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lunedì 22 luglio 2013

Mark Lanegan, pura anima e sound

Duke Garwood (sx) e Mark Lanegan
Doppio live autunnale a Bologna e Mestre (Ve) per il songwriter Mark Lanegan, al suo primo sodalizio artistico con il poli-strumentista inglese Duke Garwood.


 Un musicista eclettico come ce ne sono ancora pochi in circolazione. Dal decennio (1986-96) come frontman degli Screaming Trees a una variegata carriera solista. Instancabile artista. Inventore di note e parole. Il suo nome è Mark Lanegan. Dopo tre album realizzati insieme alla cantante scozzese Isobel Campbell, il 2013 segna l’inizio di una nuova collaborazione, con il poli-strumentista londinese Duke Garwood.

Lo scorso maggio hanno realizzato l’album Black Pudding (2013, Heavenly Recordings). Mark e Duke suoneranno live lunedì 18 novembre al Teatro Duse di Bologna e l’indomani, martedì 19, al Teatro Corso di Mestre (Ve). Sebbene sia il primo lavoro realizzato dai due, non si può dire essere casuale il sodalizio artistico. Oltre ad aver aperto molti dei concerti del recente tour europeo di Lanegan, Garwood ha anche suonato in due brani di Blues Funeral (2012, il settimo album solista di Mark).

Folk. Blues minimale e ipnotico. Black Pudding mette in risalto lo spessore e il virtuosismo di Garwood alla chitarra nonché l'unicità della voce (baritonale) e delle liriche di Lanegan. "Duke Garwood è uno dei miei artisti preferiti di sempre" ha sottolineato Mark, "lavorare a questo disco con lui è stata una delle migliori esperienze della mia vita". Della stessa corrispettiva idea, il diretto interesso, “Penso che Mark sia come John Coltrane: pura anima e sound”.  

Quella con Duke Garwood è solo l'ultima di una serie di collaborazioni che hanno scandito la carriera del musicista originario di Ellensburg (Wa, USA). Da Greg Dulli ai Queens of the Stone Age, passando per Soulsavers, Moby e la cantautrice canadese Melissa Auf der Maur (ex-Hole e Smashing Pumpkins).
Mark Lanegan e Duke Garwood © Steve Gullick

lunedì 15 luglio 2013

Mind Your Pearl Jam

Pearl Jam, il singolo Mind your manners (Lightning Bolt)
Preceduto dal singolo Mind Your Manners, esce lunedì 14 ottobre Lightning Bolt, il decimo album della rock band americana, Pearl Jam.


Tornano i Pearl Jam con un nuovo album, Lightning Bolt (2013, Monkeywrench Records). In attesa che la band faccia conoscere il nuovo disco dal vivo anche nel vecchio continente, è già stato annunciato un tour nordamericano che partirà venerdì 11 ottobre a Pittsburgh e si concluderà a “casa”, venerdì 6 dicembre a  Seattle.

Ma perché nell’epoca della cultura omologata e reality show si dovrebbe ancora voler ascoltare una band nata nei primissimi anni ’90? Ecco dieci valide risposte/ragioni:

1) Testi: Eddie Vedder è un paroliere eccezionale. Ha una profondità non comune. Ma non c’è solo lui. Le lyrics della band portano i nomi anche degli altri membri, a cominciare dal chitarrista Stone Gossard e il batterista Matt Cameron.

2) Musica: possono piacere o meno, ma è indubbio che siano tutti degli ottimi musicisti (a detta degli stessi colleghi non loro ammiratori). La sezione ritmica di Jeff & Matt è impeccabile. Le chitarre di Stone & Mike si completano. La voce e il carisma di Eddie chiudono il cerchio perfetto.

3) Live: la loro dimensione dal vivo è più unica che rara. Nessun effetto speciale. Solo loro, la musica e il pubblico. Sono ancora e sempre di più la band globale della porta accanto.

4) Forza: vennero dati per morti dopo il tragico suicidio di Kurt Cobain (1994) prima, e dopo la tragedia di Roskilde (2000) poi. Hanno sempre reagito con la normalità della poesia più visceralmente e reattivamente musicale.

5) It’s Evolution, baby: la storia dei Pearl Jam è la storia di molti di noi. Nei loro testi si delinea la crescita non solo artistica, ma anche e soprattutto come esseri umani.

6) Indipendenza: quando la band aveva pochissimi anni di vita, ha sfidato la potentissima Ticketmaster per far abbassare i prezzi di biglietti, senza dimenticarsi di cosa significa avere 20 anni e non poter andare a vedere un concerto. Nell’epoca dell’esplosione di MTV non hanno più fatto video, andandosene per la loro strada. Hanno suonato contro George W. Bush a New York pochi anni dopo il crollo delle Torri Gemelle beccandosi fischi e vedendo gente disertare l’arena. Non si sono fatti intimidire e hanno proseguito.

7) Arte: a partire da Vitalogy (1994) ogni cd ha assunto le sembianze di un vinile (amatissimo dalla band). L’art work viene spesso realizzato dall’esperto Jeff Ament. Una vera manna rispetto alla spettrale desolazione degli mp3.

8) Eterogeneità: tutti hanno portato avanti progetti paralleli. Matt Cameron ha addirittura ripreso posto nei tamburi dei Soundgarden, ma questo non ha minimamente intaccato la coesione e l’alchimia della band.

9) Temple of The Dog: con Matt ai tamburi, è probabile che presto o tardi divideranno un tour con i Soundgarden e sarà inevitabile che Chris Cornell si unisca a loro sul palco per suonare qualche pezzo dei Temple of the Dog, in eternal memory of Andy Wood.

10) Amiciza: di loro e di noi. Sono poche le band rimaste sempre le stesse da oltre vent'anni senza essersi mai prese pause. Dopo Dave Abbruzzese, alla batteria dei PJ si sono seduti Jack Irons (amico della band) e dal 1998 è subentrato in pianta stabile Matt Cameron, che li ha visti crescere. Per il resto sono sempre stati loro: Mike McCready, Eddie Vedder, Stone Gossard e Jeff Ament. Sono una famiglia. Un valore che si trasmette anche ai fan. Non si può essere fan dei Pearl Jam senza condividerne le battaglie e/o i valori. O meglio, si può ma non è la stessa cosa.

E se ancor oggi ti capita di avere la pelle d'oca anche solo guardando l’oceano di notte, non sarà difficile che le prime immagini che ti passino nella mente e nell'anima siano quelle di una loro canzone ascoltata insieme a una persona speciale. O anche da soli ma comunque veri... The ocean is full cause everyone's crying/ The full moon is looking for friends at hightide/ The sorrow grows bigger when the sorrow's denied/ I only know my mind/ I am mine

La storia continua.

Pearl Jam (da sx): Mike McCready, Jeff Ament, Matt Cameron,
Eddie Vedder e Stone Gossard
Atmosfera alla Hunger Strike sulla spiaggia di La Push (Wa, USA) © Luca Ferrari
La Push (Wa, USA) © Luca Ferrari

venerdì 12 luglio 2013

Neil Young, Old Crazy Horse

Neil Young & Crazy Horse in tour
È la storia della musica. Neil Young (Toronto '45). Il grande vecchio del rock. Album solisti. Live. Raccolte. Colonne sonore.

di Luca Ferrari
 
Neil Young.  Membro dei Buffalo Springfield, del supergruppo Crosby, Stills, Nash & Young. Un album a metà anni ’90 con i Pearl Jam (Mirror Ball) e un ruolo fondamentale per la continuazione della storia della band. Una storia infinita con i Crazy Horse. L’ultimo album insieme, nel 2012, Psychedelic Pill.

Dal 1986, insieme alla moglie Pegi, organizza ogni ottobre-novembre a Mountain View (California) il concerto benefico Bridge School Benefit, per raccogliere fondi per i bambini disabili. Con la sola eccezione del 1987, l’evento si è sempre svolto potendo contare sul contributo di moltissimi grandi artisti. Nell’edizione 2012 si esibirono Neil Young and Crazy Horse, Guns n’ Roses, Eddie Vedder, Jack White, The Flaming Lips, Sarah McLachlan, Foster the People, Lucinda Williams, Steve Martin and the Steep Canyon Rangers, k.d. lang and the Siss Boom Bang, Gary Clark Jr. e Ray LaMontagne.

Dopo un’assenza lunga 12 anni, Neil Young & Crazy Horse (Frank "Poncho" Sampedro, Billy Talbot, Ralph Molina) suoneranno live in Italia giovedì 25 luglio in Piazza Napoleone al Lucca Summer Festival e l’indomani (26.07) all’Ippodromo delle Capannelle in occasione del Rock in Roma.

Pocahontas (live) by Neil Young & Crazy Horse

Neil Young è pronto per l'Italia

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