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lunedì 23 novembre 2020

U2, la notte di Bono contro Chirac

U2 - Adam Clayton e The Edge dietro a Bono sul palco degli MTV Europe Music Awards
Parigi, 23 novembre 1995. Dopo aver trionfato come miglior band (U2) agli MTV Europe Music Awards, il cantante Bono ebbe parole al vetriolo contro il Presidente Chirac 

di Luca Ferrari

What a city, what a night, what a crowd, what a bomb, what a mistake, what a wanker you have for a President. What you want do it about, tell me, what you wanna do?!?!?!, disse un infervorato Bono dal palco del Le Zénith di Parigi, prendendo a muso duro il Presidente della Francia, Jacques Chirac, reo di aver autorizzato esperimenti nucleari sull'atollo di Mururoa pochi mesi prima. Lui era lì, insieme ai compagni U2 il bassista Adam Clayton, il batterista Larry Mullen e il chitarrista The Edge, freschi vincitori come Best Group agli MTV Europe Music Awards '95, trainati dallo strepitoso singolo Hold me, Thrill Me, Kiss Me, Kill Me (OST Batman Forever).

Un piccolo salto indietro. Nei miei riottosi 19 anni quelle parole furono strepitose e ancora oggi, a rivederle venticinque anni dopo, mi scopro trascinato dal carisma sopra le righe del cantante irlandese. Già un paio di mesi prima, mi ero unito a manifestare sotto l'Ambasciata di Francia, a Venezia, sulla fondamenta delle Zattere. Una protesta proprio per contestare i test nucleari e che vide subito dopo, anche uno show live della band cult napoletana 99 Posse (ma su questo aneddoto potrei anche sbagliarmi, ndr). Un antipasto che avrebbe poi trovato nella voce del sempre politico Bono Vox, una denuncia applauditissima dal pubblico francese, e gran parte del mondo.

Novembre 1995. In quell'edizione presentata dallo stilista Jean-Paul Gaultier e segnata dalla performance live di Zombie dei rocker irlandesi The Cranberries, in gara per lo scettro di Miglior Gruppo c'erano Bon Jovi, Green Day, U2R.E.M. e Blur. Il premio fu consegnato dai cantanti Nina Hangen e Zucchero. Sulla via del palco, Bono era già bello carico. Prima un balletto con The Edge, poi un applauso ai suoi tre compagni di band (e vita). La band di Dublino non aveva fatto uscire un nuovo album né erano andati in tour, cosa rimarcata anche dal cantante in principio. "Deve esserci un trucco" scherzava placido. Ma eccolo poi d'improvviso salire di tono con quella storica cavalcata politica.


È QUELLO CHE INTENDO FARE


Sono stato sveglio tutta la mattina

solo per materializzare

che cosa stavate adempiendo...


Passerò tutta la notte

a togliere la lama a ogni singolo coltello

e poi uscirò in strada,

farò la coda tutte le pagine

di quella muffa che ancora affolla

le finestre chiuse, infine

mi prenderò un attimo per tenere

gli occhi aperti


La voce grossa,

il senso del tracciamento...

Leve su leve, con grattacieli

a chiosare sull'argilla

delle piramidi... I nuovi Maestri

hanno autorizzato

il mondo a inginocchiarsi solo al passato,

li abbiamo ascoltati

ma non ci hanno ancora distrutti


Mi son chiesto

che cosa avrei dovuto fare...

Mi son chiesto

che ho fatto da allora fino

a questo istante...

Mi sono lasciato cadere

e non ho provato nessun dolore

nel prendere confidenza

con ciò che abbiamo permesso

ci infliggessero... Non ho fatto

ancora nulla fino a un istante

fa... Perché non siamo

ancora là fuori... è perché

siamo esattamente lì fuori

che sulle nostre mani

non si sono conficcate le catene

del loro cappuccio bendato


Sono pieno di folgori,

non ho lasciato molto

a questo mondo... Ai demoni in ascolto,

aspetto una lettera insieme 

ai vostri migliori reclami

                                                (Venezia, 23 Novembre '20)


MTV Awards 1995, il discorso di Bono (U2)

venerdì 6 novembre 2020

Gli assurdamente grandiosi The Presidents of the United States of America

The Presidents of the United States of America nel video di Lump
In attesa di conoscere il nome del 46° inquilino della Casa Bianca, mi sparo Lump dei mitici The Presidents of the United States of America. Una band assurda e grandiosa. 

di Luca Ferrari

Scatenati, rockettari di prim'ordine, impossibile da etichettarli in uno stile preciso. The Presidents of the United States of America sono una di quelle band più uniche che rare, appartenenti a quel non-genere che ha visto esprimersi in questa dimensione anche altri gruppi come Primus o Radiohead. Canzoni scoppiettanti e video azzeccatissimi, a cominciare da Peach, tratto all'album di debutto che porta il loro stesso nome (1995), dove i tre musicisti Chris Ballew (lead vocals, basso), Dave Dederer (chitarra, backing vocals) e Jason Finn (batteria, backing vocals) si trovavano ad affrontare dei temibili ninja. 

Ma ciò che dei The Presidents of the United States of America mi ha sempre colpito fu la loro provenienza (appartenza), la città di Seattle, e parliamo di una band il cui primo album uscì a metà degli anni Novanta. Seattle, la culla di band del calibro di Nirvana, Soundgarden, Mudhoney, Alice in Chains e Pearl Jam. E proprio contro il cantante di questi ultimi, Eddie Vedder, i PUSA a ragione si scagliarono, accusandolo di fare il paladino della loro città, salvo poi di aver tifato nelle finali di basket NBA'96  i Chicago Bulls di Michael Jordan e Rodman (di cui era amico), invece che per i Seattle SuperSonics di Gary Payton e Shawn Kemp, cui al contrario il trio aveva scritto la canzone Supersonics per celebrare l'evento.

In quel primo grandioso album, che vedeva anche una strepitosa e originale cover di Kick Out the Jams dei leggendari MC5, a trascinare un pubblico variegato, c'era anche Lump. Un sound energico che vedeva i tre The Presidents of the United States of America suonare su una chiatta a Elliot Bay, nel Puget Sound, davanti alla loro amata Seattle di cui si riconosce chiaramente lo skyline, Space Needle incluso a fine video. Ecco, mentre il presidente uscente Donald Trump continua a piagnucolare accusando chiunque di brogli e lo sfidante democratico Joe Biden attende la vittoria, io mi sparo a massimo volume Lump dei The Presidents of the United States of America, Immaginando di riuscire a invitarli a Venezia e suonare Lump a bordo di una caorlina lungo il Canal Grande. 


VE LO SPARO, MI SPARTISCO

spiegatemi la differenza
tra un bombardiere
e un lanciarazzi, oggi
vorrei sedermi accanto a voi
senza sapere
chi siete per davvero

Che senso ha
ascoltare i vostri dettati
quando ci sono persone
che non conoscerete mai?
Chi se ne frega
dei vostri sorrisi quando per vincere
dovrete promettere
che tanta gente morirà?

Vorrei avere una palude
e un universo... vorrei potermi
spostare solo sull'acqua
senza dovervi mao stringere
la mano... Vorrei stare
in silenzio e sapere che qualcosa
domani sarà differente

Prestami il tuo potere
e non farò i tuoi stessi danni,
fammi provare la tua boria
e me ne starò in divano
per tutta la durata del tempo
in cui sarò osannato

ho vinto io, ha vinto lui...
lui è stato sleale, io sono un fasullo
di fede... Lanciami
il tuo aldilà, ho voglia
di crogiolarmi nella disputa
di chi sarà l'ennesimo despota
della nostra contraffazione

sono pronto, e sono ispirato
sono irato, sono sul plateatico giusto
fatemi spazio
adesso tocca a me... fatevi da parte
mi sono appena caricato
(Venezia, 6 novembre '20)

 
Presidents of the USA, Lump

domenica 1 novembre 2020

All Saints, la vita Under the Bridge

All Saints (da sx) Shazany Lewis, Natalie Appleton, Melanie Blatt, Nicole Appleton 
Niente rock a Ognissanti, ma la cover dell'immortale Under the Bridge dei Red Hot Chili Peppers, interpretata dall'intensa dolcezza pop delle All Saints.


In quegli ultimi bagliori degli anni Novanta il rock era in piena agonia. Il nuovo corso dominante  parlava il sound del brit pop targato Oasis, Blur e Radiohead. In parallelo nel frattempo, sempre dalla terra di Sua Maestà, si erano fatte largo in modo devastante cinque ragazze di nome Spice Girls. Presto l'avrebbe raggiunte ai vertici delle classifiche il quartetto delle All Saints, girl band formata da Shaznay Lewis, Melanie Blatt (londinesi) e le sorelle canadesi Natalie e Nicole Appleton. Meno esplosive delle cinque colleghe ma ugualmente efficaci nelle melodie ed esportatrici di una dolcezza musicale a tratti sensuale, senza mai scadere in facilonerie.  

Iniziarono in punta di piedi. Never Ever, primo singolo dell'album All Saints (1997), è una ballata quasi sussurrata. L'anno successivo ci avrebbero pensato due nuovi video, sempre tratti da canzoni del medesimo album, a mostrare di più le doti del quartetto, con due cover. L'intramontabile Lady Marmalade e l'immortale Under the Bridge, dei Red Hot Chili Peppers. Ricordo ancora la prima volta che la vidi. Lì per lì pensai a una banale omonimia, poi mi ricapitò e captai qualcosa di familiare. Le parole erano quelle. Dentro di me pensai a un atto di pura blasfemia. Quella era una canzone intoccabile, che cosa ci avrebbe potuto fare un girl band se non snaturarla del tutto? Pensiero legittimo. Dopo tutto in molti ancora inorridiscono per le cover (strepitose) che Marilyn Manson realizzò di Sweet Dreams (Eurythmics) e Personal Jesus (Depeche Mode).

Under the Bridge è una canzone di abbandono e rinascita. Un testamento senza fine della band californiana che concludeva con le toccanti parole "Under the Bridge downtown I give my life away - Sotto il ponte laggiù ho gettato via la mia vita". Nel videoclip delle All Saints le quattro ragazze camminano scalze in un grattacielo diroccato, in uno degli ultimi piani con al centro una gigantesca voragine che renderebbe impossibile la vita quotidiana. Ci penzolano dentro. Una malinconia emergente tra sguardi di forte intensità e un calore deciso a tenere in vita l'esistenza. Quattro ragazze con le loro fragilità ed energia guardano da lontano un mondo frenetico. Quattro giovani donne s'interrogano. Rispetto ai RHCP loro erano agli inizi, ma oggi ci potrebbero raccontare qualcosa di più dei rispettivi percorsi di vita. Per me è sufficiente per ricominciare a scrivere... 


LIBERTÀ DI PROVARE NUOVE EMOZIONI


Abbiamo in comune

qualche conchiglia ammarata

sopra il ventre dei fulmini... le forme

più anarchiche e morbide

delle nuvole

stanno rigettando quei facili ponti

dove il mondo

si è potuto stranire senza reclami...


Nel temp(i)o dei miei sogni

si confrontavano

le strade... Un tempo le mie corse

mimetizzate

erano tutto ciò che avessi

da riassumere

in un megafono e una cerbottana


Con gli occhi a penzoloni sulle dita

ho recapitato

erosioni e ripensamenti... dove siamo ritornati?

Quando assunsi la (ri)forma

dei miei pensieri

eravamo ormai troppo lontani

perché potessimo

restare stretti per mano

senza che la notte insistesse a comprendere

la dolcezza in fase di condivisione


Da questo momento in poi

non me ne sono più andato

In quel momento non ci sfioravamo

nemmeno, e sul cielo

non c'era nulla che potesse

significare una creazione congiunta

di stelle e prosecuzioni mantenute...

L'espressione facinorosa

di una scatola di nuovi ricordi

è diventata l'origine incontrollata

di nuovi sentimenti... la terra

ancora tinge i miei capelli,

ma per questo

ci sarà tempo per raccontarcelo

l'un l'altre...

                                                                (Venezia, 1 Novembre '20)


All Saints, Under the Bridge

Shaznay Lewis (All Saints) nel videoclip di Under the Bridge
Melanie Blatt (All Saints) nel videoclip di Under the Bridge
Natalie Appleton (All Saints) nel videoclip di Under the Bridge
Nicole Appleton (All Saints) nel videoclip di Under the Bridge
Le All Saints nel videoclip di Under the Bridge - 
(da sx) sorelle Nicole e Natalie AppletonShaznay Lewis e Melanie Blatt
Le All Saints nel videoclip di Under the Bridge
Nicole Appleton (All Saints) nel videoclip di Under the Bridge

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