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giovedì 29 maggio 2014

Alice in Metal(lica)

Alice in Chains - (da sx) Jerry Cantrell, Mike Inez, William DuVall e Sean Kinney
Il ringhiante sound degli Alice in Chains live martedì 1 luglio al festival Rock in Rome. Sulla stesso palco, gli headliner Metallica.

di Luca Ferrari

In pochi avrebbero immaginato che la band formatasi a Seattle verso la fine degli anni '80 (ed esplosa nei Nighties) avrebbe potuto continuare (alla grande) anche dopo la tragica morte del cantante Layne Staley (1967-2002). Nel 2007 è arrivato William DuVall e la magia degli Alice in Chains è ricominciata. Oggi sono pronti per una nuova tappa nel Belpaese al Rock in Roma, martedì 1 luglio a fianco dei Metallica.

Un lungo tour quello che attende la band formata dal chitarrista Jerry Cantrell, il bassista Mike Inizez, il già citato DuVall e il batterista Sean Kinney, tra Canada ed Europa con partecipazione a svariati festival, incluso per l'appunto l'appuntamento romano. Ed è inutile nasconderlo. Sarà un evento un po' più speciale, proprio in virtù della presenza dei 4 di Frisco, da sempre grandi ammiratori degli Alice in Chains.

Apprezzati fin dagli esordi per il loro stile più dark e metal rispetto ai colleghi di Seattle, quando gli AiC sorpresero il mondo con la malinconica elegia del concerto Unplugged, in quella che fu l'ultima esibizione di un ormai spento Layne, tra il pubblico c'erano proprio loro, i Metallica.

Se la performance romana degli Alice in Chains attingerà di certo dal glorioso passato musicale di Facelift (1990), Dirt (1992) e l'album omonimo (1995), non mancheranno le sonorità dagli ultimi due album realizzati dopo l'arrivo del neo-cantante ex-Comes with the Fall: Black Gives Way to Blue (2009) e il recente The Devil Put Dinosaurs Here (2013).


Would, live 2006 by Alice in Chains feat. James Hetfield (Metallica)

Alice in Chains dal vivo
Alice in Chains

venerdì 23 maggio 2014

Pearl Jam, Live on Two Friends

la rock band americana Pearl Jam dal vivo
La musica può non bastare. Anche se è quella dei Pearl Jam. E allora amica mia, in attesa del tuo primo concerto, te li racconto io.

di Luca Ferrari

A neanche due anni di distanza da quando iniziai ad ascoltare i Pearl Jam ci siamo incontrati. Diciotto anni dopo ancora ci vediamo. Potrei dire anzi che ci frequentiamo più adesso che una volta. Potrei dire lo stesso della loro musica. A breve li vedremo insieme. So che non ne sai molto, ed è per questo che ho aperto le mie parole alla tua lettura. Insieme alle canzoni già passate, qui c'è tutto ciò che devi sapere.

Dopo più di vent'anni di carriera i Pearl Jam sono ancora “the people's band”, il gruppo della gente (popolo). Basterebbe forse questa frase, letta sul Guardian nel giugno 2011 in occasione di un concerto della rock band di Seattle in quel di Londra, ad Hyde Park, per spiegare che cosa siano. Per mettere a fuoco la loro inscindibile storia di normalità, amplificatori e poesia.

No amica, non starò qui a elencare quanti anni hanno, come è nata la band, etc. Per tutte le informazioni, ti rimando sito ufficiale italiano Pearl Jam Online. Io sono qui per dirti qualcosa di personale, che poi verificherai tu di persona, a Trieste, in una (sono certo) epica domenica di tardo giugno. Vedrai migliaia di fan cresciuti dentro la loro musica. Ancora desiderosi di condividere il loro-proprio mondo emozionale.

Una canzone-video su tutti riassume la prima fase dei Pearl Jam, ed è Jeremy. Scritta d'istinto (rabbioso) dal cantante Eddie Vedder alla notizia di un ragazzo che sfiancato dall'indifferenza familiare e oppressione umano-scolastica, entrò nella propria classe in un tragico giorno di gennaio, si puntò la pistola alla tempia e premette il grilletto, mettendo così fine alla sua giovane vita. Per conoscere i Pearl Jam e le loro battaglie umano-sociali non si può non partire da qui.

Tra il 1992 e il 1994 escono tre album. Vitalogy è il più complesso. Segna un momento di cambiamento. Kurt Cobain è da poco morto. Dentro Immortality c'è tutta la poetica di Vedder per una persona che sentiva molto vicina a sé. Le parole finali "Some die just to live – Alcuni muoiono per vivere" hanno segnato un'intera generazione, lasciata poi crescere troppo sola e con nessun punto di riferimento.

È la metà degli anni Novanta e il mondo della musica viene disintegrato dalla sempre più affossante cultura pop-porno di Mtv. I Pearl Jam vanno per la loro strada. Suonano e basta. Ingaggiano una feroce battaglia contro la potente TicketMaster per far abbassare i prezzi dei biglietti perché loro non hanno dimenticato cosa significa non avere soldi per andare a un concerto. La solidarietà è quasi a zero. In loro soccorso arriva solo Neil Young, in Italia insieme ai Crazy Horse il prossimo lunedì 21 luglio al Collisioni Festival di Barolo (Cn).

I cinque rockers escono un po' malconci dallo scontro ma questo cementa ulteriormente il loro lato combattivo. Per ritrovare un video ufficiale bisogna aspettare il 1998 e sarà molto censurato. Mostrano la realtà per quello che è. Immutabile. Cambiata solo nell'apparenza. Se mai ce ne fosse bisogno, il pensiero della band è più chiaro che mai. Impavido, deciso e controcorrente: Do the Evoltion

Si arriva al terzo millennio. I quattro di base sono sempre loro: Eddie (voce, chitarra), Stone Gossard (chitarra ritmica), Jeff Ament (basso) e Mike McCready (chitarra solista). Dopo qualche batterista di troppo cambiato, arriva quello definitivo, che vedrai anche tu. Il suo nome è Matt Cameron, ex-tamburo degli amici Soundgarden (per la cronaca oggi si divide tra entrambe le band, con priorità di tour però data ai PJ).

Sembrano un po' defilati ma è solo un'illusione. I fan crescono di anno in anno. La loro autenticità e coerenza li rendono una mosca bianca nel panorama insieme a esimi colleghi del calibro di R.E.M. e Bruce Springsteen. Nessun effetto speciale. Hanno solo la musica e quella offrono. Nel 2000 succede un tragico incidente durante la loro performance al Festival di Roskilde in Danimarca, nove fan perdono la vita.

È un colpo durissimo ma i Pearl Jam trovano ancora la forza di reagire, e nell'album successivo, Riot Act (2002), onorano la memoria di quei ragazzi in due canzoni: Love Boat Captain e I am Mine. Della prima è a dir poco toccante la quinta strofa, “It's an art to live with pain, mix the light into grey/ Lost 9 friends we'll never know, 2 years ago today/ And if our lives became too long/, Would it add to our regret – È un'arte convivere col dolore/, mischiare la luce nel grigio/ Abbiamo perso nove amici che non conosceremo mai, due anni fa/ E se le nostre vite divenissero troppo lunghe, Ciò accrescerebbe il nostro rammarico?”.

Non solo sentimenti umani in Riot Act. Nel post Torri Gemelle e invasione afgana, i Pearl Jam condannano senza mezzi termini la politica militarista del presidente George W. Bush. La canzone Bu$hleaguer lo spiega bene. A New York i Pearl Jam saranno fischiati dai loro stessi fan nel cantarla. Passano altri anni e la band inizia nuovi tour. Fa impressione constatare come siano più famosi ora degli esordi.

Nel 2011 il regista premio Oscar Cameron Crowe, amico della band fin dagli esordi, li celebra nel film-documentario Pearl Jam Twenty. È un'iniezione incontenibile di emozioni e adrenalina. C'è chi si piazza più di una volta davanti al grande schermo. In quelle oltre due ore di proiezione e canzoni, ognuno vede parte della propria vita passata, presente e futura.

La storia dei Pearl Jam prosegue. E quando te li ritroverai davanti domenica 22 giugno, non avrai la sensazione d'incontrare delle rock star distanti, ma al massimo degli amici che non vedi da un po' di tempo. Degli amici capaci di toccare con corde, tamburi e decibel quella parte nascosta di noi che confidiamo solo a pochi. Quel giorno però saremo tutti insieme. Quel giorno saremo tutti insieme a condividere e raccontare una storia comune.

la rock band americana Pearl Jam
i Pearl Jam dal vivo

giovedì 1 maggio 2014

Caetano Veloso, música do Brasil

il cantautore brasiliano Caetano Veloso
Dopo quattro anni di assenza, torna a esibirsi in Italia venerdì 2 maggio a Padova, il più grande musicista dell'America Latina, il brasiliano Caetano Veloso.

di Luca Ferrari, luca.goestowest@gmail.com
giornalista/fotoreporter – web writer




Venerdì 2 maggio il Gran Teatro Geox di Padova ospita un gigante della musica internazionale: Caetano Veloso. A 70 anni compiuti, non solo è il più straordinario artista dell'America Latina, ma può stare a buon diritto tra i grandi nomi della cultura pop-rock ancora in attività come Bob Dylan, Leonard Cohen, Paul McCartney e Brian Wilson.

Questo non solo per la sua storia (la fondazione del Tropicalismo, i dischi con Arto Lindsay, etc..) ma proprio per la sua produzione più moderna: un'autentica rinascita e reinvenzione come solo pochi riescono a fare. Sul palco, insieme a Veloso, la Banda Cê composta da Pedro Sa (chitarre), Marcello Callado (batteria) e Ricardo Dias Gomes (basso elettrico). 

Prima del concerto, un altro evento a ingresso libero. A partire dalle 18.30, nel foyer del Geox, si terrà, un incontro dedicato a Jobim e alla rivoluzione della Bossa Nova, cui parteciperà anche Caetano Veloso. Al tavolo con lui, Salvatore Solimeno, traduttore ed adattatore di "Antonio Carlos Jobim, una biografia” di Sérgio Cabral, Loris Casadei, editore di CasadeiLibri, Gabriella Casiraghi, presidente dell’associazione culturale Miles, organizzatrice del Padova Jazz Festival e Juliano Peruzy, italo-brasiliano, conduttore radiofonico, produttore discografico ed organizzatore di eventi.

Il motivi per cui  Caetano Veloso ha accettato di buon grado di parlarci di Antonio Carlos Jobim e della sua “rivoluzione dolce”, chiamata bossa nova, sono riportati in suddetta biografia di Jobim, di cui si riporta uno stralcio (pag. 126-127 della biografia) [qui si parla delle reazioni all’uscita nel 1958 di “Chega de saudade”

“(…) La grande rivoluzione fu quella che provocò nelle teste dei giovani e degli adolescenti che da li a qualche anno avrebbero dato vita  ad una delle più fantastiche generazioni di compositori sorte in tutta la storia della musica popolare brasiliana. A Santo Amaro da Purificação , nel Reconcavo Baiano, Caetano Veloso a 16 anni, abbandonò definitivamente il progetto di lavorare nel cinema per darsi alla musica. Fu un impatto a doppia reazione: la prima quando ascoltò Chega de saudade, cantata dalla cantante Marisa Gata Mansa, in un programma della Rádio Mayrink Veiga, la seconda provocata dal disco di  João Gilberto. “Fu il segno più nitido che una canzone abbia mai lasciato nella mia vita” (…) questa canzone, tutti la cantano. Ieri in Santo Amaro [da Purificação, Bahia], oggi, tutti conoscono Chega de saudade. È una canzone inno della musicalità brasiliana. E la musicalità brasiliana è molto importante (…)”.

Il feeling tra la città euganea e il Brasile appare chiaro. Dopo aver dedicato una piccola ma fortunata rassegna sull’incontro fra Brasile ed il jazz, Brasil_Jazz@Crowne,  si appresta a realizzare un “Omaggio a Tom Jobim” nell’ambito  Padova Jazz Festival 2014 (10-16 Novembre) e l’edizione italiana di “Antonio Carlos Jobim, una biografia” di Sergio Cabral, con traduzione ed adattamento di Salvatore Solimeno.

Alegria, Alegria di Cateano Veloso

Cateano Veloso (a sx) - foto Andrea Franco

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