Mariah Carey |
di Luca Ferrari
Leggiadria. Raffinata bellezza. Spensieratezza. Il natale canoro di Mariah Carey è qualcosa che conquista. Troppo accattivante la musica. Troppo dolce lei nello sguardo e nelle movenze e una canzone, All I Want for Christmas is You, capace di entrare nel cuore anche dei più duri e riottosi. Era l'inverno 1995-96, in un gravoso universo oscuro fatto in particolare di canzoni di Metallica, Alice in Chains, Nirvana, Megadeth e le strazianti lyrics di Pearl Jam, in mezzo c'era anche lei. Tenero bagliore (argine) in un universo personale ormai dilaniato da sentimenti difficili e appassiti, consapevolezza di un mondo votato all'autodistruzione.
L'album Merry Christmas uscì a, nel 1994. La cantante newyorchese, all'epoca ventiquattrenne, lo dedicò interamente al natale. Lei, Mariah Carey, con quel suo candido correre in mezzo alla neve, riusciva a farmi sognare qualcosa di differente. Quello era un tempo dove il 25 dicembre aveva smesso di essere un momento di gioia e condivisione. Più di tanti altri giorni, i demoni della solitudine e di un futuro impossibile, non mi diedero tregua neanche in quella notte. Lì nel mezzo di quella tormenta di pietre, c'era anche lei. Da sempre amante & fabbricatore di mix di canzoni, nella mia Winter 95/96 di 120 minuti aveva trovato posto Mariah Carey,
Mariah Carey esce dal camino. Gioca con Babbo Natale. Tutta vestita di rosso, scende con la slitta e incespica nel manto bianco. E' giovane. Era impossibile non guardarla senza sentirsi pervasi da una carezza di dolcezza. Niente luoghi comuni. 4 minuti di emozioni innocenti a prova di qualsiasi funesto pensiero. Quell'album poi, lo comperai finalmente anche in cd. Parecchi anni dopo, durante la mia prima traversata atlantica in terra statunitense. Lo acquistai poco prima di tornare a casa, all'aeroporto Newark dopo aver ammirato le nevi amichevoli della Pennsylvania. Quella però, è un'altra storia musicale. Per il momento, buon natale a tutti.
TUTTO QUELLO CHE VOLEVO ERA UN FRAGILE DOMANI
Cadono strali dentro il cielo… L’indifferenza
ha bruciato
l’ultimo gradino della
terra rimasta… Provo
a guardami indietro… Gioco
a dadi senza regole
nascosto nel gelo dei
tanti ieri
incatenati... un senso di
ripartenza
monocorde… Provo
a prendermi per mano, ma
non posso andare avanti
ancora per
molto… Qualcosa sta
finendo,
qualcosa si è già spento
per sempre…
Le stelle in quel tempo
non erano diverse da quei
sogni
svenduti per una scialuppa
senza imbarcazione… E tu
cosa ci facevi là
in mezzo? In che modo
il deserto prese a germogliare
sui rostri minacciosi
di un'epidemia emotiva e sminuzzata?
Le direzioni del mondo
erano tutti
nemici del mio buongiorno…
Tu
eri là, a chiedermi
di tornare… A ispirarmi
di rimanere sulla sabbia
senza rendere le mie orme
un implume naufragio
senza circostanze
né tazze di cioccolato… Mi
ricordo di te,
anche se non ci siamo mai
incontrati… Mi ricordo
di quelle notti
dove esistevano solo
grotte
e luci annacquate
di veleni umani… Ricordo il
silenzio
assordante della mia vita
e le tue parole
avevano la forza di saltellare spensierate
nell’infinita e quotidiana apocalisse
(Venezia, 21 Dicembre ’19)