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Visualizzazione post con etichetta Audioslave. Mostra tutti i post
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venerdì 19 maggio 2017

Chris Cornell, il taccuino del vento

Chris Cornell - due amici al concerto dei Soundgarden
I testi. La musica. La voce. Chris Cornell (1964-2017) se n'è andato. Prendo in mano ogni parola. La tua ispirazione sarà sempre al nostro fianco.

di Luca Ferrari

Chris Cornell, il cantante dei Soundgarden è morto. Si è tolto la vita il 17 maggio 2017 a Detroit. Non c'è nulla da aggiungere. Hanno scritto già in troppi. Non sono qui per dirvi cose che sapete già. Sono qua per fare ciò che ho sempre fatto. Scrivere a modo mio. Li dove è passato Chris direttamente (Soundgarden, Temple of the Dog, Audioslave) e indirettamente (Mother Love Bone, Pearl Jam), c'è un'indelebile ispirazione condita anche da ricordi condivisi, come il live dei Soundgarden a Milano, il 3 giugno 2012.

Difficile oggi non ripensare a quel giorno. Neanche tre settimane dopo sarei partito per la sua Seattle e anche se in città la presenza di quelle band che hanno fatto la Storia non è proprio palpabile, per chi l'ha vissuta dentro, eccome se c'è. Delle mie pubblicazioni, Sfregi (2009, La Versiliana Editrice) è ciò che meglio mi descrive e mi racconta. Un viaggio poetico dal 1994 fino al 2008. Lì in mezzo c'è anche lui, Chris Cornell e le sue indelebili canzoni.

Ancora prima ci furono camminate solitarie senza fine e perfino un strano destino dall'amichevole proseguo. C'è stato tutto. La furia di una posa mai concessa. La delicatezza di un capo dolcemente rimandato. Un ritorno immaginato. Siamo ancora seduti lontani nelle nostre tavole rotonde. Siamo tutti vicini a fare i medesimi pensieri. Siamo tutti sconvolti eppure mai stati così decisi nel credere alle nostre voci. Il passato è in dialogo con le stelle. Il presente imperituro si chiama:

IL TACCUINO DEL VENTO

Hai smesso di piangere
o è solo l'ennesima invasione di parole
dimenticate
sui binari del nostro primo incontro...

non ho mai creduto alle coincidenze
del silenzio/... quello
che ho vissuto dentro il sole
si è sempre rifatto
nelle ombre trascurate dalla più amichevole
pioggia

c'è un potere bambino
a cui affidare le proprie leccornie
di un domani
che ci ha tenuti uniti per così
tanto tempo...

dicano che le scogliere
appartengano ai poeti
e le conchiglie ai sognatori,
... io ci ho sempre visto
un disegno aperto
dentro cui riportare un cestino
pieno di suoni e macchie

non ero sicuro
di quello che mi stava accadendo
dentro
ma è anche insieme a te
che trovai il coraggio
d'ignorare ciò che continuavo a sentire
tutt'intorno a me

spiegazioni necessarie,
ricorrenze sopraggiunte... le
mani chiedono
uno spazio per nascondere
la loro anima... possiamo
comunque alzarci
e riprendere il cammino... possiamo
comunque sentire
il vento gelido del mattino
che si quieta
dopo il tramonto del fuoco
e un'alba
del cui temp(i) sabbioso
ci resta solo l'immortalità...
                                             (Venezia, 19 Maggio '17)

Il video dei Rusty Cage, dei Soundgarden

Sfregi - poesie imbevute di Soundgarden © La Versiliana Editrice
Soundgarden - da sx: Matt Cameron, Ben Shepherd, Chris Cornell e Kim Thayil

giovedì 28 novembre 2013

Audioslave, i fuochi di Cochise

Audioslave, il video di Cochise - Tim Commerford
Poderosa e tonante. Cochise, primo singolo degli Audioslave. Ascoltarla sotto i fuochi d’artificio del Redentore a Venezia è tutta un’altra storia.

di Luca Ferrari

“Ormai non posso più semplicemente associare questa canzone degli Audioslave al video o alla mera faccia di Chris (Cornell, ndr) quando esplode nell'urlo prima del ritornello finale” racconta la milanese Desirée, “Cochise è una tovaglia bianca per terra. Qualche birra. La gente che rincontrerai. Cochise sono due amici che hanno appena avuto la stessa idea”.

Dalle ceneri di due delle più significative band degli ultimi trent’anni, Soundgarden e Rage Against the Machine, a inizio Terzo Millennio nacquero gli Audioslave. Il nuovo gruppo era formato dagli ex-RATM Tom Morello (chitarra), Tim Commerford (basso) e Brad Wilk (batteria), con l’aggiunta del cantante made in Seattle, Chris Cornell.

Un’unione impensabile per certi versi (stile). Rap-rock politico da una parte. Rock distorto-melodico dall'altra. E i commenti infatti erano unanimi: “Qualunque cosa faranno o sarà un flop o un capolavoro”. L’attesa per conoscere il valore di questo atipico sodalizio artistico finì il 14 ottobre 2002 quando venne pubblicato Cochise, il primo singolo (con videoclip) del debut album Audioslave (Epic Records), prodotto da Rick Rubin. Il titolo della canzone si richiamava al celebre capo dei Chokonen, tribù di Apache Chiricahu, il valoroso guerriero Cochise.

Cochise è mettere le cuffie. Immaginare quel cazzutissimo video all’americana mentre partono le ultime scintille in cielo” settaccia Desirèe tra i suoi primi ricordi, “Fare headbagging mentre gli altri ti guardano strano perché non c’è musica da Wayne's World (1992) nell'aria”.

Le prime battute di Cochise sembrano introdurre alla perfezione l’inizio di una sfida, mentre tutto il proseguo potrebbe essere l’azione vera e propria tra attacchi, sangue, cadute e la vittoria finale. Confesso mi sorprende non sia mai stata utilizzata per colonne sonore per supereroi Marvel o le varie Katniss (Hunger Games).

Dopo un intro “controllato”, la musica esce dai blocchi bruciando in modo devastante. All’esplosiva chitarra si aggiungono le prime tracce di “badmotorfingeriana” memoria:  “Well I been watchin’/ While you been coughin/ I've been drinking life While you been nauseous/ And so I drink to health/ While you kill yourself/ And I got just one thing/ That I can offer”.

Trad. “…Bene, sono stato a guardare/ mentre tu hai tossito/ ho bevuto la vita/ mentre tu sei stato più furbo/ e così bevo alla salute mentre tu ti uccidi/ e ho giusto solo una cosa/ da offrire”. L’impossibile era diventato realtà. La sezione ritmica dei Rage Against the Machine e la voce melodico-rabbiosa di Chris Cornell insieme.

In un’epoca dove ormai la volgarità e l’omologazione avevano già sodomizzato a morte MTV, il video di Cochise insieme ai contemporanei I Am Mine (Pearl Jam) e You Know You’re Right (postumo dei Nirvana) furono un’impensabile e adrenalinica sorpresa. Una poderosa scossa di terremoto rock in un 2002 sempre più schiavo di scadenti video hip-pop e gangsta.

il livello sale, le cicatrici si contendono l’accesso al cielo/… la salvezza è una questione divina o un’azione da rivolgere a noi stessi?… Fingo di fare una domanda perché l’opinione degli altri non ha mai tenuto conto di dove eravamo prima che le ombre ci avessero apertamente sfidato

In perfetto stile Canzoni tra le righe, per la suddetta ragazza intervistata, Cochise nel tempo è passata da mera (grandiosa) canzone degli Audioslave a un preciso ricordo con uno scenario non così diverso da quello della spettacolare ambientazione del video musicale.

“Non posso più associare questa canzone semplicemente al video, quando Tom e gli altri entrano dentro l'ascensore e la scossa di assestamento del motore che parte per la salita segna l'inizio della canzone” dice Desiree.

E via con la seconda strofa. “Well I'm not a martyr/ I'm not a prophet/ And I won't preach to you/ But heres a caution/ You better understand/ That I won't hold your hand/ But if it helps you mend/ Then I won't stop it – Bene, non sono un martire/ non sono un profeta/ e non sarò io a farti la predica/ ma c'è una clausola/ capisci meglio/ che non vorrò fermarti la mano/ ma se chiederà aiuto, tu fallo/ poi non la vorrò fermare”

“Non posso più solo associare questa canzone alla faccia di Chris quando esplode con quell'urlo (che nel video dura molto di più che nel pezzo su cd, o almeno la mia versione dura pochissimo), con le vene che gli pulsano tra fronte e collo” continua Desirèe.

La terza strofa (di cui sopra Desy ne descrive la corrispondente scena nel videoclip) pare fatta per far rifiatare la band, ma è solo una mera illusione. “Drown if you want/ And I'll see you in the bottom / Where you crawl/ On my skin/ And put the blame on me/ So you don't feel a thing” – trad. “Vai se vuoi/ ed io ti guarderò fino in fondo/ dove striscerai/ sulla mia pelle/ e mi darai la colpa/ così tu non sentirai nulla”

“Poi un giorno Cochise non fu più solo il singolo di debutto degli Audioslave per noi orfani di RATM e Soundgarden (all’epoca). Non fu più solo l'abbraccio tra tutti i quattro componenti della band a fine canzone, che ora se ci penso, cazzo, sembra quasi la copertina di Ten (primo album dei Pearl Jam, ndr)” sottolinea Desirèe.

rock the Audioslave
Ma che cos’è allora Cochise per te, Desiree Sigurtà?

“Cochise è diventata una sera di luglio a Venezia. Alla festa del Redentore, davanti all'Arsenale. Dove quasi non si vedeva nulla tanto il bacino era intasato di barche, e un vaporetto ostruiva pure la visuale. Cochise è una tovaglia bianca per terra, qualche birra, la gente che sai un giorno rincontrerai”.

...forse ho meno sassi sotto le scarpe di quanto pensi, ma non c’è mano che non abbia patito la carenza d’innocenza/… i passi odierni che ci tengono a distanza oggi sono scivoli colorati che le stelle rappresentano nel loro sognare di essere donne e uomini…

“La canzone Cochise degli Audioslave sono due amici (di cui uno vestito con un’improbabile camicia-tovaglia) che si guardano negli occhi e hanno la stessa fottutissima idea” conclude Desiree, “quando partono gli ultimi fuochi d'artificio, parte anche Cochise”… Go on and save yourself, And take it out on me yea - Vai e salva te stesso tira fuori da me la volontà. 

Audioslave, il video di Cochise

Audioslave, il video di Cochise - Chris Cornell
Audioslave, il video di Cochise - Tom Morello
Venezia , si guardano i fuochi del Redentore ascoltando Cochise (Audioslave) © Luca Ferrari
Venezia , si guardano i fuochi del Redentore ascoltando Cochise (Audioslave) © Luca Ferrari
Venezia , si guardano i fuochi del Redentore ascoltando Cochise (Audioslave) © Luca Ferrari

mercoledì 13 marzo 2013

Canzoni, la mia storia tra le righe


Canzoni che hanno segnato un’esistenza. Canzoni che ci accompagneranno per tutta la vita. Viaggio tra le righe della loro storia e dei ricordi personali.

di Luca Ferrari

Chi nella propria esistenza non ha le sue canzoni, quelle capaci di spalancare botole temporali e sentimentali? Viaggi impensabili. Soggettivi e speciali. Ascolto la placida Coccodrilli di Samuele Bersani e mi rivedo in treno verso la città di Liverpool. Dagli anni '80 al terzo millennio. Fino ad allora ignorata, ecco The Goonies 'R' Good Enough di Cindy Lauper e mi rivedo nel 2012 negli Stati Uniti in giro per l’Oregon.

Sarà che la prima rivista musicale che lessi fu Hard! e ne fui marchiato a fuoco dalla sezione "Between the Lines" dove venivano rivelati gli aneddoti delle canzoni più famose (Sweet Child o’ Mine, One, Smells Like Teen Spirit, etc.), fatto sta che oggi è arrivato il mio turno. Raccontare le canzoni. A modo mio, s’intende.

Ma farò di più del dire qualcosa sulla storia, il cd, la band, etc. perché una canzone non può essere solo una sequenza d’informazioni e per quanto belle possano essere le varie Smoke on the Water (Deep Purple), Stairway to Heaven (Led Zeppelin), Pure morning (Placebo) o la malefica versione di Sweet Dreams dei Marilyn Manson che sia, non vi diranno niente se non ci sarà un ricordo. Un momento particolare vissuto insieme a loro.

Ovviamente se qualcuno volesse raccontarmi la sua di canzone, Live on Two Hands è a disposizione. A dare il battesimo a questa sezione, la tonante Cochise (2002) degli Audioslave e posso già anticipare che nel corso dei prossimi mesi seguiranno i viaggi umano-musicali di War of Man (Neil Young), Freedom (Timoria), Jeremy (Pearl Jam), E-Bow the Letter (R.E.M. & Patty Smith), I fought the Law (Clash) e tante tante altre ancora.

I only know my mind
I am mine

I am Mine, by Pearl Jam

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