Il tradimento, quelle peggiore. Colpito alle spalle da chi si era professato amico fino a un attimo prima. A raccoglierei i miei cocci, i Pearl Jam (e chi se no). Lost Dogs abbaia ancora.
Miei cari Pearl Jam, quanto ci ho messo a trovare un momento in cui un vostro nuovo album non coincidesse con un periodo nefasto della mia esistenza. Lost Dogs fu l'ultimo. Lost Dogs è un novembre fiorentino fatto di solitudine e profondo dolore. Lost Dogs è canzoni che non sanno guarire le ferite. Lost Dogs è un ruscello che s'incaglia nel meccanismo del potere e non riesce più nemmeno a portare acqua a un innocente vaso di fiori. Lost Dogs era l'origine. Molte delle mie storie di Live on Two Hands nascondo dalla sofferenza, è inevitabile. Il primo ricordo di quel doppio (grandioso) album è l'ultima strofa di Sad con un assolo lancinante di Mike McCready. Lost Dogs non sparì nel nulla e negli anni successivi la blueseggianti Drifting e l'immortalità di Strangest Tribe divennero pagini indelebili dell'amicizia più poetica. Ma più di tutte, Leaving Here e Hitchhiker le ho sempre adorate, ispirandomi spensieratezza e cavalcate narrative.
Lanny Kravitz e l'Italia femminile di basket in allenamento
Le avevamo lasciate felici e festanti con la medaglia (europea) di bronzo al collo. Adesso l'Italia femminile di basket ricomincia. Ok, Lanny, suona la carica!
L'estate 2025 sarà ricordata come l'anno del podio europeo delle cestiste azzurre dopo un'attesa lunga trent'anni. Adesso l'avventura sta per ricominciare. Si parte con due amichevoli di "peso" contro le corazzate Spagna e Francia, quest'ultima sconfitta proprio per aggiudicarsi il terzo gradino del podio continentale. Negli ultimi tempi mi sono occupato molto di basket, in particolare quello femminile. Articoli e interviste, ma non solo. In certe occasioni mi sono lanciato in audaci parallelismi rock - poesia - basket. Il cammino delle azzurre punta deciso verso i Mondiali 2026 in Germania e le successive Olimpiadi 2028 a Los Angeles (USA). In occasione dei premi Kennedy Center Honors 2012, Lanny Kravtiz eseguì una performance strepitosa di Whole Lotta Love, proprio davanti agli autori di quella canzone, gl'immortali rocker Led Zeppelin.
Dal rock al basket, una a una vi vedo entrare nel palazzetto. Voi, cestiste Azzurre, decise e agguerrite per una iniziare una nuova partita e fare di un torneo la vostra nuova impresa. Questa canzone la sento perfetta per voi. Questa è la mia firma...
NEL PROFONDO DI UNA PRECISA INTENZIONE
è il rimbombo
oltre lo strappo… possiamo
anche parlare
di ingredienti segreti,
conosciamo bene
le generosità
di questo nuovo gradino
ho ancora del sangue
da versare,
e non mi fermeranno certo
quelle buche immaginarie...
mi confondo
ancora con il latte,
la mia mente
conosce un solo modo
di esere generosa
non sono uno di voi,
ma combatto… più di qualcuno
lo ha dimenticato
e mi sento chiamato in causa...
le strade
sono quelle che sono…
un fulmine
può fare molto di più
che squarciare il mondo
che ci eravamo preparati
ad abbandonare
è la ghiaia
scivolata dalle onde
illuminate… sono
davanti a voi
e non mi tirerò indietro...
adesso il tutto può
anche ricominciare
a progredire... stringo
quella lettera... il suo viaggio
non è mai davvero finito
(Venezia, 13 Novembre ‘25)
"L'amicizia che non passerà mai" canta Samuele Bersani nella romantica-stralunata Coccodrilli (1997). È passato molto tempo ma... la carriola è arrivata dove abbiamo sempre sognato.
Un'amicizia che affonda le sue radici nelle tante lune (oscure) fa. Una concitata esperienza di vita in Inghilterra e lì, durante una metamorfosi umano-emotiva, accadde qualcosa. Nel mezzo di una scampagnata solitaria a Liverpool, sul treno dal Cheshire al Merseyside, una canzone più di altre si fece avanti. Ha la semplicità della provincia (denuclearizzata). Scatta il ricordo, l'sms inviato (eh sì, Whatsapp non c'era ancora all'epoca). Da quel momento Coccodrilli del cantautore bolognese Samuele Bersani s'inscrive definitivamente nella mia storia personale. Quella canzone diventa l'emblema di una grande amicizia, di un'aspirazione e di un sogno familiare. Le nostre strade intanto proseguono a distanza ma entrambi ci crediamo, anche se in modi molto diversi. Il tempo fa il suo corso e oggigiorno entrambi ci ritroviamo ad accudire una nuova creatura insieme alla rispettiva meravigliosa compagna/o di vita. Oggi, 17 ottobre 2025, brindo alla vita con la gioia del sentimento più amichevolmente indistruttibile.
La mia storia musicale si lega a Samuele Bersani negli anni più cruciali della mia esistenza. Agli albori della mutazione rock, ecco il maglione fatto a mano nel videoclip di Chicco e Spillo con quel ritornello così scandaloso per l'epoca (1992), che rivolgendosi alle forze dell'ordine diceva: "Figli di p*****a, non ci prenderete mai". Il passo successivo fu Freak, curiosamente uscito a ridosso della mia prima incursione nel mercatino della sua Bologna; un contesto questo, molto analogo a ciò che si vedeva nel videoclip della canzone e nella quale venivano citati i Doors (con l'accento grave sulla "o"), a quell'epoca tornati sulla breccia culturale della cosiddetta Generazione X. Samuele Bersani, artista dalla raffinata schiettezza testuale. Autore di versi criptici dove la profondità emotiva tratteggia una strada intima e sempre molto originale. Nel 1997 ecco Coccodrilli, col videoclip girato a New York: "Ma se cancelli il mio ricordo/ Succede che son morto/ Vedi, non esisto più...". Ho avuto bisogno anche io di lasciare la mia comfort zone per connettermi con lati inesplorati della mia anima. Questo, e ovviamente un'amica speciale da cui essere ispirato per la...
STORIA DI UNA FAMIGLIA (DESIDERATA)C'era il giorno, c'era la nebbia
e tutti quei diari
ancora così esuberanti… No, non
per te... Tu sapevi già
a quali trampoli
dovevano assomigliare i tuoi sogni...
E ci credevi davvero…
Hai fatto molto di
più... disaffezione autentica
al veleno e la geometria del tuo dolore
finalmente dissolta
senza incolpare alcun camino…
questo è per il tuo giorno
i tuoi desideri,
i vostri natali…
la luna passava di lì...
mi presto uno specchio
da quel viaggio
azzerando ogni confine:
“ [...] c'è ancora molto
spazio.....l'odore
di qualche preparato lontano
rivela le voci novelle e inascoltate
in tutto il mio
disinteresse dolcemente
cullato… la salita
si è spostata
sul lato dell'arrivo...ho
provato a seguire
il rumore dei gabbiani
ma ho solo incontrato
due draghi
senza più voglia di inventare
il fuoco [...]”
ribellarsi è cadere
ancora... da una fiaba
all'esistenza, verso la destinazione finale
....allora sapevo
solo rivolgere annoiate domande
al destino, tremula copertina
di ceramica cartacea… oggi
non sono più io a porre quesiti,
e il vento fraternizza
sempre di più con le nuvole più eteree… Posso
solo immaginare la tua dolcezza
in costante attività
per le loro buonanotte... e mi sento
liberamente felice
quando penso
che anche in questo istante, oggi
e in ogni tuo domani
sarai sempre circondata
Non sono io l'eroe, non lo sono mai stato. Ho fatto tante promesse a me stesso ma l'oscurità è ancora molto forte. Sono stanco. Mi fermo un attimo ad ascoltare Promises (Megadeth)...
Quando arriva il momento delle promesse, vuol dire che il tempo è scaduto. Quando arriva il momento delle promesse, vuol dire che siamo decisi a compiere qualcosa di mai fatto prima. Sarà così anche per me? Oggi è una giornata bellissima eppure qualche ombra si annida dentro l'anima ed ecco riemergere il lento gracchiare metal di Promises (Megadeth). Comprai il cd The Worlds Needs a Hero in un negozietto in campo Santa Maria Formosa, a Venezia, nella tarda primavera 2021. Quelle canzoni, come sempre, avrebbero dovuto suonare la carica nella mia fragile vita ma non accadeva in quella sconfinata era della mia esistenza. Mi sento come allora? No, per niente e nel modo più assoluto ma, inevitabilmente, penso a tutto il tempo che ho sprecato. Vorrei che le mie danze solitarie avessero partorito qualcosa di più realistico di una passeggiata sconsolata, ma così non è mai stato. Avrei voluto qualcosa di meno doloroso da raccontare a mio figlio su chi fossi allora, ma non gli potrò mai mentire. Le mie promesse allora erano solo parole...
Questo non è un tempo di pace. Siamo in guerra. Una guerra narcotizzata dal web e dall'indignazione più egocentrica. Er Costa, cantamela per sempre la tua V per Vendetta.
"[...] Tutto cambi, e tutto sempre resti uguale Dai tempi dei Savoia all'era post-nucleare L'italiano non s'è mai vendicato È stato sempre schiavo dello Stato, ammaestrato col campionato [...]", è il passo più emblematico di V per Vendetta (Er Costa).
Come è facile intuire, la canzone si richiama all'omonimo film cult diretto da James McTeigue (2005). Il videoclip inizia proprio con le parole pronunziate da V, il protagonista mascherato della pellicola: "Com’è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole.. non c’è che da guardarsi allo specchio". Parte la musica. La parola passa al rapper romano. Le sue strofe ci proiettano in una dimensione di autentica tragicità:
"Sta fra la mafia e il Vaticano, l'Italia in cui viviamo/ Zero colpo di stato, zero colpi di mano".
Il genere hip-pop è un corpo sconosciuto nella mia personale dimensione musicale, giusto qualche sporadica incursione via pallacanestro. Eppure, fin dal primo ascolto di questa canzone segnalatami da un amico di Tupacchiana memoria, ho subito percepito qualcosa di molto affine ai miei pensieri. Una scarica rabbiosa GunsNRosesiana. Il figlio moderno e ancor più combattivo della generazionale Fight da Faida di Frankie Hi NRG. Nel testo di V per Vendetta non sento piagnistei né immagini artificiali o peggio, flebili slogan idilliaci di una pace ben lontana dall'essere anche solo iniziata. Rima dopo rima, Er Costa ci ricorda con quale mostro abbiamo a che fare. Un mostro senza pietà, contro il quale abbiamo solamente due sole opzioni: combattere o andarcene per sempre.
"Tu impugna la Beretta oppure vattene in fretta/ Questo non è un segno di pace, sì, questo è V per Vendetta" canta l'artista romano. Qui non si tratta più di sopravvivenza. No, per certa gente è tempo di andare oltre e colpire molto più duro. Non ci può essere democrazia fino a quando la bandiera dell'oppressione più spietata continuerà ad avvelenare il mondo libero. Siamo in una guerra e quando prenderemo coscienza della nostra totale inutilità, allora forse inizieremo a cambiare strategia. Inizieremo ad agire nell'ombra. Poi un giorno ci vedranno arrivare tutti insieme e anche "loro", questa volta, se ne accorgeranno per davvero...
Suona la prima campanella dell'anno scolastico 2025-26 e chi meglio degli scatenati Twisted Sister può "scatenare" l'orda studentesca verso i banchi? I Wanna Rock!
Hello students. Summer is over. School has begun... sibila un sadico docente alle prese con i primi studenti in punizione. E che intenzioni hanno adesso? Semplice, suonare il rock dei mitici Twisted Sister, per lo meno se il sadico insegnate, interpretato da un grandioso Mark Metcalf (e già protagonista dell'altro epico video della band hair metal, We're Not Gonna Take It). 10 settembre 2025. Il fatidico giorno è arrivato. Le vacanze sono finite e la scuola ricomincia. Se i più piccoli tutto questo è ancora un po' gioco un po' imparare, per altri l'impegno è più serio e allora nulla di meglio del video della strepitosa I Wanna Rock per stemperare l'atmosfera e iniziare vivere al meglio un nuovo anno scolastico tra nuovi amici, apprendimento e un po' di sana "boccoluta e colorata" follia.
Bryan Adams - Drazen Petrovic, Michael Jordan, tifosi USA e coach Skansi
Dai canestri olimpici di Petrovic e il Dream Team, alle note poetiche di Bryan Adams e la sua immortale Heaven. Ricordi. Dolore. Emozioni. Lottare non sempre significa sopravvivere.
Drazen Petrovic contro Micheal Jordan. L'uncontro l'altro nella finale olimpica di Barcellona 1992 sulle note di Heaven (Bryan Adams). Quanto ho adorato questo videoclip, trovato per caso su Youtube quando la mia passione per il basket era ancora lontanissima. Qualcosa del Dream Team sapevo, potendo affondare addirittura nei miei ricordi di quindicenne. In questo videoclip si vede il meglio dei due campioni. Da una parte, la spumeggiante NBA. Dall'altra, lo spettro di una guerra fratricida (Balcani 1991-1996, ndr). Lì nel mezzo, a immaganizzare il tutto, la solitudine della mia adolescenza. Rivedo i due campioni e subito si fa strada un dissestato viaggio nel passato. Sento il dolore taciuto di una parte della mia esistenza che non è mai sbocciata. Quando guardo Drazen Petrovic, Michael Jordan e i loro compagni di squadra su quel campo, in quella partita e in quel preciso momento della Storia, un'onda di amarezza dirompente schiaccia ancora amaro. Nel mio piccolo avrei vissuto una non-vita per parecchio tempo che mi avrebbe privato per sempre degli anni più spensierati e costruttivi. Qualcosa che, non lo nego, farà sempre sanguinare una parte di me...
WAR, BALL… EMPATHY è la mia memoria oscurante,
metastasi spavalda
e oltraggiosamente
pensierosa … che cosa credevi
di sapere
dalla mia prosa curvilinea?
Non sono mai stato
in campo... Nessuno ti chiederà
di farmi nascondere...
Posso chiederti
di andartene? Mi confronterò
con tanti angeli terreni
nel prossimo immediato
e nessuno vuole
ci siano contagi questa volta...
Quello era un mondo
fatto ancora di porte… quello
era un mondo
dove il fuoco della morte
era lontano giusto il tempo
di un'infatuazione… Quello
era il mondo
dove la mia voce
non era capace di essere in disaccordo
nemmeno con se stessa
…sono arrivato a desiderare
solo quello che avrei trovato
nel modo più rinunciatario,
e allora perché
ho sempre empatizzato
con le preoccupazioni dell’anima
e gli alterchi azzerati del domani?
...
Che cosa significa non dimenticare?
Cadere senza preavviso,
è stato così e non ho mai avuto
il tempo di una spiegazione…
i Twisted Sister nel videoclip della canzone We're Not Gonna Take It
Sì, nel 2025 ho ancora voglia di scrivere poesie e lo faccio sempre accompagnato dalla musica. Iniziavo 31 anni fa e oggi mi diverto a celebrarmi insieme ai riottosi Twisted Sister.
"Abbiamo ragione/... Siamo liberi/... Combatteremo/... Lo vedrai!/ yeah!", We'Re Not Gonna Take It. Un inno di ribellione made in Eighties. Al microfono e agli strumenti super cotonati e colorati, i Twisted Sister, quelli brutti del glam rock. Non "fighi" come i Guns n' Roses, né di nicchia come i Cinderella o innovativi come i Mötley Crüe. No, i Twisted Sister erano un mondo a parte a cominciare dal boccolone e truccatissimo cantante, Dee Snider, insieme ai chitarristi Eddie "Fingers" Ojeda e Jay Jay French, il bassista Mark "The Animal" Mendoza e il batterista A.J. Pero. Un grido di libertà e furore che appartiene a tutti noi. Un grido che negli anni '80 lottava per far sentire la voce dei reietti ma che ancora oggi può dire qualcosa. Il 19 luglio è il giorno che ho iniziato a scrivere e mai avrei pensato a una simile band per celebrare questo momento che, volente o nolente, ha segnato/cambiato la mia vita per sempre. Anno dopo anno, sto iniziando a rivedere certe cose ma le sensazioni che il rock mi ha lasciato, non verranno accantonate. Oggi più che mai ho voglia di andare avanti con la mia testa, non accettando nulla che non condivida.