Il 19 luglio 1994 scrissi la mia prima poesia. Trent'anni dopo celebro le mie parole con il sound distorto della scena underground di Seattle, Come on Down (Green River).
di Luca Ferrari
Un'emozione potente e annichilente. Un bagliore di oscurità veritiera e autentica. L'inizio di un viaggio fino a un attimo prima, nemmeno immaginato (né desiderato). Il 19 luglio 1994 la penna colpì la carta per la prima volta. Tutto il resto, adesso, sono trent'anni successivi. E se non avessi iniziato a scrivere, che cosa avrei fatto? Me lo sono chiesto ogni tanto. C'è stato un tempo in cui mi sentivo un predestinato. Solevo ripetere "Non ho una vita, ho un destino". Nel giorno in cui 30 anni fa ho iniziato a scrivere, raccolgo un po' le idee ma il mio pensiero è uno scorrere impetuoso nel presente, sguazzando felicemente nella vita che mi sono costruito anche grazie alla penna, sebbene con alterne fortune. A coronare questo giorno, una band di cui non avevo mai scritto fino ad ora su Live on Two Hands, eppure di fondamentale importanza (non solo per il sottoscritto). Il gruppo che diede un contributo cruciale alla scena alternativa della Seattle di fine anni '80/primi anni '90, i Green River.
Come On Down inizia semplicemente distorta, garage e punk. La potenza sale, poi seguita da un cantato quasi biascicato-sussurrato e quindi esplode in un fragore di decibel tra rabbia sonora e delicatezza verbale. All'epoca della mia prima poesia, il 19 luglio 1994, non avevo la minima idea di chi fossero i Green River. Ci sarei arrivato di lì a un paio d'anni, eppure quando ho pensato a quale canzone potesse celebrare al meglio i miei 30 anni di scrittura, mi è subito venuta in mente Come On Down, primo singolo dell'omonimo EP (1985). I motivi di questa scelta sono piuttosto elementari. È la prima canzone pubblicata di una band che diede poi vita a quel movimento rock che segnerà per sempre la città di Seattle. È una canzone che parla di andare giù in senso metaforico, e nulla come il rock mi ha trascinato in un'altra dimensione. I componenti sono alcuni dei musicisti che ascolto da una vita e che ho stimato fin dagli albori, a cominciare dal cantante Mark Arm, e il chitarrista solista Steve Turner, poi entrambi nei Mudhoney. Due persone che ho avuto l'onore di incontrare in quella che è stata l'intervista più sentita di tutta la mia attività giornalistica.
L'altro chitarrista dei Green River è Stone Gossard, futuro membro dei Mother Love Bone, Temple of the Dog e Pearl Jam, sempre al fianco del bassista Jeff Ament, Green River inclusi. Mi è sempre piaciuto Stone perché lontano anni luce dagli stereotipi della rock star. Un viso qualunque della porta accanto capace di suonare in modo strepitoso. I suoi progetti paralleli ai Pearl Jam hanno sempre prodotto musica di altissimo livello, a cominciare dai Brad del compianto Shawn Smith (1965-2019). Stone Gossard è per certi versi l'emblema del rock come l'ho sempre sentito. La semplicità al potere. Come On Down fu l'inizio per la Seattle più conosciuta, e oggi, trent'anni fa, andava in scena il mio battesimo delle parole. Guardate la foto in primo piano. Scrissi il verso della canzone (sbagliato) in una di quelle eterne giornate solitarie senza nessun avamposto verso il domani. Appiccicato sul vetro del bagno. Una di quelle notti dove la bussola dei sogni s'incastrava tra sali e scendi ed ermetismi più estremi.
"Lift your eyes to the skies above
Come on in, feel my love
A little bit here,
a little piece there
Pieces of love everywhere... [...]
Sinceramente non ho idea se il video qui riportato da Youtube fosse quello originale, ammesso che ce ne sia mai stato uno, o meno. L'ho visto e mi è piaciuto. L'ambientazione così onirico-psichedelica, tale da riecheggiare i demoni della futura serie I segreti di Twin Peaks di David Lynch, ambientata a North Bend (Wa), poco distante da Seattle.
Ci sono stati anni dove pensavo che la mia vita sarebbe stata sempre e solo scrivere. A dispetto di certi desideri innocenti, dentro di me non mi sentivo adatto a una vita familiare (quanto è bello ricredersi alla grande, ndr). Il 19 luglio 1994 iniziai a scrivere in inglese su fogli grandi a quadrattini colorati e fin da subito la struttura delle strofe dei testi di Nirvana e Pearl Jam mi penetrò talmente dentro che divenne una caratteristica del mio stile, sebbene del tutto estraneo a una qualsiasi affinità musicale. Senza nessuna presunzione, mi sentivo l'erede delle lyrics di Eddie Vedder, Kurt Cobain, Michael Stipe (R.E.M.) e Neil Young. Scrivere ha cambiato tutto nella mia vita. Io sono cambiato scrivendo. Adesso sono anni che non pubblico più nulla e nemmeno ho interesse a farlo. Ho smesso di cercare il mondo. Semplicemente, quella sensazione di amore dissolta nel vuoto, ha trovato la vi(t)a e l'anima nell'esistenza più autentica.
...PIECE(S) OF LOVE EVERYWHERE...
tremuli passi, esondazione
di dolore a brandelli
senza bandiera... È un "no", non sono saggiamente andato avanti e riesco ancora
a ricordare troppi giorni
… è sempre stato
un conglomerato tutto di forme e memorie,
quando vedo le ombre
nell'immagine longilinea
le mani gracchiano
in una (p)resa scomposta
che vorrebbe dire, altrove…
sono esattamente dove volevo
essere… sono dove
sono sempre stato… l’agonia della mia noia
ha conosciuto
l’ardore di una porta
galleggiante… anche la similitudine
di un desiderio
scambiato per un rimorso
è naufragato
nell’anomalia di una rivolta
scovata oltre i troppi arrendevoli sé…
andremo avanti
insieme questa volta... Ognuno di quei momenti
recava un gesto di attesa,
ogni ricerca ha trovato una fine
nell’ultimo sguardo
prima di essere sognato
dai sogni… Sono rimasto
al di qua dello specchio
provando a cadere ancora di più,
fili energetici sradicati,
e senza alcun conteggio
né incitamenti ad altro… è
un momento di non-confusione
… piante maneggiano nuove radici... è la profondità
dell'amore
tra le estremità di una lacrima
eterna...
(Venezia, 14.37, 19 Luglio 2024)
Green River - Come On Down
Murazzi, Lido di Venezia © Luca Ferrari |
Il cd dell'EP Come On Down (Green River) © Luca Ferrari |