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venerdì 31 dicembre 2021

Donna Cannone, pura energia rock

La rock band Donna Cannone © Stephansdotter Photography (writer)

Il sound genuino della rock band svedese Donna Cannone è pronto per farsi conoscere al grande pubblico. Dopo i primi due singoli, nel 2022 uscirà l'album di debutto. 

di Luca Ferrari

Due amici si ritrovano e iniziano a strimpellare. L'entusiasmo prende il sopravvento e scatta la sacra scintilla del rock. Il duo diventa un quartetto, ognuno col suo strumento (basso, chitarre, batteria). La genesi della rock band svedese Donna Cannone è tanto semplice quanto naturale. Formatisi a Stoccolma due anni or sono, tutti i membri vengono da importanti presenze nella scena rock scandinava (e non solo). Scrivono e suonano. La band inizia a farsi strada. Intervistati di recente sulla celebre rivista Metal Hammer, guardano al futuro con ottimismo e convinzione. 

Quattro i componenti della band: la chitarrista Giorgia “Jo” Carteri, la batteritsa Tilda Nilke Nordlund, entrambe ex Thundermother, il cantante-bassista Luca D’Andria (ex Cowboy Prostitutes) e il chitarrista solista Bjorn Strid (Soilwork, The Night Flight Orchestra). Nei giorni scorsi si sarebbero dovuti esibire allo Stockholm Rock Out in compagnia di personaggi del calibro della mitica cantante heavy metal tedesca Doro, l'altrettanto leggendario cantante finlandese degli Hanoi Rocks, Michael Monroe, e poi i Crashdiet, Crazy Lixx e la cantante gallese Chez Cane. Tutto rinviato all'anno prossimo (16-17 dicembre 2022).

Era da un po' che tenevo d'occhio questa band e lo scorso agosto, dopo l'ottimo singolo di debutto Cross the Line, ho atteso incuriosito l'uscita del nuovo singolo. Pubblicato il video sul canale Youtube dell'etichetta svedese a cui si sono legati, la Despotz Records, l'ho personalmente inaugurata correndo all'alba sul lungomare di Schiavonea (Cs), davanti allo Ionio calabrese. Fin dal primo ascolto, praticamente senza guardare il video ma solo ascoltandola, ho subito provato una sensazione di benessere, che si amalgamava col panorama naturale marino, in un mix di sonorità che a tratti mi ricordavano Helloween e i primi Guns n' Roses di Appetite for Distruction, in certi riff.

Quattro mesi dopo sono ancora on the road, questa volta nella mia natia Venezia, correndo su e giù per fondamenta e campielli, pompandomi di pura adrenalina rock. Da qualche mese ormai nelle mie variegate playlist capaci di spaziare dai Pearl Jam a Michael Schenker, passando (anche) per Neil Young, Alice Cooper e The Cranberries, ormai ci sono anche loro, i Donna Cannone. In attesa di ascoltare presto il loro debut-album, sembra previsto per il 2022, auguro il meglio a questa band, in attesa di vederli anche dal vivo da qualche parte nel mondo. Ora è arrivato il mio turno di farmi ispirare dalla musica dei Donna Cannone e il loro ultimo singolo Nothing to Do:

COLLISIONI SENZA LIMITI


Ho viaggiato, inseguendo il cielo... allo scoperto… lo sapevi, ho perfezionato i colori

delle mie dita... Posso

ancora inciampare liberamente

...

mi sono concentrato,

è stata una rivelazione o la sintesi di una caduta?

.... Vedo l’oceano

ridere a gran voce,

ci sono le sue domande... ci sono

le mie soste... quelle giuste, quelle prigioniere... quelle invulnerabili


Voglio dirti, è tardi per un sortilegio

che non preveda

una parola e la nostra simultanea

auto-immedesimazione?

Le stesse battaglie di una volta

oggi sono aceri e sensazioni millimetriche di labirinti


Un altro passo, e poi

un'amichevole collusione ancora…

Sento il mormorio

di un'alba diradata, e questa

è la cicatrice

di ciò che gli altri chiamano silenzio


prendere/ perdersi...

le salite che vedi attorno ai miei tasche

è l'amore

che non ho mai voluto nascondere


Un grattacielo, una caverna, 

un albero distante… Ho dimenticato il monopolio degli specchi

perché non ci ho mai creduto...non mi disturbi

se vorrai correre... cammineremo insieme alle mongolfiere


queste nubi sono un ostacolo 

solo per chi ha desiderato

estinguersi tra illusioni e rancori

... dai un'occhiata oltre noiu,

i miei sogni prendono appunti su ciò che è

(Venezia, 30-31 Dicembre '21)


Donna Cannone, Nothing to Do

lunedì 27 dicembre 2021

Pearl Jam, la danza del chiaroveggenti

I Pearl Jam 

Ho aspettato più di un anno e mezzo per ascoltare Gigaton (2020), l'11° album dei Pearl Jam. Ed ecco subito Dance of the Clairvoyant ispirare un nuovo sentiero compositivo.

di Luca Ferrari

No, non mi era ancora mai capitato. Non mi era mai capitata "una cosa così", con "loro": i Pearl Jam, la band che ha sempre accompagnato la mia vita. Da quando ho memoria dei rocker di Seattle, quanto mai avrò aspettato prima di ascoltare un loro nuovo disco? Forse una settimana, non di più, incluso il penultimo Lightning Bolt (2013). Questa volta invece, sono trascorsi un anno e nove mesi. Un'eternità! Non ero pronto. Non ne avevo voglia. Non ero mensilmente connessi. Gigaton è sbarcato in Italia il 27 marzo 2020, oggi invece è il 27 dicembre 2021 e lo sto ascoltando da neanche un giorno. Mi è bastato un ascolto ed ecco subito "trovare" un'emozione in perfetta sintonia umano-sonora per mettermi alla tastiera e scrivere qualcosa di impetuoso e imprevisto.

Rewind. Uscito l'11° album dei Pearl Jam, il mondo dei social si scatena subito. Follower della pagina Facebook di pearljamonline.it, inizio a leggere commenti: si va dal cieco entusiasmo a chi consiglia la pensione alla band di Seattle. Tirando un po' le somme, non mi aspettavo granché ma fin dal primo ascolto resto piacevolmente colpito, e soprattutto mi faccio una domanda: che cosa si può chiedere a una band in pista da trent'anni, capace di sfornare album e canzoni capolavoro, sfuggire a qualsiasi etichetta riuscendo sempre a mantenere un'integrità artistica (quasi) unica? Se nel 2021 vedessi un Vedder scimmiottare il se stesso con lyrics e atteggiamenti "young", allora sì che mi sentirei deluso.

Ascolto il disco. Nessun album mi ha mai conquistato dal primo ascolto, nemmeno quelli che adoro alla follia come Vitalogy (1994), restando in casa Pearl Jam, o In Utero (1993) dei Nirvana che per qualità testi è 100 spanne superiore a Nevermind. Tornando a Gigaton, alcune mi canzoni mi entrano subito in circolo, altre le dovrò ascoltare ancora! Le ultime mi sembrano molto influenzate dalla direzione solista del cantante, che per quanto non mi faccia impazzire, ha una sua logica. Ricordo commenti poco lusinghieri quando uscì No Code (1996), oggi uno degli album più amati. Inizio il secondo ascolto. La nuova musica dei Pearl Jam inizia a muoversi dentro di me. Il resto è il presente più istintivamente "creato"...


INSIEME... CASO PER CASA


L'angolo allargato... ricettatori

di sproloqui, assassini d'ironia giocattolaia... è bastata una parola,

un’immagine… un calore

che hanno dato via… lo sto guardando, ed è la sua vita,

è la sua ambientazione umana

... sono i suoi occhi,

zolle che non dovrebbero mai regolamentarsi Non li chiama mai per nome, tutto è subito mutato in un infinito legame vero previsioni… interpretazioni… uno st(r)ato

di perfezione da controllare... lo staranno

davvero pensando?

Avreste mai sussurrato

le medesime traduzioni

al più piccolo ricordo di voi stessi?

c’è una roccia in mezzo al mare,

ci sono scie di energie e gocce che risalgono albe

... Scontri di domani impercettibili...

Una sola notte non dovrebbe essere

nemmeno accettabile… Vi ho mai

dato l’impressione

di aver scelto un unico colore

per le pagine

del mio libro di non-ricordi? Di

quanto torti mi sarei macchiato

se non avessi dato la priorità

a ogni nuova sorgente di vita...

(Padova/Venezia, 25-26 Dicembre ‘21)

Pearl Jam - Dance of the Clairvoyants

giovedì 23 dicembre 2021

E così viene Adelmo... natale e i suoi Sorapis

Zucchero e Maurizio Vandelli in ...e così viene Natale (Adelmo e i suoi Sorapis)
E così viene natale... anche sta volta. Le vie della musica sono infinite. Per me non è davvero natale senza canticchiare la magia del 25 dicembre insieme ad Adelmo e i suoi Sorapis.

di Luca Ferrari

Sarà la mia innata tendenza all'happy end, causa ovviamente di atroci delusioni e implosioni sentimentali, ma la canzone "... e così viene natale" del super-gruppo Adelmo e i suoi Sorapis, l'ho sempre trovata perfetta per la mia anima ferita. A ben guardare però, nulla avrebbe dovuto farmi avvicinare, a cominciare dall'ambientazione, una discoteca, una tipologia di locale che sono fiero di dire, non ho mai frequentato nemmeno una volta in vita mia. I protagonisti della band? Zucchero, di cui conosco sì e no 2-3 canzoni. Maurizio Vandelli (ex Equipe 84), ricordi dell'estate 1989 con il programma "Una rotonda sul mare". I Pooh? Mai ascoltati in vita mia. Ecco, nonostante tutte queste premesse, non c'è natale che non me la ascolti almeno una volta, guardandomi il video.

Ha tutto inizio con il titolare del locale che ferma l'ennesimo tunz-tunz-tunz per annunciare che una band suonerà dal vivo una canzone, cosa per niente apprezzata dai presenti che rispondono con fischi e disapprovazione. Ecco allora il mondo del facile sballo: chi spaccia, chi compra, chi ha già bevuto/sta bevendo troppo, e chi non si fa problemi a lanciare sarde (sguardi) nonostante sia già in dolce compagnia. Da tutto questo ne nasce una rissa collettiva, donne contro donne e uomini contro uomini. Lì, nel mezzo, altri personaggi alla ricerca di qualcosa che gli dia (forse) un motivo per avere speranza, su tutti una ragazzina al bancone che ricorda la campionessa di nuoto, Federica Pellegrini (non me ne voglia l'atleta). 

Ho sempre amato le collaborazioni con stili differenti, per cui forse vedere quelli là tutti insieme sul palco, mi ha messo nella giusta condizione di ascolto. L'atmosfera inizia tesa e frame dopo frame, si scalda sempre di più in totale controtendenza rispetto al natale. Litigano i fidanzati. Partono risse tra uomini e donne. Pugni che volano, schiaffoni e tavolini fracassati e poi? Può finire così una canzone di natale? Può davvero finire così una canzone che celebra quella festa che, sotto sotto, a tutti piacerebbe vivere nel migliore dei modi? No, non può ed ecco allora dal soffitto, aprirsi una botola e... e guardatevi il video! Lo farò anche io, per l'ennesima volta. Adesso però mi farò davvero ispirare:


IL JINGLE LO SCRIVO CON TE


non c’era nemmeno

una coperta

perché potessi cadere

e restare un po’ immobile… seguo

la corrente

di un ruscello che ha insonorizzato

gli spari 

delle macho-frustrazioni…Non

ci sarei mai potuto essere

lì nel mezzo… Avevo

già provato

a testare la resistenza

di una staccionata

con troppa poca fiducia

in ciò che l’universo

fosse pronto a rispondermi… E

che potevo fare,

non ero nemmeno rassegnato

quando si trattava di ascoltarmi

… le tante finestre aperte

si sono approvvigionate

con esperimenti gestuali

di benvenuto… Il colore

di una valigia

era tutto quello che potevo permettermi,

e forse un lavoro

come risponditore di lettere

indirizzate anche a te

è troppo lontano

il Polo Nord, anche per una notte

come queste… mi accontenterei

di un passaggio

sul dorso di qualche sperduto

che cosa… Ma tu li sai

davvero i perché

della nostra spensierata

solitudine? Adesso

sto per chiudere

gli occhi, ma voglio che tu sappia

che l’amore

delle nostre lacrime

continuerà anche domani…

(Venezia, 23 Dicembre ‘21)


E così viene Natale, di Adelmo e i suoi Sorapis

Due protagonisti del video ...e così viene Natale (Adelmo e i suoi Sorapis)

martedì 21 dicembre 2021

Korn - Here to Stay

Possente e senza speranza. C'è solo violenza e prevaricazione nel mondo che stiamo consegnando ai nostri figli, o no? Ricomincio dal nu metal dei Korn e Here to Stay.
KornHere to Stay


mercoledì 15 dicembre 2021

Marilyn Manson, la coscienza di Coma White

Marilyn Manson nel videoclip della canzone Coma White

Marilyn Manson colpisce l'ipocrisia di una società sfacciata, capace di nascondere i peggiori crimini sociali e mostrandosi sempre più immacolata agli occhi del mondo. 
 
di Luca Ferrari

Dietro le troppe maschere dell'ipocrisia delle società, si nascondono i peggiori mostri. Quelli capaci di ignorare la luce del sole purché non metta in discussione la propria immagine di presunta perfezione. Succedeva in passato Succede ancora oggi, anche nelle società post-moderne dove crediamo di essere liberi. Ancora vogliamo (volete) che i nostri figli siano l'orgoglio delle nostre vite, spingendoli verso scelte che noi approviamo ma quando non succede, ecco l'indifferenza e il silenzio. Pochi artisti come Marilyn Manson seppero attaccare questo mal costume, facendo del proprio "mostruoso" aspetto una sfida a viso aperto contro l'omertà dilagante che lascia i più deboli al macero.

Dopo il gothic di Antichrist Supersrtar (1995), Marilyn Manson si gettò nella dimensione più glam, dando alla luce Mechanical Animals (1998), dove comunque regnava un'atmosfera trasudante oscurità, come chiaramente emergeva nella possente Rock is Dead o la malinconica Speed of Pain. La canzone scelta per chiudere il terzo album della band, fu Coma White, nel cui video si alternano scene live della band a un'impersonificazione di MM nei panni di John Kennedy durante il suo assassinio a Dallas, e l'allora fidanzata, l'attrice Rose McGowan in quelli della moglie del Presidente, Jacqueline

Ho scelto di scrivere qualcosa di questa canzone proprio a ridosso del natale per una ragione molto precisa, quella dei regali. E il regalo più grande che possiamo fare a noi stessi e ai nostri figli è il futuro. Un futuro migliore. Un futuro che in tanti, anche le persone più inimmaginabili, mineranno per il proprio egoismo. Un futuro che sarà messo all'angolo da un mondo che in principio potrà sembrarci bello ma , poi... "You were from a perfect world/ A world that threw me away today, today, today"  (Coma White). Le droghe non sono solo le sostanze, è anche la quotidianità più tossica, invadente e letale. Ed è per questo che i versi di Coma White cantati da Marilyn Manson, sono un po' la storia di molti di noi...

IN PIENA COSCIENZA DIVISORIA

… e quelli credono ancora che il suo peggiore incubo sia stata una pagina  piena di traduzioni grammaticali ... e quelli credono ancora che la sua peggior esperienza sia stata una parentesi riempita di pagine ingiallite a casaccio e intanto l’angoscia  gli stava risucchiando gli occhi  senza luce né una stanza dove nascondersi dal cielo.. … e dopo una vita passata a nascondere le sue cicatrici, ha scoperto che c’è ancora chi crede che le sue lacrime siano la media  di qualche catastrofica annotazione … e dopo una vita passata a graffiare la pelle dalle bombe rimaste attaccate  alle caviglie, ha scoperto che tutti quelli che lo videro indietreggiare sotto terra sono gli stessi  che non hanno voluto toccare il palmo delle sue mani solo perché  c’erano troppe poche cavallette intorno agli steli strappati nelle segrete delle sue più familiari umiliazioni, mai avrebbe pensato che le sue urla un giorno potessero  essere risvegliate dalla più vivida immagine di un addio non ancora ultimato... (Lido di Venezia, 10 dicembre/ Venezia, 15 dicembre ‘21)

Coma White, di Marilyn Manson

sabato 11 dicembre 2021

Francesco De Gregori, l'elegiaca L'Agnello di Dio

Il cantautore romano Francesco De Gregori nel videoclip di L'agnello di Dio
Ci sono canzoni "natalizie" semplicemente perché le abbiamo ascoltate per la prima volta in quel periodo dell'anno. Per me è il caso di L'agnello di Dio, di Francesco De Gregori.

di Luca Ferrari 

Eeeeco l'agnello di Dio, che nessuno può salvare... è una delle tante strofe di una canzone del cantautore romano, Francesco de Gregori, che in un inverno di fine anni Novanta, entrarono facilmente in circolo, complice anche l'atmosfera molto cupa del video e una cavalcata melodica tra oscurità e salvezza. Quei due lati dell'anima umana, a quell'epoca così violenti e sovrapponibili dentro di me. Come già accaduto in passato per artisti pochissimo ascoltati, eccoli d'improvviso guadagnarsi un posto speciale nei miei pensieri e nelle elucubrazioni più sincere. E quando si avvicina il natale e il buio si prende i titoli di testa, nel mio smartphone attacca la chitarra di De Gregori e il suo Agnello di Dio.


OVUNQUE, E ADESSO… PROSEGUENDO 

ignoro in cammino, l’attesa

è finita.. ho

scambiato le catapulte

e non vedrò

più l’alba senza di te


mi prendo un momento,

sono esente

dall’eco… Non voglio

più avere confidenze,

solo fermate

dove poter scegliere


ho tolto le suole,

ho aggiunto i lacci… Vorrei

che avessi bene chiaro

che cosa succederà

dopo che ci saremo incontrati

con le braccia scomparse


sotto la luce del lampione,

la carta millimetrata

delle mie lacrime

è solo una copia di una preghiera

che mi sono sempre

rifiutato di fare… Se tu ci sei,

sai bene

che non ho mai scherzato

con la nostra onestà 


Voglio provare a usare

altre parole… Sono già indietreggiato

con la testa… guarda 

la carovana sopra le mie nocche,

tu sapresti vederci

uno stralcio d’amore?

Ci siamo nuovamente insanguinati,

questa è una strada

che non conoscerà spiegazioni

né storie del domani...

(Venezia, 11 Dicembre ‘21)


L'agnello di Dio, di Francesi Guccini

martedì 7 dicembre 2021

Angry Chair, (s)profondo Alice in Chains

Layne Staley (Alice in Chains) nel videoclip di Angry Chair

L'oscurità si fa largo senza ritorno. Non so che farmene del vostro conforto. Sono solo come una sedia incazzata. Questa è la tragica ora di Angry Chair (Alice in Chains).  

di Luca Ferrari

Anime spettrali sbattono la porta in faccia alla luce per sempre. Non c'è ritorno da questo viaggio nella disperazione. Dimenticate il calore di un abbraccio. Dite addio per sempre a una lacrima capace di consolare. Siamo sprofondati nelle viscere della terra e ci vorrà parecchio prima che il cielo torni a essere un luogo di speranza e stelle luminose. L'ora è tarda e io sto ancora scrivendo. Non posso dirvi la ragione ma voglio ugualmente condividere qualcosa. Io ci sono stato ai confini dei due regni e ho lottato per non fare l'ultimo passo. Adesso il mondo è cambiato ma su quella sedia so di essere stato intrappolato. Amici Alice in Chains, affido ad Angry Chair tutto il mio silenzioso dolore. 

Diversi dalle altre celebri compagini di Seattle, la band realizzò il primo album Facelift (1990), dimostrando di saper fondere in modo atipico heavy metal e rock di rara intensità dark. Il successivo album Dirt (1992) esplorò ancora di più il lato oscuro della band, con un sound che non lasciava speranza, e delle lyrics al limite del baratro affidate all'inquiete vocalità di Layne Staley e alle sei corde rabbioso-piangenti di Jerry Cantrell. A tutto questo, si aggiungano le atmosfere dei videoclip: vere e proprie incursioni oltre il buio più desolatamente luminoso:

"[...]What do I see across the way, hey?
See myself molded in clay, oh
Stares at me, yeah, I'm afraid
Changing the shape of his face... [...]
...
[...] Loneliness is not a phase
Field of pain is where I graze
Serenity is far away
Saw my reflection and cried
So little hope that I died, oh
Feed me your lies, open wide, hey
Weight of my heart, not the size, oh [...] 
                                                                 Angry Chari - Alice in Chains 

Riavvolgo la memoria. Espando le mie longitudini oltre i finti steccati e resistenze. In un lontano dicembre 1995 comprai la cassetta originale di Dirt. Se Would? fu l'apripista, Rooster marchiò il dolore e la forza in unico grande legame, Down in a Hole segnò una discesa senza fine, allora Angry Chair stracciò tutto quello che sapevo sulle albe interrotte. Una percezione visiva in perfetta somiglianza con parole e chitarre gravose. Non c'era più tempo per giocare. Non volevo più giocare. Non ne volevo più sapere di cosa si celasse dentro indistinguibili tonalità. Il cotone della ferita scheggiò il sentiero risuonando nell'alta quota. Ci fu l'ennesima corsa a perdifiato verso il precipizio, e l'appunto che un giorno il mio riflesso non sarebbe stato così passeggero...

QUANDO IL GIORNO SARA' PRONTO NUOVAMENTE

Fiumi riemergono come pezzi di fango essiccati ... a quel sole  non avevo più nulla da comunicare Quel mondo aveva perduto il diritto di sedersi accanto anche davanti alla più placida delle preghiere Adesso si conclude la sua condanna… Adesso qualcuno troverà la pace dimenticata per sempre Che fine hanno quegli alberi... dove ci siamo nascosti? Che fine hanno fatto quelle rocce che dovevano solo farci ombra? Nel vuoto della nostra esistenza abbiamo dimenticato a cosa servissero davvero le mani la frutta delle magliette... le gocce sopra gli occhi al momento di fingere di manifestare che senso ha dirsi addio quando non potremo nemmeno ripensare a un brindisi che ci vide spropositati avversari? Mi ricordo che… Riesco ancora a vedere e… Potremmo andare… Non c’è stato più tempo per...

i segreti mi hanno reso schiavo di ciò che non ho mai smesso di impugnare… Non sento più il cuore battere … non avrò mai abbastanza vite per dirti addio (Venezia, 7 Dicembre 21)

Angry Chair, Alice in Chains

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