!-- Codice per accettazione cookie - Inizio -->

venerdì 23 settembre 2022

Mariah Carey, London and Me

Mariah Carey e la cover di Butterfly (1997) - Luca Ferrari (London '97)
Per la prima volta a Londra, nel pieno della mio amore per il rock, a ispirare dolcezza nel mio scombussolato cammino, c'era lei: Mariah Carey e il suo nuovo album Butterfly (1997).

di Luca Ferrari

Il mio primo viaggio oltremanica. Un "chiodo" di ordinanza. Un'inseparabile camicia a quadrettoni (anche) per celebrare l'acquisto a Piccadilly Circus del doppio CD live The Year of the Horse di Neil Young & Crazy Horse. Una maglia a manica lunga viola con riprodotta la copertina dell'EP Sweet Dreams dei Marilyn Manson. Una spilla comprata da un ambulante per la strada in difesa degli animali randagi. In mezzo a tutto questo marasma anti-nichilista e dolori insormontabili di una vita alla deriva, c'era lei. Mariah Carey, la dolcezza più semplicemente naturale del pop. Nel mio marasma rockettaro al cospetto della City inglese, lì sbarcato subito dopo aver assistito alla proiezione del documentario Year of the Horse di Jim Jarmush alla Mostra del Cinema di Venezia, c'era l'incantevole Mariah Carey.

Una voce delicata, così poeticamente lontana dalle mie troppe cicatrici di ventenne. Era appena uscito il suo nuovo album, Butterfly (1997) di cui già circolava il video del primo singolo, Honey, e Londra era piena di suoi manifesti. La capitale inglese all'epoca era una meta per tutti coloro fossero in fuga o cercassero una vita senza troppi formalismi. Io ci andai solamente una decina di giorni a trovare degli amici che si erano trasferiti ma quel mondo non mi sedusse per niente. Non lo avevo ancora focalizzato ma i grandi centri non facevano proprio per me, non a caso, appena potevo me ne andavo da solo nelle più miti campagne fuori Londra. E nello sguardo e nelle parole di Mariah Carey, vedevo tutto quello che mancava nella mia vita: una speranza raccontata da una carezza (sonora).

Nel mio vagare per le fermate della tube, ricordo ancora i suoi grandi manifesti. Scattai un paio di foto dove si vedeva anche la mia sagoma nel riflesso. Quel primo viaggio in Inghilterra per certi versi chiuse la prima grande epoca riottosa della mia vita, e ciò che accadde nel successivo anno e mezzo non sarebbe stata proprio una passeggiata. L'esposizione al rock aumentò a dismisura e sempre più dolorosamente profonda fino a livelli davvero incontenibili, lasciandomi alle spalle voragini di solitudine e risposte deragliate. Ogni tanto però, questa giovane e incantevole donna dalla voce incredibile, sbucava tra Sex Pistols e Mudhoney, come sussurrandomi che a fianco dei troppi arpioni conficcati dentro l'anima, un giorno un germoglio d'amore si sarebbe trasformato in un fiore forte e delicato. 


REALTÀ & SOGNI, UNA SOLA PROFONDITÀ

Colore dopo colore, per annerire le buche  delle mie  mani… sopra il cielo

di un respiro inesplorato,

è volato l’esito di un esilio incosciente… la

dimensione era la scelta,

la vita si stava dileguando

a intemperanze

e riflessi bagni di rugiada

... quello era solo un altro momento dell’inevitabile sacrificio

votato al silenzio


…ci saranno le panchine anche qui?

Sono stato svaligiato

da lettere scambiate per indirizzi

senza meta


A che ora è il randevù

con l’oceano? Non sono alla ricerca

di suppliche, anche le mie guance

hanno misconosciuto

gli zigomi del domani… Posso

ancora aspettarti

sotto l’arco di una frastagliata pioggia restia


le decisioni di generali,

i marciapiedi sconnessi

sotto il peso di una risata immobile

disattesa nell’avvenire

di un incontro sempre rimandato


aggrappato a qualche vetta

già dissolta, il luccichio… separazione,

e rilettura delle nuvole… il fumo intrappolato negli ultimi lampioni

di campagna… 


eccoci… come se ci fossimo presi 

per mano, lasciando all’addio

l’eredità più delicata

dell'amore universale…

(Venezia, 24 Settembre ‘22)


Honey, by Mariah Carey

I biglietti originali del viaggio a Londra e Mariah Carey di Honey (1997)
Una bellissima Mariah Carey nel video Honey
Dolcezza e sensualità: Mariah Carey nel videoclip di Always Be My Baby
Mariah Carey nel videoclip di Fantasy
L'eleganza fatta donna... Mariah Carey

domenica 18 settembre 2022

Singles, la musica di Seattle

Il cd della colonna sonora del film Singles

Il 18 settembre 1992 uscì nelle sale americane il film Singles, dove il regista Cameron Crowe  immortalò la nascente scena musicale di Seattle. Tra le canzoni della strepitosa colonna sonora, il mio cuore ha sempre prediletto l'acustica Battle of Evermore (The Lovemongers).

di Luca Ferrari

Quel film l'ho visto in televisione, ho comperato la vhs originale e il cd della colonna sonora, che chiamarla "strepitosa" è dire poco. Sto parlando di Singles - L'amore è un gioco (di Cameron Crowe), sbarcato nelle sale americane il 18 settembre 1992. Un film in apparenza incentrato sulle vicende lavorative-amorose in stile Friends, ma in realtà incentrato sulla scena musicale di Seattle, ormai prossima all'esplosione. Eppure nonostante la presenta di pesi massimi quali Alice in ChainsPearl Jam, Mudhoney, Soundgarden e Mother Love Bone, la canzone che da sempre mi è rimasta scolpita nel cuore è Battle of Evermore, suonata dai The Lovemongers, side project delle sorelle Ann e Nacy Wilson, degli Heart, band formatasi anch'essa a Seattle verso la fine degli anni '60. 

Se si esclude l'inspiegabile presenza degli Smashing Pumpkins e il tributo a Jimi Hendrix, originario proprrio di Seattle, il resto è un tributo alle band della città del Nordovest, con la sola eccezione dei Nirvana.
  1. Would? — Alice in Chains 
  2. Breath Pearl Jam  
  3. SeasonsChris Cornell 
  4. Dyslexic HeartPaul Westerberg 
  5. Battle of EvermoreThe Lovemongers 
  6. Chloe Dancer / Crown of ThornsMother Love Bon
  7. Birth RitualSoundgarden 
  8. State of Love and TrustPearl Jam 
  9. Overblown Mudhoney 
  10. Waiting for SomebodyPaul Westerberg 
  11. May This Be LoveJimi Hendrix 
  12. Nearly Lost You Screaming Trees 
  13. Drown Smashing Pumpkins
Nei primi anni Novanta non esistevano le email né gli smartphone con la messaggistica istantanea. Per comunicare con le persone non c'erano che tre strade possibili: incontrarle, telefonarle da casa o in una cabina, scrivere una lettera. Per uno come il sottoscritto, la terza era la più consona e fu così che nel lontano 1995 iniziò una corrispondenza epistolare con una ragazza dagli stessi gusti musicali (dicasi amica di penna). Una persona che si rivelò una grandissima amica. Un'amica con cui, quando fantasticavamo a distanza su un ipotetico viaggio comune a Seattle, io nella mia anima ci vedevo sempre così, a suonare Battle of Evermore dei The Lovemongers. Lei voce-chitarra, io chitarra solista, terminando poi la performance con un abbraccio fratello-sorella.

Ancora oggi, ascoltare quella canzone mi riporta in un'epoca lontana fatta di parole, sogni e poesia. Quel mondo dopo tutto, è sempre continuato... 


STATO D’INCHIOSTO E IMMORTALITÀ 

io e te, ero solo io…

da parte, lanciandosi nella pagina chiusa

di una stella  senza fronde cui sorridere

Qualche lettera finita

In anticipo… ogni soglia,

un'estenuante presenza celeste

arpionata nella terra esposta


il ticchettio della fuga

non avrebbe sopportato

la vista dei grattacieli,

un giorno al massimo

mi avrebbero trovato addormentato

sotto una statua

di pan di albicocca e carrube


ho corso in mezzo all’acqua,

ho rischiato di annegare

non lo dico perché tu mi compatisca,

un giorno conoscerai

tutta la mia storia… Mi manca

ancora una bilancia e qualche respiro

… alla fine

sono arrivato dove mi sono sempre

visto… 


le marce imperiali

non si sono mai davvero interrotte,

non sono 

l’interlocutore ideale

quanto si tratta

di assumere una pozione diversa

da quello che ancora penso…


il suono sonoro

di uno spazio aperto, è l’oceano

che abbiamo sempre

intonato… quel mondo era lì

e lo siamo ancora, 

la semplicità di un ringraziamento

l’alfa che non ha mai cercato

un finale

(Bled [Slovenia], 18 Settembre ‘22)


Battle of Evermore, by The Lovemongers (OST Singles)

giovedì 8 settembre 2022

God save Sex Pistols

Johnny Rotten e Steve Jones (Sex Pistols)

"Non c'è futuro nel sogno inglese", ringhiavano i Sex Pistols a metà degli anni Settanta in God Save the Queen. La punk band inglese oggi torna protagonista con la miniserie "Pistols".

di Luca Ferrari

Ricordo ancora un pomeriggio d'estate senza nulla all'orizzonte. Una terrazzina minuscola affacciata su una strada alberata. Un amico mi passa un librettino tascabile musicale. Protagonisti di quel volumetto, i Sex Pistols. Li conoscevo da poco e a parte la epocale Anarchy in the UK, ascoltata anche durante un furioso pogo alla prima edizione del Beach Bum Rock Festival di Jesolo (4-6 luglio 1995), poco altro sapevo dei punkers inglesi. Ci misi poco a ritrovarmi nella loro vita scomposta, e quasi trent'anni dopo, l'8 settembre 2022, ecco sbarcare su Disney+ la serie Pistols diretta da Danny Boyle, incentrata sul libro del chitarrista della band, Steve Jones.

"Don't be told what you wantDon't be told what you needThere's no futureNo futureNo future for you
...
God save the queenWe mean it manThere's no futureIn England's dreaming"


Il punk mi ha sempre affascinato, specialmente se visto come momento di rottura. Collegare i Sex Pistols a una blanda esasperazione anarchica, oltre che sbagliato, per il sottoscritto non lo sono mai stati. Gli ideali di pace e amore degli anni '60 si erano rivoltati contro se stessi, e ora la strada del macchinoso consumismo & perbenismo era sempre più protagonista. Il mondo giovanile era in ebollizione e questa band, prima e forse anche meglio di tutti, incarnò uno spirito nato e bruciato in neanche due anni. Un album capolavoro, Never Mind the Bollocks, e canzoni che ancora oggi sanno incendiare l'anima a cominciare da God Save the Queen...e tanti cari f*****o alla società e a tutto il Regno Unito. 

SOSPIRARE (s)FIGURATO
hai mai contato

le esequie dentro 

le mie dita… Io

mi sono sempre confuso

con le cartoline

che nessuno ritaglia più

non sai chi sono 

banalmente

perché non ho chiesto

il tuo nome

sai dove sono stato

solo perché

non ho mai voluto

difendere una carezza

dal fienile

delle zanzariere aggiustate

domani mi (o)di(e)rete

dove devo andare

avete preso la mia casa,

che cosa vi è rimasto

da mettere nelle scarpe?

dal gracidare

da più lontano delle stelle,

un nuovo Orwell

ha preferito mettersi il rossetto

e giocare

con l’amnesia dell’infanzia

sono stupito

e attardato nel silenzioso riconoscimento epidermico

… non avrei voluto

cadere, ma sto ancora

ridendo… Vi dirò

quello che penso e 

e sarà solo una delle

tante indifese volte (Venezia, 8 Settembre ‘22)

God Save the Queen, by Sex Pistols

God Save the Queen - Sex Pistols

Cerca nel blog

Post più popolari