La copertina di Then Comes the Sun (2001, Elisa) |
di Luca Ferrari
Quel momento arrivò inaspettato, com'è tipico delle relazioni umane più magiche. Nell'ennesima metamorfosi della mia vita, rincontrai un'amica della scuola di restauro a Venezia (UIA), e in una fredda giornata d'inverno andammo insieme a visitare la gipsoteca del Canova a Possagno (Tv). Sulla strada del ritorno, mentre mi riportava in stazione, alla radio passò Heaven Out of Hell. Complice la calda atmosfera malinconica della spoglia campagna veneta, insieme all'immagine interiore di un paradiso che sgorgava fuori da un inferno (esattamente quello che stavo cercando di fare dentro di me, ndr), la canzone iniziò a farsi strada nelle mie ispirazioni. Il 2002 sarebbe stato un anno scandito dalla musica di Elisa, insieme alla quale avrei abbandonato la laguna per trasferirmi a Firenze, iniziando la professione di giornalista.
Dopo averla vista in televisione durante un grandioso live su MTV Supersonic in cui presentò il suo ultimo disco, negli anni successivi ebbi la fortuna di vedere Elisa quattro volte dal vivo: la prima, nel 2002, al Folkest di Spilimbergo (Pn), dopo un interminabile viaggio iniziato sulle rive dell'Arno e terminato con autostop per raggiungere la meta del live. A teatro, nel capoluogo toscano per il tour di Lotus (gennaio 2004), al cui termine della performance riuscì a consegnarle un book di poesie (rilegate) e tutte ispirate dalla sua musica; una terza volta dalle parti di Conegliano e infine inviato stampa live a Piazzola sul Brenta (2014).
Then Comes the Sun fu l'album che fece fare il definitivo salto di qualità a Elisa, passata negli anni successivi a una dimensione più popolare e purtroppo, lo dico unicamente a titolo personale, alla lingua italiana. In Then Comes the Sun l'artista è ancora una giovane musicista che ha voglia di sperimentare e sorprendere, con retrovie emozionali e autostrade sgangherate dove far risplendere dolore e arcobaleni. Io e Heaven Out of Hell ci prendemmo per mano, un giorno, per caso. Camminammo silenziosi per mesi, poi a un certo punto iniziammo a confidarci e da allora non abbiamo più smesso.
Una curiosità "follemente" personale su questa canzone. Nel mio immaginario di mia rock band, che mai ho fondato e mai fonderò, il nome lo avevo scelto: nato proprio tra questi versi e sarebbe stato Heleven, crasi da Hell (inferno) e Heaven (paradiso), ossia le due realtà che viviamo quando proviamo delle emozioni. Deliri tardo-adolescenziali a parte, adesso potrei andare a ripescare qualche vecchia poesia scritta in passato e ispirata dalla musica di Elisa, invece no. Da parecchio tempo non ascolto Heaven Out of Hell, e adesso è anche la stagione ideale per intingersi in quell'atmosfera. Me la sto ascoltando proprio in questo istante, regalando qualche intenso minuto di poesia a me, a te (Elisa) e a tutti voi:
SOGLIE DI STELI SABBIOSI
… è troppo presto
per sperimentare una vera emozione?
Vorrei poter esprimere
liberamente le mie lacrime
senza reclami
di ottuse lettere dell’alfabeto...
Farò così… penso che farò
ancora così… Penso
che farei così
se tu fossi accanto a me, e volessi
aggiungere una spiegazione alla libertà
dei mie boomerang sopravvissuti
Sento le mani rimbombare
… seguirò la soffice corrente
di questo ruscello, e poi
un altro ancora… Mi
nasconderò dalle grotte
in qualche presagio
di sole... Prenderò una decisione
e mi lascerò trovare
Non chiedermi il perché...
le mie tracce
non sono state abbastanza... continueremo
a stare lontani,
e il mondo ci sorriderà comunque
Sussurri
dentro il cuore... le rocce
che ancora opprimevano
le albe scalcinate,
arroventavano il tempo
che non ne voleva sapere
di rinunciare alle catene e agli spiragli...
In quale momento delle nostre parole
si sono fatte da parte
le stelle?… Questo è il nostro giorno..
Storie ancestrali
di muri caduti
e abbracci risorti… e il vento
ci depistò, disteso, danzando...
(Venezia, 9 novembre 2021)
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