Dave Mustaine, voce-chitarra dei Megadeth |
Heavy metal puro e sincero. Venticinque anni fa, al Palavobis di Milano, il 14 ottobre 1997, i Megadeth portarono in tour il nuovo album Cryptic Writings e io ero lì.
di Luca Ferrari
Uno dei miglior concerti cui abbia mai assistito. Venticinque anni fa, assistetti al mio primo concerto dei Megadeth, capitanati dallo strabordante cantante-chitarrista "Mega" Dave Mustaine insieme a Dave Ellefson al basso, il virtuoso delle sei corde Marty Friedman alla chitarra solista e il possente Nick Menza (1964-2016) alla batteria. Come per moltissime altre band che mi garbano tutt'ora, il primo incontro coi Megadeth non fu di autentico amore, poiché colpevoli della sbeffeggiante Go to Hell (strepitosa) indirizzata ai Metallica. Ci misi poco a conoscerli davvero e appassionarmi del loro sound, molto di più dei rivali di Frisco. E ora, avvolgiamo il nastro a quel fatidico 14 ottobre 1997, a Milano, per un imperdibile racconto.
La fiamma del rock iniziava a languire. In quell'autunno impazzava l'insopportabile nenia disco danese di Barbie Girl (Aqua) mentre noi, come una tribù relegata sempre più ai margini della società musicale, credevamo ancora di poter fare qualcosa. Non sono tanti i concerti che ho condiviso, in particolare prima di conoscere la mia dolce metà. A parte gli Iron Maiden, il resto fu sempre in solitaria, con la grandiosa eccezione dei Megadeth. Per loro ci mobilitammo in 4, tutti bardati di nero in partenza da Venezia su rotaia. Di questi ne conoscevo solo uno. Mai potrò dimenticare lo sguardo di una vecchina quasi arrivati a Milano Centrale nel vederci, e subito tranquillizzata dal bonaccione del gruppo che le disse in un eloquente dialetto: "Come sea, siora! Stia tranquilla, xemo bravi fioi". Ed era vero, cuore metallaro ma pezzi di pane dentro.
Il 1997 fu anno musicalmente molto difficile. A risollevare le sorti del genere, ci pensarono proprio loro, i Megadeth, sfornando l'attesissimo seguito di Youthanasia (1994), il disco che li aveva sdoganati al grande pubblico. Pur essendo meno orecchiabile del predecessore, Cryptic Writings si discostava parecchio anche dai vari Countdown to Extiction (1992) o Rust in Peace (1990), con meno assoli lunghi ma altrettanto affilato. L'album mi piacque fin da subito, in particolare le canzoni Trust, I'll Get Even e A Secret Place, tutte diventate colonne portanti delle mie passeggiate solitarie. Inevitabile che quando circolò la notizia che la band sarebbe venuta in Italia, non mi lasciai sfuggire l'occasione e così iniziò l'avventura.
Un passo indietro. All'epoca, miei cari youtbers-cheneso-ers o hipster, non c'era internet e se volevi conoscere della musica, avevi due strade percorribili: comprarti riviste e avere amici che ti passassero cd e cassette. Coi Megadeth andò esattamente così. Iniziai da Hidden Treasure e Youthanasia, andando poi a ritroso grazie alla decisiva presenza di un'amica. Logico che quando arrivò Cryptic Writings, che per uno che scrive il titolo era un invito al paradiso, fossi già al corrente del disco e non vedessi l'ora di ascoltarlo. Quando andai al mio primo concerto rock, gli Iron Maiden a Pordenone '95, vidi un ragazzo che rivolgendosi alla mia amica con cui ero venuto, le disse che file di ore e ore le avrebbe fatte solo per i Megadeth. All'epoca li snobbavo, eppure due anni dopo ero lì.
Il pre-concerto fu di attesa. Fummo anche avvicinati da tre fanciulle di cui ricordo bene la "capa", talmente esasperante e ossessionata sul fronte musicale (metal, metal e solo metal), da farmi venire voglia di dire apertamente che ascoltavo anche le peggiori oscenità commerciali, solo per darle fastidio. Ok, lo ammetto. Ho provato a cercare in rete la scaletta del concerto ma non l'ho trovata e l'unica, discutibile, non coincide con i miei pensieri. A distanza di 25 anni la mia memoria non può certo fare faville. Quello che sono ancora convinto di aver assistito è una versione subnormale di Peace Sells, interrotta prima della parte finale per suonare Hangar 18, e all'ultima nota della suddetta, ripresa la prima, chiudendo il tutto con il pubblico letteralmente in visibilio (io ero uno fra quelli).
Aldilà delle canzoni, una più massiccia dell'altra, ricordo con estrema nitidezza la sensazione di essere parte di una gang, ma sia chiaro: non quel branco di patetici vigliacchi dei giorni contemporanei che sanno solo aggredire persone singole per il gusto di rubare e mettere in rete pestaggi, dimostrando non si sa bene quale forza. Il metal è sempre stato un genere molto esclusivo e come disse lo stesso James Hetfield (Metallica), il più ottuso. Io e altri tre tizi incrociammo le nostre strade dinnanzi all'heavy metal sincero dei Megadeth e a fine concerto mi portai a casa anche una meravigliosa t-shirt che ho indossato fino a quando non si consumò del tutto, prestando a uno sconosciuto anche le poche lire che gli mancavano per un analogo acquisto.
Rispetto al concerto romano dei Pearl Jam (12.11.96), dove fummo letteralmente abbandonati al nostro destino, la città di Milano si dimostrò avanti, facendo iniziare e terminare il live a un orario tale che tutti potessero prendere la metropolitana e quanto meno arrivare alla stazione. Così facemmo, infilandoci poi da un McDonald's nei paraggi. Qui, memore della fresca esperienza anglo-culinaria dell'Ocean Catch (ottimo) di Londra, puntai sul pesce, commettendo però un errore madornale. Un cibo di cui mi resterà la nausea per giorni e giorni, e come vedete lo ricordo con estrema chiarezza. Le ore passavano e noi pazienti, attendevamo di partire senza fare nulla di particolare. Parliamo del concerto, un po' di noi e spesso usciamo dal locale per fumare qualche sigaretta (era freddino).
Decidiamo di aspettare il primo treno diretto per Venezia, evitando l'opzione del cambio a Verona nel cuore della notte. Quando saliamo, il convoglio è stracolmo e siamo tutti stanchissimi. Senza remore, ci distendiamo a dormire per terra nei lunghi corridoi fino a quando, proprio nella città scaligera, il treno si svuota e di forza occupiamo uno scompartimento. Eh sì, a quel tempo gl'Intercity avevano queste "stanzette". Uno del gruppo però, ha la brillante idea di levarsi gli anfibi lasciando emergere aromi inenarrabili e obbligandoci ad aprire il finestrino (all'epoca si poteva, ndr) per goderci il vento gelido della notte. Il viaggio proseguì poi con tutti noi in orizzontale addormentati, dopo aver aperto le due file di poltrone da 3 ciascuna.
Torniamo tutti (credo) al Lido di Venezia, l'isola del festival del cinema. Salutati i compagni di avventura, i pensieri bussano subito vigorosi dopo questa parentesi metal. La stragrande maggioranza dei miei più cari amici viveva ormai a Londra e io sentivo che una prima grande fase della mia vita si era ormai conclusa. In effetti dall'autunno 1997 all'autunno 1998 sarà un periodo di transizione molto complesso ed estremamente doloroso, fisico incluso, che inevitabilmente iniziò a cedere sotto il peso dei troppi pensieri. In parallelo il rock era sul viale del tramonto, a livello di popolarità intendo, pronto ormai per essere messo in naftalina.
Dopo quella prima volta, tornerò a vedere i Megadeth in altre due occasioni: come special guest del reunion tour degli Iron Maiden con i rientranti Bruce Dickinson e Adrian Smith nel 1999 ancora a Milano (concerto vinto gratis grazie a un concorso di una rivista musicale), quindi esattamente dieci anni dopo nel 2009, sempre nel capoluogo lombardo, insieme a Testament e Judas Priest, ma queste sono altre metal-stories di cui vi parlerò in altri articoli. Adesso voglio concedermi qualche minuto di Megadeth sonoro ad alto volume, ripensando a quel giorno, e mescolandolo alle sensazioni del momento qualche step di attualità poetico-umana. Prenderò in mano qualche vecchia agenda facendo sprigionare ogni virgulto di confusa ispirazione, poi mi alzerò e continuerò sulla mia strada...
IL MIELE DI PANDORA
strade arpionate
nel digiuno agguerrito
di una megalomania fraterna
ed evocativa... nessun respingimento, i
responsabili si fanno avanti
in mezzo a pensieri necrotizzati...
che cosa è stato ritrovato
di così sentenzioso
da rendere l’amore in cui credevamo
una mostruosa creatura
senza nemmeno più la notte
verso cui retrocedere?...
sono sempre stato alla ricerca
di parole che mi potessero salvare
… stavo solo
cercando le parole perfette
che nascondessero
il paradiso
in una qualche tregua delle mie lacrime
mimesi di se stessi, sono stati chiamati a raccolta...
non si ricorderanno
di nessuno di voi e non hanno mai
avuto intenzione di farlo
… è il tepore della solitudine lasciata raffreddare sul grasso degli arbusti
dentro cui ci siamo incamminati…
siete venuti qui tutti
insieme? Avete ancora
intenzione di farlo? Non
avete riconosciuto
il mio segnale distintivo…
tutto quello che s(oc)corre
è il mio cuore furioso
per e contro di voi… ogni onesta longitudine
delle mie affermazioni agnostiche
si eleva… protegge
senza preghiere... avanza (Venezia, 14 Ottobre 2022)
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