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Visualizzazione post con etichetta Iron Maiden. Mostra tutti i post
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sabato 6 maggio 2023

Iron Maiden, live Trieste 1998

Janick Jers (Iron Maiden) © Iron Maiden 666

Il 6 maggio 1998 gli Iron Maiden tennero un adrenalinico concerto a Trieste con gli Helloween. Momento cult, la doppia sgridata di Janick Jers al sottoscritto. 

di Luca Ferrari

Ah, bei tempi quando i concerti rock si tenevano nei palazzetti senza le insopportabili calure estive e i prezzi erano ragionevoli. Oggi solo mega eventi, temperature impossibili e prezzi quadruplicati (almeno)! 25 anni fa esatti, il 6 maggio 1998, mi recai insieme a quattro amici, due dei quali "compari del Servizio Civile" che in quel momento stavo svolgendo, a Trieste per vedere gli Iron Maiden, freschi dell'album Virtual XI. Quello sarebbe stato l'ultimo disco con Blaze Bailey alla voce prima del ritorno dei figlioli prodighi Bruce Dickinson e Adrian Smith. A rendere ancora più invogliante il concerto, le band di spalla: i britannici Dirty Deeds (buffo, mi ricordavo My Dying Bride, ndr)e soprattutto i tedeschi Helloween. Tutto era pronto per un'epica serata e così fu, come nessuno avrebbe potuto immaginare. 

Erano passati appena due anni e mezzo dalla mia prima incursione al cospetto degli Iron Maiden, sempre in Friuli, ma all'epoca a Pordenone per il tour dell'album The X Factor (1995). Le cose purtroppo non stavano andando molto bene e il fisico ne stava pagando l'amaro prezzo. Lo dico molto schiettamente. Andare a vedere un concerto in quella fase della mia vita, non fu per niente una passeggiata. Per di più in macchina e in compagnia. Limitando al minimo la consumazione di cibo e sigarette, mantenni un profilo molto basso, limitandomi ad applaudire, cantare ma senza esagerare in salti e sudate varie. Insomma, ero sugli spalti, ma più che a un concerto rock, sembrava che fossi a fare la merenda in una sala da tè e... qualcuno in effetti, se ne accorse!

Quel qualcuno non era qualche metallaro come due scatenati poco distanti a me, che dopo avergli prestato l'accendino, volevano quasi adottarmi, ma proprio lì sul palco. Adesso immaginate un'arena piena zeppa di giovani e meno giovani indemoniati. In questa marea umana, un "bischero" seduto con la testa appoggiata sulla mano destra. Dal palco il chitarrista Janick Gers mi vede, si ferma un secondo, e puntando alla mia direzione mima il gesto della testa sulla mano. La mia amica vicino a me, urla sbigottita: Luca, sta indicando te, alzati immediatamente!!! Non ho parole. Mi rimescolo nel marasma ma Janick ormai mi tiene d'occhio e quando sento nuovamente il bisogno di fermarmi, lui si mette le mani sui fianchi arrabbiato fissandomi, con nuovamente la mia amica a strillarmi di darmi una mossa (svegliata).

Album molto sottovalutato Virtual XI, e troppo ingiustamente classificato come uno dei peggiori della band inglese, l'ultimo per altro a cinque elementi: Blaze Bayley (voce), Dave Murray e Janick Jers chitarre, Nico McBrain (batteria) e Steve Harris (basso). The Clansman, il pezzo più potente dell'album, ormai fa parte del repertorio anche di Dickinson, e canzoni come Futureal, Como estais amigos raccontano un'evoluzione della band comunque sempre legata alla propria storia. In contemporanea gli Helloween portavano in tour il loro ultimo lavoro Better Than Raw (2018), trainata da I Can e Time su tutte. Grande carisma il cantante tedesco Andi Deris, voce della band dal 1994, che ben orchestrava il pubblico con non poca simpatia, mentre il bassista Markus Großkopf, lo incontrammo fuori dai cancelli, prodigandosi in strette di mani e autografi.

Il concerto finisce e tutto sommato sono felice. A dispetto di tanti dubbi, il mio fisico ha comunque retto bene. Ho visto per la seconda volta gli Iron Maiden, la band con cui ho iniziato ad ascoltare il rock. Ho con me una bellissima t-shirt bianca e rossa che indosserò per parecchi anni fino alla sua consunzione. Insieme a noi c'è anche un ragazzo che abita sull'isola di Burano (epico il suo schietto commento in dialetto sulle mie discutibili doti canore mentre canticchiavo "Under the Bridge" nella pausa tra Helloween e Maiden, ndr). Mentre io e la mia compare c'incamminiamo verso San Marco dove troveremo un battello per il Lido, lui ha dovuto vagabondare per un paio d'ore in attesa del primo mezzo per casa. Questa era la vita a Venezia fino a non tanto tempo fa. Adesso per fortuna ci sono molti più mezzi. Adesso però, torniamo a quel giorno, agli Iron Maiden e un'infusione di poetico presente...


LA TRINCEA DEL'ACCORTEZZA DILANIATA

i danni del potere

e le braccia in posizione di resa

… mi sono trattenuto

per gran parte

della mia vita… mi

sono piaciuto

solo per pochi momenti

della mia resistenza,

ho interrogato

qualche serratura e ancora oggi ricordo il silenzio

annientamento di bolle,

la bolla si era incagliata

e l’ossigeno del sole

si fece un gesto deicida

… quando le mie

lacrime hanno iniziato

a farvi avere dei dubbi,

non ve l’ho mai sentito dire

hai mai avuto un’idea 

che nascesse dalle

condoglianze alla libertà?


… ogni riflessione

sui ponte levatoi è un incontro

fatale con gl'inferni

sospesi…


voglio vederci chiaro.. non m’importa

dei girasoli

che calpesteranno le vele ammainate,

non m’importa

delle collisioni angeliche

o l’educazione di qualche tuono

estemporanei

…  continuo sulla strada

che intendo... Intercedo tra le trincee sbriciolate

e nuove prospettive di memoria

(Venezia, 6 Maggio '23)

Iron Maiden, live Trieste '98

Il biglietto del concerto con tanto di commento post live © Luca Ferrari
Articolo del tour degli Iron Maiden incollato su agenda © Luca Ferrari

venerdì 5 agosto 2022

Fear of the Dark, l'innocenza oscura degli Iron Maiden

Il disco Fear of the Dark degli Iron Maiden

Il mio battesimo col rock iniziò trent'anni fa esatti, nell'agosto 1992. A scandire la rivoluzione culturale, gli Iron Maiden e il loro ultimo album (all'epoca), il capolavoro Fear of the Dark.

di Luca Ferrari

“When I'm walking a dark road/  I am a man who walks alone” finiva così l'ultima canzone di Fear of the Dark, l'omonimo album del gruppo heavy metal inglese, Iron Maiden. Una strofa che senza saperlo, nei miei timidi 15 anni, avrebbe presto segnato il mio imminente futuro. Già, perché quello storico (e strepitoso) album (1992) fu il primo disco rock che ascoltai per intero. Arrivatami in mano da un amico d'infanzia sotto forma di cassetta duplicata, ci misi poco a dimenticarmi di Beatles e The Doors, trovando nel rock contemporaneo la mia dimensione più autentica. Perché un sound mi potesse davvero entrare dentro, c'era bisogno che la band che sentissi mia e la potessi vivere nel mio tempo.

E prima ancora di fare la conoscenza Guns 'n' Roses, Nirvana e Pearl Jam, arrivarono loro: gli Iron Maiden, con uno dei loro migliori album in assoluto: Fear of the Dark, tanto melodico quanto oscuro. Formazione in forma smagliante con Bruce Dickinson alla voce, Dave Murray e Janick Gers alle chitarre, Nico McBrain alla batteria e Steve Harris al basso. L'anno successivo mi sarei comprato la prima t-shirt a tema, la copertina dell'album The Number pf the Beast, e non potevano che essere loro, nel dicembre 1995, a mutazione rock completata, la prima band che avrei visto dal vivo, con Blaze Bailey alla voce al posto di Bruce Dickinson, in un epico concerto al palazzetto dello sport di Pordenone

Tornando al soggetto dell'articolo, Fear of the Dark contiene 12 tracce. Una dopo l'altra, si ascoltano tutte d'un fiato.

  1. Be Quick or Be Dead – 3:25 (Bruce Dickinson, Janick Gers) 
  2. From Here to Eternity – 3:38 (Steve Harris) 
  3. Afraid to Shoot Strangers – 6:56 (Steve Harris)
  4. Fear Is the Key – 5:36 (Bruce Dickinson, Janick Gers) 
  5. Childhood's End – 4:40 (Steve Harris) 
  6. Wasting Love – 5:51 (Bruce Dickinson, Janick Gers) 
  7. The Fugitive – 4:54 (Steve Harris) 
  8. Chains of Misery – 3:38 (Dave Murray, Bruce Dickinson) 
  9. The Apparition – 3:54 (Steve Harris, Janick Gers) 
  10. Judas Be My Guide – 3:09 (Bruce Dickinson, Dave Murray) 
  11. Weekend Warrior – 5:40 (Steve Harris, Janick Gers) 
  12. Fear of the Dark – 7:15 (Steve Harris)
All'epoca i cd erano un lusso che non tutti si potevano permettere e il più delle volte, la propria discografia era composta da cassette non originali, dando poi sfogo alla propria verve grafica nel ricopiare con pennarelli le copertine originali. Ricordo ancora che in quella MC, la prima canzone del lato B era The Fugitive. Questa, così come la prima track del disco mi entrarono subito in circolo, seguite dalla commovente Afraid to Shoot Strangers e la canzone omonima del disco. Iniziai un ascolto e poi un altro ancora. Fu così per tutto quell'agosto di trent'anni fa. Chiuso nel mio walkman, una forza nuova si stava facendo strade dentro di me, disegnando nuove costellazioni e raccogliendo pezzi di stella abbandonati. 

The fugitive, il fuggitivo. Penso di essermi sentito così per molto tempo e una parte di me lo è ancora. In fuga dalle mie debolezze. In fuga da persone spregevoli. In fuga da tutto quello che non rendesse giustizia al mio dolore nascosto. Le prime parole del testo erano così cupe e autunnali, perfettamente in linea con una parte della mia natura. On a cold October morning/ As frost lay on the ground/ Waiting to make my move/ make no sound. Un rock pestato e duro. Sì, in qualche modo gli Iron Maiden diedero il via alla mia fuga "statico-cida". Allentarono catene. Certi dolori non si cancelleranno nemmeno con l'amore di chi ti sta accanto, e lo so bene, e allora, prima del ritornello finale, scandisco queste parole e le faccio nuovamente mie: But if I ever prove/ My innocence some day/ I've got to get them all to make them pay.

Curiosità sul mio rapporto coi Maiden. Ci sono momenti in cui c'è bisogno di fermarsi. Cambiare per ritrovare ciò che si è. Accadde a Bruce Dickinson, partito per diversi e differenti progetti solisti (5), destinati a terminare quando capì che era tempo di ricongiungersi con la sua natura metal. Accadde anche al sottoscritto, che dopo quasi un biennio alla ricerca di sonorità meno datate, ritrovò la perduta via proprio grazie un album degli Iron Maiden, o meglio l'album del ritorno di Bruce Dickinson e Adrian Smith negli Iron Maiden, Brave New World (2000). Prima di chiudere, un ulteriore dettaglio su Fear of the Dark, perché non fu solo la musica a legarmi a questa band, ma anche la componente umana.

Fear of the Dark ha una copertina a dir poco fantastica. Il mostro Eddie prende vita da un albero con una sinistra espressione. Agli sgoccioli di una vita smarrita, mi capitava di vedere spesso una ragazza che indossava una maglietta a manica lunga nera con riprodotta l'intera copertina dell'album. Lì per lì non potevo saperlo, ma nel giro di qualche mese ci conoscemmo, diventammo grandi amici, andando insieme a vedere gli Iron Maiden due volte. Oggi, a distanza di 30 anni dall'uscita di quel disco fantastico, siamo ancora grandi amici, e chissà, magari un giorno, se i Maiden dovessero tornare dalle nostre parti, potremo aggiornate i nostri live. Nell'attesa, mi riconnetto con i miei pochi anni di allora, chiamando al cospetto della mia ispirazione, quello che ho dannatamente dentro e molto di più...


“When I'm walking a dark road/ I am a man who walks alone”

eternità da ruscello, infanzia tradita... ho cancellato

tutte le vostre traduzioni,

sono rimasto al buio

e ho avuto ancora paura, non c'erano stelle né dispersivi buchi neri…sono rimasto

all'ombra del sangue lacerato … mi sono strappato

le radici... quando le montagne

si sono sbriciolate

non ho voluto spostare

le mie ragioni… dovreste

riconoscermi anche voi,

dovreste farmi sapere

quanta pelle della mia anima

è ancora attaccata

ai vostri coltelli… i passi

si fanno espressioni privatizzate

e personali… a tutte

quelle nuvole

che hanno lasciato libero spazio

ai rigurgiti, non ho rime ma solo secchi di vernice

che non smetterò di portarmi

appresso


ho dato abbastanza prova

della mia reticenza all'amnesia?

vi ho dato l’impressione 

di non capire

quello che mi ha spinto

a sfidare la ghiaia

dei precipizi… lo sento solo io

il calore degli oceani assiderati

oppure un giorno

qualcuno mi convincerà

che dietro

la mia nuca non è mai esistita

alcuna illusione

(Venezia, 5 Agosto ‘22)


Iron Maiden - Fear of the Dark live 1992

sabato 22 gennaio 2022

Helloween, la vita di Where the Rain Grows

Andi Deris vce degli Helloween (1995)

L'acqua delle lacrime è l'immortalità della vita. Non la dimenticherò mai! La mia dedica si lib(e)ra tra le nuvole e il mare, con Where the Rain Grows (Halloween).

di Luca Ferrari

Ti ho incontrato quando nemmeno io mi sarei dato una possibilità. L'ho incontrata per la prima volta e da sopra quella finestra sul canale, sono sicuro non mi abbia mai osservato. Ha superato curve, e ci siamo rincontrati. Quando ancora mi perdevo per quei vicoli dal nome specifico, sapeva rispondermi parlando di sensibilità. Non avrei mai voluto che arrivasse questo giorno. Il dolore per la sua scomparsa non lo potrò mai dimenticare. Piccoli frammenti di poesia si uniscono. Ricorderò di lei la vita che ha sempre ispirato. 

Voce gentile e amichevole quella degli Helloween, incontrati sul mio cammino nell'autunno 1995, pochi mesi dopo aver fatto la conoscenza di un uomo. Un padre, e molto altro ancora. Tre anni dopo avrei visto la metal band tedesca dal vivo a Trieste, insieme agli Iron Maiden. Quello però era un tempo diverso, più difficile. Nel corso degli anni la band formatasi ad Amburgo nei primi anni Ottanta è sempre rimasta nelle mie simpatie, scrivendo talvolta pagine molto intense attorno alla mia vita, come accadde con la profonda In the middle of a Heartbeat, dall'album (Master of the Rings, 1994).

Adesso è il turno Where the Rain Grows, tratta dal medesimo discoQuasi un'invocazione, una corsa di adrenalina e speranza. Ci ho pensato un po' prima di sceglierla. Volevo qualcosa che mi ricordasse la vita, perché è quello che ho sempre sentito nelle sue parole. Poteva essere una conversazione, o qualche scampolo di parola lungo una Fondamenta. Sentivo sempre l'entusiasmo di chi aveva/ voleva molto dal mondo che si era creato. Mi ricorderò sempre di lei. "I know where the rain grows/ I'm back from where the rain grows" canta la voce melodica di Andi  Deris. Sono tornato per dirle addio e promettere che non mi dimenticherò mai di lei.

MANO NELLA MANO CON LA PIOGGIA Velo le sue ali,  perché me ne sono sempre andato così… portasigari usati come matite, l’ho imparato nel tempo  Nelle parole di quella  giovane ragazza, c’era un tappeto natalizio e loro a giocarvi sotto il tavolo... Lei, doveva essere poco più in là... La curiosità è sempre stata la mia diffidenza, l’immortalità la mia vocazione… lo avevo anche impresso, e lui mi riconobbe…E così avrebbe fatto ancora, dagli ingorghi sospirati passando per il fango più scivoloso fino alle passeggiate più familiarmente arcuate Le potrei dire che non ho pianto ma le bugie non hanno mai rappresentato un cappello per i miei pensieri… Non mi farò annunciare dalla luna, stanotte… Il sole dovrà attendere, lascerò le mie mani inermi ancora un altro giorno, poi chiederò alle estremità di setacciare gli uragani rimasti … e le stelle prenderanno il posto della pioggia… e una stella si è appena accomodata dentro i loro cuori.. Un pezzo di carta colora ancora gli auguri più appartati... Io vedo oltre, avanti... il domani è per sempre... (Venezia, 14-20Gennaio '22)

Helloween, Where the Rain Grows

domenica 11 luglio 2021

Iron Maiden, Run to the "Wins"

Gli Iron Maiden alla conquista d'Europa

Per la finale di Euro 2020 tra Inghilterra Italia, i tifosi di Sua Maestà dovrebbero accogliere i giocatori scandendo una "rivisitata" Run to the Hills degli Iron Maiden.
 
di Luca Ferrari

Ma quale God Save the Queen, stasera i tifosi inglesi insieme ai loro giocatori dovrebbero accogliere gli Azzurri cantando a squarciagola la leggendaria Run to the Hills, degli Iron Maiden, ovviamente con qualche piccola modifica.  Sperando che Sua Maestà Steve Harris, il bassista-fondatore della band, il cantante Bruce Dickinson, il batterista Nick McBrain, i chitarristi Dave Murray, Janick GersAdrian Smith", non se la prendano. E allora tutti insieme, "Run to the "Wins":

"Italians came across the sea
They brought us fouls and injury
they hissed our team, they want our need
they took our game for their own lead
We face them hard, we fight them well
With soccer ball, we gave them hell [...]"..

Ok, dai. Adesso ascoltiamoci un'adrenalinica versione live con il testo originale, in attesa di rivederli presto dal vivo in Italia il 7 luglio 2022 a Bologna.

Iron Maiden, live Run to the Hills

mercoledì 2 dicembre 2020

Iron Maiden, live The X Factor 1995

Iron Maiden - (da sx) Nico McBrain, Steve Harris, Blaze Bailey, Dave Murray, Genick Gers
Il 2 dicembre 1995 al Palasport di Pordenone, gli Iron Maiden col nuovo cantante Blaze Bailey portarono in tour il nuovo album The X Factor (1995). Un concerto "heavy epico".

di Luca Ferrari

Il rock aveva iniziato a scorrere possente e straripante dentro la mia anima. Adesso era giunto il momento di fare sul serio. Adesso era arrivato il giorno del mio primo grande concerto rock e non potevano essere che loro a "battezzarmi", gli Iron Maiden. Una band sentita vicina fin dalle prime immagini e note. Non ancora diciannovenne, salii in macchina insieme a una mia amica, i cui gentili genitori ci accompagnarono fino in Friuli. Loro a passeggio e a mangiarsi una pizza, noi stretti in coda per almeno un paio d'ore in attesa di entrare. Il 2 dicembre 1995, al Palasport di Pordenone sbarcarono gli Iron Maiden orfani del "fuggitivo" Bruce Dickinson, pronti a conquistare il pubblico con il nuovo cantante, l'ex-Wolfsbane Blaze Bailey

Ho passato sullo scanner gli articoli di giornale incollati su di una delle mie tante e vecchie agende. Non ho voluto rileggere nulla. Qui parliamo di emozioni ancora vivide dentro di me. Inizia lo show. Non fu una giornata particolarmente fredda ma gli ottobre primaverili di questi ultimi anni durante i Nighties erano un'utopia. Mentre si aspettava, cercavamo qualche faccia magari conosciuta. Niente telefoni. Niente di niente. Si aspettava cantando e parlando. Nulla di più. Poi ecco qualcuno come noi, proveniente dal Lido di Venezia. Un amico che già parlava di voler vedere i Megadeth. Un ritrovarsi lontano rimandando all'indomani la condivisione del dopo-concerto.

Ci siamo. Inizia lo show. Aprono le danze i fedelissimi e possenti scozzesi The Almighty di Ricky Warwick, spesso in tour con i Maiden. Indimenticabile le espressioni del gasatissimo bassista Floyd London. Fino a quel momento eravamo tutti seduti in platea. Ricordo un po' la mia sorpresa al riguardo. Dopo il break, ecco le luci spegnersi. Come un esercito, pacifico e metal, d'improvviso tutti si tirarono subito in piedi alla prima nota di Sign of the Cross, direttamente dal nuovo album The X Factor, perfetta per iniziare un live. E non appena la musica salì di tono, la ressa fu talmente potente che dovremmo spostarci sugli spalti, godendoci il concerto comunque alla grande.

Non posso citare con esattezza le canzoni che suonarono. Per la scaletta ci sono gli articoli qui incollati e internet. Falling Down e Lord of the Flies del nuovo album, di sicuro, e le ricordo bene. Dei pezzi storici Run to the Hills, di cui anni prima mi ero comperato una t-shirt senza quasi conoscerli, e poi Hallowed be Thy Name, e la poetica Fear of the Dark, dall'omonimo album (1992). Un minicerchio della mia vita personale è racchiuso in quest'ultimo disco. Non solo fu il primo album rock che ascoltai ma la mia compagna di concerto con cui scandimmo le canzoni dei Maiden a Pordenone, la conobbi al tempo in cui indossava una maglia a manica lunga con la copertina (splendida) di quello strepitoso disco.

Una squadra perfetta quella degli Iron Maiden. Un Blaze Bailey galvanizzato cui i metal fan più esigenti gli riconobbero carisma ed eccellenti qualità canore. Al suo fianco, i due chitarristi Dave Murray (solista) e Janick Gers, infaticabili esecutori di riff e corse su e giù per il palco. Alla batteria, come sempre Nicko McBrain. E il direttore d'orchestra, ovviamente lui, il fondatore della band: Steve Harris. Fu il primo che vidi apparire sul palco. Ricordo con estrema nitidezza che pensai subito: "My god, è quello delle riviste di musica" (in riferimento a una copertina sul mensile HARD! dove era in prima pagina insieme al cantante dei Guns 'n' Roses). La musica degli Iron Maiden l'ho sempre sentita amichevole e sincera.

Le mani alzate. Il romanticismo degli accendini. Il mostruoso Eddie. Gli applausi scroscianti. E d'improvviso da quel pubblico visto nei videoclip in televisione, adesso c'eravamo anche noi. E poi il ritorno in due tappe poiché all'epoca non c'erano più ferryboat per raggiungere le nostre case. E anche quello fu parte autentica del concerto. Nel ripensare, riascoltare. Parlarne. Immaginare anche il futuro, se li avremmo ancora ascoltati (e visti) a distanza di anni. Lasciammo la macchina, e poi via di passeggiata fino a piazza San Marco (non esattamente due passi) per prendere il vaporetto. Niente app per controllare orari. Solo il passo svelto con la speranza di non dover aspettare troppo ma ehi, avevamo appena visto gli Iron Maiden. Che cosa si poteva chiedere di più in quel momento?

Il rock aveva cambiato la mia vita per sempre. Con la sola eccezione del corale Beach Bum Rock Festival di Jesolo (4-6 luglio) vissuto pochi mesi prima, il live degli Iron Maiden a Pordenone il 2 dicembre 1995 fu il mio primo grande concerto. Fu un'emozione indescrivibile. Mi sentivo a mio agio lì nel mezzo e allo stesso tempo stranito durante la performance, chiedendomi continuamente come si potesse assistere a un simile spettacolo e tornare poi alla vita comune come se niente fosse ma quello era il tempo delle domande infinite. Quello era il tempo di un'epica tutta da scrivere e del dolore umano più autentico, sviscerato da atroci ferite del passato che il rock mi aiutò a prendere definitiva coscienza. Adesso ci camminavo dentro e da allora non mi sarei più fermato.


DICHIARAZIONE LIVE DEL MIO SANGUE SGOMINATO


Frastuono esteso 

in un'alba  di emancipazione ribelle 

e ordinata... Carovana

senza incomprensioni emotive... Presi 

il mio tempo, sono consapevolmente libero

di far combaciare il mio sangue...


Tengo strette la mie paure,

ne ho ancora una moltitudine

e le grida adesso

sono caverne senza nuvole né silenziatori


Sulla mia piccola strada

c'era ancora qualche strascico di fede,

nessuna insenatura affilata

e qualche pagina umida

dei giorni rimasti... sulla

mia testa l'esplosione

un flusso continuo... Non

sono ancora pronto

per raccontarvi così tanto

di me stesso... Sono sempre 

più confidente

a togliere ogni rampone dalle montagne

e chiarirmi con la mia dipendenza

di libertà... Sono in ascesa spropositata

contro chi mi ha sepolto vivo


Schizzano saette

da uno sguardo all'altro... Siamo

tutti arrivati

nello stesso macro-secondo... Lo

spettacolo domani

sarà già un altro crocevia

e avrò di nuovo chiuso

la mia porta... A quali risposte

potrò appellarmi

per evitare lo scontro quotidiano?

Quello fu l'inizio

della mia strada... Quella

fu la regola

a un'esternazione disciolta... L'isolamento

di una cascata

è la nostra isola di purezza... Il sangue

non è più un tesoro di cui (ir)ridere,

adesso 

stavo cominciando a dire chi fossi...

(Venezia, 2 Dicembre '20)


Iron MaidenMan on the Edge

L'articolo degli Iron Maiden prima del concerto a Pordenone © Luca Ferrari
Il biglietto del concerto degli Iron Maiden © Luca Ferrari
L'articolo sul concerto a  Pordenone degli Iron Maiden © Luca Ferrari

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