ululare squadrista

… Credete che io sia (il) solo?
Togliete pure i mattoni
dal soffitto
che non finirò mai di pagare… Avvisate
le nuove dogane del mio imminente
arrivo... Accusate il vostro vicino
di tutto quello che è sfuggito
al vostro controllo... Domani il mondo
deve sapere che cosa vi è piaciuto… Venite
pure a smascherare l'umanità 
che ho in serbo
con la vostra ideologia fuori legge, il
mondo non può più aspettare... questo
vecchio mondo vi dimenticherà presto

È importante sapere
che tutti conoscano
la vostra distanza dal precipizio
Fate pure a meno di me, sono ancora 
spaesato
e non riesco a trovare più pace 
da quando i sogni
hanno preteso condizioni e preghiere

Un tempo sapevo trascorrere il mio tempo 
seduto davanti al mare
con le braccia spalancate… Un
tempo ho ricevuto
tanti pugni lasciando che nessuno
si sia mai fatto carico
della mia verità… Volete
vedere come adesso affogherà
il mondo? Mettere a repentaglio
vite umane
è la vostra missione e ne siete
ancora adorati… Oggi mi sono tolto
la pistola dalla bocca... Oggi
ho silenziato le bugie
del vostro intero universo
(Venezia, 30-31 Dicembre ’18)

Master of War, performance live by Pearl Jam

giovedì 20 dicembre 2018

R.E.M., lettera all'arcobaleno

Patty Smith e Michael Stipe (R.E.M.) cantano insieme/... © Luca Ferrari
Suonano gli R.E.M. Intona la voce di Patty Smith. Questa è la storia di tutti noi e di come un arcobaleno si fece recapitare una lettera sensoriale dal calore umano del nostro primo nido.

di Luca Ferrari

Ci sono canzoni che scandiscono sussulti della nostra esistenza. Ci sono canzoni che vanno oltre le stesse coordinate temporali. Una di queste è la poetica E-Bow The Letter, scritta dagli R.E.M. con l'inimitabile accompagnamento vocale di Patty Smith. Tutto iniziò nella solitudine di un'agenda dove non c'era spazio nemmeno per il giorno dopo ma quella storia così fragile si dimostrò molto più forte arrivando a rialzarsi e viaggiare su molti più cieli di quanto non si sarebbe mai nemmeno immaginato. Ecco, adesso è tempo di una nuova storia in diretta e nel pieno della sua più naturale poesia. Ora è il momento di una nuova storia da far cullare alla più dolce delle immortalità.


LETTERA SENSORIALE ALL’ARCOBALENO

Legami di umanità... Pigolii... Passi
spontanei... Sono entrato 
tra sovrapposizioni di stelle… Un cuore dopo 
l’altro... Tenere
meraviglie... Devo ancora prenderci 
davvero confidenza e già non vorrei 
più andarmene… Devo ancora
imparare a rimanere
lontano dalle mie assenze… Le parole 
non hanno mai dato risposta
dove rifiutai  di indietreggiare… Tu allora, 
riusciresti 
a coinvolgere la mia vita con i tuoi sorrisi, 
le nostre domande e la tua vita?
Si. È tutto qui. È tutto
quello che sei. È tutto quello
che siamo… La conoscenza si
scompone... Rimette... Irrompe...
C'è qualche parola rappresa... Il mondo lì fuori
sorvola, corre… Lo ha sempre
fatto… adesso vorrei
che per i prossimi 96 secondi condivisi
fossi capace di restare concentrato
su ciò che sta accadendo ancora,
senza tintinnii né promesse… Eccolo,
di nuovo… Oggi ho realizzato
di non aver mai ascritto
una lettera all’arcobaleno… Voglio
rimediare... Tutti insieme... Confondere
il proprio respiro con le aspirazioni
è più che altro un cromosoma lessicale… Piedi
e corone non fanno per me, oltre modo
meravigliato dai benvenuti infiniti 
e una smorfia di vicinanza sofferente… e poi 
ci siete tutti voi
che ancora non vi conosco, ma mi ricorderò
… Ogni giorno, sempre di più...
Adesso ci sono … Adesso sono di nuovo qui
insieme a tutte voi... Adesso
c’è tutto questo… Prima di andarmene
farò un maldestro tentativo 
di fiocco
sulla coda di un arcobaleno… Prima
di tornare, darò un sincero e nidificato sguardo
dentro ciascuno di noi...
(Venezia, 20 Dicembre ‘18)

E-Bow The Letter, performance live by REM and Patty Smith

martedì 4 dicembre 2018

Marilyn Milano, Mechanical Manson

Il "reverendo" Marilyn Manson/ ... e suo giovane fan © Luca Ferrari
Crocevia di un difficile momento della mia vita, vent'anni fa esatti fa, il 4 dicembre 1998 assistetti al Palavobis di Milano al mio primo adrenalinico concerto di Marilyn Manson.

di Luca Ferrari

Vent'anni esatti sono passati da allora. Vent'anni precisi da quel primo concerto al cospetto del "Reverendo", per il tour del nuovo album Mechanical Animals (1998). Vent'anni esatti fa ero da solo in mezzo a tante anime dannate per assistere al mio primo concerto di Marilyn Manson. C'era molta attesa e curiosità. Con alle spalle un "curriculum da spettatore di tutto rispetto", che poteva già vantare concerti di Iron Maiden (1995), Pearl Jam (1996)Megadeth (1997) e ancora i Maiden (1998)Helloween, adesso era arrivato il momento dello splatter rock di Marilyn Manson.

Milano, 4 dicembre 1998 - Palavobis. Non posso dire fossi in gran forma, anzi. L'annata in via di conclusione mi aveva sfiancato il fisico e la mente oltre l'inimmaginabile. In questo concerto ho sempre avuto l'immagine di un me a brandelli. Fragile e spaesato anche se dentro mai arreso del tutto. Come solevo dire all'epoca: Non si può ascoltare il rock di Marilyn Manson ed essere depressi. Dark si, down no! Troppa rabbia. Troppi decibel. Troppa adrenalina. Il clima dentro l'arena fu quanto di più amichevole possibile. Solitamente avverso alle grandi città, Milano mi accolse tendendomi una mano con la serena promessa di "non fare altro che incoraggiarmi". Ero pronto alla battaglia. Pazienza se fossi caduto subito. Almeno lo avrei fatto con onore.

All'epoca ero perfettamente aggiornato sul rocker americano, avendo nella mia biblioteca musicale tutti gli album fino ad allora pubblicati: Portrait of an American Family (1994), l'EP Smells lile Children (1995) con la grandiosa versione (e videoclip) di "Sweet Dreams (Are Made of This)" degli Eurythmics, Antichrist Superstar (1996) e l'ultimo arrivato, Mechanical Animals (1998). Il concerto fu grandioso. Non lunghissimo e con qualche problema tecnico di troppo. A un certo punto iniziò a circolare la voce che tra il pubblico ci fosse anche Vasco Rossi. Reale o meno, da una parte della folla partì un eloquente: "buffone, buffone".

In quel momento della mia vita, mentale e fisica, pensare di reggere una trasferta di questa portata e assistere a un concerto simile fino a notte tarda, sembrava un'impresa impossibile. Il giorno prima della partenza per il capoluogo lombardo ricordo ancora che fui quasi vinto da mille paure ma alla fine ci andai. Era l'alba di una nuova vita e quel concerto così come quella band, i Marilyn Manson, rappresentarono l'emblema di un urlo nell'oscurità che non aveva intenzione di spegnersi. Ancora non lo sapevo, ma presto qualcuno (più di uno) avrebbe risposto e sarebbe iniziata una nuova era umana fatta di amicizie e ponteggi. Ma questa è un'altra storia. Una storia che vi ho già raccontato.


RICORDI DI UN FUTURO SOGNATO

Sospensione emotiva… Sorretta… Singhiozzi
senza una esplicita volontà di fine… Rotaie imperfette 
e poco indicative… Cominciai
con un desiderio ingiusto, volevo solo 
privarmi d'ogni Vostra futura 
stretta  di mano… Volevo restare fermo
e intraprendere un nuovo  respiro

Niente copia e ricrea
di ciò che ha sempre avuto
un’unica colpa … lascio che qualcosa
si sovrapponga da solo
e nel frattempo farò in modo
che il mondo più vicino
non si sporga troppo oltre la naturalezza
di un risveglio anticipato… A quel tempo
era sempre e solito viaggiare
con più bandiere bianche… Per tutto
questo frastuono
com’è che non ne utilizzati mai 
alcuna? Puoi anche
essere terrorizzato dall’oscurità
ma per vivere tutto questo
ci devi comunque entrare dentro… Puoi
anche chiedere informazioni
dopo ogni centimetro di cammino
ma non sarebbe stato più facile allora
fermarsi e basta?
… Ho la bocca ancora aperta?
Rivedo quelle fauci
e i tanti brandelli delle bende
frantumate
sotto il peso della confusione
più ermetica
e silenziosamente roboante… Credo
che farò due passi questa notte.
Credo che camminerò
per tutti noi… Credo
che lascerò delle tracce alla luce
della pioggia
e l’indomani ci camminerò dentro
ancora e fino a quando… Quel giorno
era il 4 dicembre 1998
e il volto di un papà allo stremo 
chiese un sorriso al proprio figlioletto
prima di spegnersi per sempre… Quel
giorno era il 4 dicembre 1998
e qualcosa dentro il mio volto
si unì per sempre
nella ribellione dell'inevitabile ritorno
e una promessa oggi mantenuta...
(Venezia, 4 Dicembre 2018)

Marilyn Manson live Milan '98

La stazione di Milano Centrale post concerto, nel dicembre 1998 © Luca Ferrari

lunedì 3 dicembre 2018

John Lennon, come riuscite a dormire?

John Lennon nel videoclip della canzone How Do You Sleep?
Un governo sempre più razzista prosegue la sua crociata contro il diverso mentre l'altra metà del potere tace vigliacco e collaborazionista. John Lennon vi avrebbe chiesto: come riuscite a dormire la notte?

di Luca Ferrari

L'Italia continua nella sua missione anti-straniero. Il suo passato da poveracci col le pezze al culo è stato cancellato. Erano gli anni del Dopoguerra quando in molti locali del Nord Italia era vietato l'ingresso ai "terroni". Oggi il nemico pubblico delle erudite società tricolore è l'immigrato. Non importa se ha dei diritti (internazionali), lui qui non deve più entrare. Uno dei partiti al governo, la Lega, ne ha fatto la sua bandiera. L'altra metà invece, il Movimento 5 Stelle, tace e acconsente. Vota collaborazionista come sanno fare solo i vigliacchi che non hanno il coraggio di controbattere la voce del padrone. Oggigiorno, anche chi ne avrebbe diritto, si troverà prestissimo a vivere una situazione ben diversa.

E in mezzo a questo giogo del "noi abbiamo sempre ragione e loro sempre torto", come sempre ci vanno di mezzo gli ultimi, in questo caso i migranti, mentre i penultimi si scannano su quale padre sia stato il più scorretto nel gestire i propri lavoratori, e le orde di benpensanti fanno dell'Europa il male in Terra dimenticandosi, evidentemente seduti sulle comode poltrone del potere, quanto le mafie nostrane siano ben infiltrate nei palazzi decisionali. Per chiunque voglia venire in Italia dunque, a meno che non sia pieno di danari, non c'è che una strada: non farlo. Qui non sono i benvenuti. Qui non c'è posto per loro. Qui c'è posto solo per chi comanda e i propri birilli obbedienti.

Tra pochi giorni sarà l'anniversario della morte di John Lennon (1940-1980), ucciso l'8 dicembre a New York da Mark Chapman. Non esiste modo migliore di commemorare il cantautore inglese del farsi ispirare ancora una volta da una sua canzone, How Do You Sleep?, tratta dall'album "Imagine" (1971) e indirizzata (non velatamente) all'ex-amico Beatlesiano Paul McCartney. Questa volta invece la rivolgo a tutti quegli ipocriti che sono bugiardi perfino con il proprio albero genealogico. Persone squallide che per interesse, convenienza o peggio, indifferenza, non hanno il coraggio di guardare in faccia e dire no: io scelgo l'umanità.


ANCORA QUEL NOI E LORO… ancora!

Imperi di sangue,
la pietà non è mai stata
il loro vessillo… Oggi
ci sono altri esseri umani
ma un modo
per incolparli di ciò che accadeva
prima della loro nascita
lo hanno già trovato… Oggi
non c’è la vostra razza
davanti all’insegna di un bar,
oggi le barricate
iniziano ancor più lontano… Oggi
per voi
non c’è nessun diritto… Non
gl’importa della vostra storia
perché sono troppo presi
a urlarmi che hanno
ragione loro… Non gl’importa
del vostro sangue
perché devono scrivere sulla rete
che sono belle persone
e si commuovono
per il beauty case di un chihuahua…
Stanno dicendo al mondo
che esistono loro e voi
e tutto questo non ci fa abbastanza
inorridire… E tutto questo
non ci fa ricordare
ancora niente… Siamo schiavi
dei sorrisi
e le nazioni di uno slogan… Siamo
padroni
di una terra con troppi fili… Tu
cosa vuoi dalla mia casa?
Sei un ladro, un sovversivo,
un integralista, uno stupratore… Tu
che cosa vuoi dalla mia patria?
Di che cosa mi vorresti privare?
Ho messo le inferriate
e armato tutte le mie finestre.
Ho sparato al postino
perché aveva sbagliato citofono… Mi
sono chiuso in un bunker
e ci rimarrò fino all’ora
della tisana serale… Ci sono loro
e gli altri, ed è solo questione
di tempo perché ricominci tutto
(Venezia, 3 Dicembre ’18)

John Lennon canta How Do You Sleep?

John Lennon nel videoclip della canzone  How Do You Sleep?

lunedì 12 novembre 2018

Tear, lacrime di Smashing Pumpkins

La musica di Tear degli Smashing Pumpkins ispira il testo "As I saw you there" © Luca Ferrari
Trascinato dalle note e lyrics di Tear (The Smashing Pumpkins), il 12 novembre 1998 scrissi il testo che sarebbe poi diventata l'emblematica e sofferta poesia Come ti vidi laggiù.

di Luca Ferrari

Parole. Accordi. Incursioni nell'aldilà più violentemente spaccato. Vent’anni sono tanti e non sono passati in un attimo, anzi. In questo catino sconfinato di due decadi tardo-giovanili, posso affermare di aver vissuto almeno cinque differenti esistenze. Con un carico già considerevole di cicatrici su gran parte del corpo, oggi il presente è una storia che non smette di rinnovarsi nella sua più neonatale evoluzione. Era il 12 novembre 1998 quando nel freddo di un claudicante indugiare, a Venezia, con il consueto walkman a scaldarmi, venni invaso dalle strascicate parole di Tear, cantate da Billy Corgan.

Tratta dall’ultimo album Adore (1998) della rock band The Smashing Pumpkins, la canzone (5:53) trasuda sofferte e implacabili strofe in perfetta sintonia con ciò che allora era la mia vita. Tear, parole e una musica fatta di macabra bellezza e angoscia, capaci di mescolare nel mio sangue nuovi apici di malinconia insieme a una rabbia non priva di fiochi bagliori. All’epoca scrivevo a mano solo in inglese. E infatti impressi nuovi caratteri urlanti sui miei inseparabili e grandi fogli quadrettati a colori. Insolitamente questa volta l’inchiostro andò oltre il mio classico formato di una pagina. Non so perché. Sarebbe troppo facile dire che fu l’ispirazione. Più banalmente, avevo qualcosa da dire. Sempre di più e lì, in quel giorno lo feci.

Novembre 1998. Erano gli albori di una triennale esperienza di vita che di lì a qualche mese sarebbe sfociata in un'esplosione di immortali amicizie. In quel giorno e a quel tempo però, i miei occhi erano ancora conficcati nel troppo e doloroso passato, strappati a qualsiasi ipotesi di vicinanza umana. E non c’era graffio che non diventasse subito emorragia. Era finita e avrei dovuto capirlo, ma qualcosa d'invisibile si rifiutava di estinguersi. Un’idea. Un sogno. Una volontà che anche solo immaginarla sarebbe stata un affronto alla presunzione più speranzosa. Me lo dissi. Lo impressi dentro di me… con “più lacrime di speranza”. Oggi, qui dentro, c’è qualcosa di nuovo.
Vi amo.


COME SIAMO QUAGGIÙ

Arti ingarbugliati… ciocche
di sangue
senza più digestione… sospensione
di esistenza… La mia rincorsa
(s)finita
senza altalena né crocevia… Pioggia
di drappi acquei-forme, ero
la mia indigestione di pensieri
e il tramonto nemmeno
chiedeva più scusa qualora fosse il momento
di spegnersi per sempre…

Quella era solo un estratto superficiale
della mia immaginazione
che non voleva comprendere il significato
dell'evidenza a due gambe… Quella era
solo la mia immaginazione
che passava giornate tutte uguali
a dipingere di bianco
qualche infestata orma immagazzinata… Quella
era solo la mia immaginazione
che si rifiutò di seppellire anche l’ultima
delle lacrime

Sai dirmi che giorno fosse oggi?
Non vorrei mancarti di rispetto
ma non ti crederò
per almeno il resto del mio emozionato
singhiozzare, o quanto meno
il tempo che mi ci vorrà
per stampare un menù natalizio

    ... una moglie
        & un bambino... (non è una metafora di finzione)

Puoi dirmi che giorno sia
prima di poterti davvero incontrare
e restare accanto
per il resto della mia vita? Un tempo
la luce squarciata
mercanteggiava risposte 
come se il domani fosse
il più disonesto dei ninnoli, oggi 
ci siamo noi,
ma farò volentieri a meno del significato 
di Paradiso
per ancora molto tempo… E oggi
le nuvole lacerate sono strade incredule
che trattengono il respiro
come se fosse la nostra prima volta… Oggi
siamo noi, 
con le lacrime capaci di stringersi
l'un l'altra e non indietreggiare
mai ... Oggi siamo noi
 (Venezia, 10.01, 12 Novembre ’18)  

Tear, by The Smashing Pumpkins

La versione primordiale in inglese scritta a mano della poesia Come ti vidi laggiù © Luca Ferrari
La copertina del libro edito Il magazzino dei mondi
La poesia pubblicata sul libro Il magazzino dei mondi - Come ti vidi laggiù © Edizioni Passaporto 2000

martedì 16 ottobre 2018

Aspettando insieme l'estate dei Doors

The Doors - (da sx) John Densmore, Robbie Kriger, Ray Manzarek e Jim Morrison 
Parlo di oscurità perché oggi è quello che mi riporta oltre la fine. Oggi ancora di più i Doors e Waiting for the Sun suonano impetuosi nell'ignoto dei miei pensieri.

di Luca Ferrari

Si doveva arrivare a questo perché ci fossero anche loro, e in effetti con i Doors da Venice Beach, California, fu vero inizio. E in effetti con lei ci fu esattamente questo. Un passaggio dalla fanciullezza a un mondo che per due-tre anni ebbi l'illusione di poter navigare fino a quando non lasciai strapparmelo di mano. Ora ci penso, perché non dovrei farlo? Non voglio essere diverso dagli altri. Almeno oggi. Doors alla massima potenza in Waiting For the Sun. Curiosamente la canzone non fa parte dell'album omonimo nel quale svetta imperiosa la psichedelica Summer's Almost Gone. Dolorosamente adesso prendo la penna...

ALL’ANAGRAFE, “LUCI DI UNO BRACCATO”

Non ci potevo arrivare
e non saremmo stati i soli… e
l'inchiostro dagli alberi
non aveva mai avuto posto per quelle rocce.
E ormai il suo mondo
aveva fatto il proprio corso antico… ed
è stato così anche oggi… e
allora che cosa c’è di diverso
dal mio risveglio del passato?

Non vorrei
essere costretto a ripetermi…
Non vorrei
essere ingeneroso con quelle lettere
che a forza
divennero un’elegia ignifuga
per epitaffi
appena separati da un tiepido
flusso marino

la maggioranza di quelli
continueranno a vivere
e ricapitolare… e andremo a capo
senza ulteriore conoscenza del sole
né traiettorie divine dove le piume
delle nostre scarpe
potranno avere la forza di fare avanti e indietro
con il proprio personale Aldilà

una piccola spinta
e il fossato divenne spensierato cemento,
erba rossa e terra dolce… una constatazione
poi, è andarsene via per sempre…
la mia mano
adesso è tremula e per niente
intimorita… adesso
ho davvero poco di che fermarmi.
Oggi sono stato raggiunto
dalle parole di un’amica
… Oggi abbiamo ripensato
ai tanti oscuri giorni dopo… In pochi attimi
ce l’han portata via … questo non sarà mai
un addio
(Venezia, 16 Ottobre ’18)

Waiting for the sun, by The Doors

martedì 9 ottobre 2018

Sex Pistols, il ruggito di Pretty Vacant

Johnny Rotten (Sex Pistols) durante un'esplosiva performance live di Pretty Vacant
Un giorno smetterò di contraddirti e avrai sempre ragione. Allora dovrai accettare che non m'importa più niente di te perché, come cantavano i Sex Pistols in Pretty Vacant, "We don't care".

di Luca Ferrari

... And we don't care! ruggisce un Johnny Rotten d'annata nel pieno delle sue forze anarchiche al microfono dei leggendari Sex Pistols, punk band inglese il cui unico album realizzato Never Mind the Bollocks (1977)  ha tagliato lo scorso anno il traguardo delle 40 candeline. Più delle varie God Save the Queen, Problems, E.M.I. e l'inno generazionale Anarchy in the UK, per il sottoscritto Pretty Vacant ha sempre rappresentato l'apoteosi della band londinese, sublimata proprio in quella frase semplice e allo stesso tempo minacciosa: "e a noi non ce ne frega!". Una dichiarazione di guerra al mondo. Una presa di posizione decisa e potente.

La performance live è possente. Johnny "Rotten" Lydon si agita come indemoniato. Sid Vicious osserva il monitor statico con catena e lucchetto al collo. Steve Jones è in forma con fazzoletto di Sua Maestà in testa e Paul Cook, anch'esso in look British, batte il tempo impeccabile. Pochi accordi e tanta voglia di dire ciò che pensano. E se non piace agli altri, e chi se ne frega! E se la cosa vi mette a disagio, e chi se ne frega! E se non volete più rivolgerci la parola, e chi se ne frega! E se ho ancora voglia di scrivere, a voi cosa frega? So stop your cheap comment Cause we know what we feel...


QUESTA È UNA VERA DECISIONE

Ho fatto richiesta
di nuove braccia
ma ancora cammini
a quattro zampe… Ho
fatto a meno
della mia voce eppure
ingoi ancora la convnzione
di avere ragione.
Il rumore delle foglie
è un libro
e una coperta… il frastuono
di un marciapiede
è un esercito senza strade
per il ritorno… Non
mi fermerò ad ascoltare
le vostre stupide lamentele.
Non mi fermerò
a osservarti
mentre usi la tua finta risata
per farmi credere
che t’interessi… Non
starò a fingere
che m’interessi che il mondo
potrebbe fare
a meno di bruciare
perché sarebbe
tutta una grossolana bugia.
Ho fatto le prove
del mio esilio
non so quante volte e ancora
non avete capito nulla.
Ho assaporato
l’egoismo come una normale
chiacchierata
senza conseguenze, ma
a voi cosa vi frega, a te
è mai fregato? Adesso
ve lo dico io. Adesso
il discount delle mie illusioni
ha fatto fagotto
e rivende veleno nelle vostre
dimore occupate… e me
va bene così
                                    (Venezia, 9 Ottobre ’18)

Pretty Vacant, live by Sex Pistols

Cerca nel blog

Post più popolari