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mercoledì 24 aprile 2024

Again (Alice in Chains)... 25 aprile ancora, e ancora

Alice in Chains - Again

Torna il 25 aprile ed ecco gli eredi dei peggiori assassini d'Italia offendere e infangare la Patria, tentando di riscrivere la Storia, ancora... e ancora... e Again (Alice in Chains). 

di Luca Ferrari

Alice in Chains (1996) è il quarto album omonimo della band di Seattle. Un lavoro possente che fece guadagnare a Layne Staley (voce, 1967-2002), Jerry Cantrell (chitarra/ voce), Mike Inez (basso) e Sean Kinney (batteria) ancor più proseliti, e col tempo, anche molti rimpianti per quello che il gruppo avrebbe potuto fare e dare al rock. Dopo i primi singoli Grind (demoniaco) e Heaven Beside You (ballad), gli AIC sfornano un video a dir poco inquietante e di rara bellezza oscura. Gli Alice in Chains suonano in una gabbia sospesa. Bambini incappucciati via via circondano ogni singolo membro del gruppo. Suonano forti in quel mix perfetto tra rock, garage e metal (non a caso, tra i loro fan più sfegatati gli stessi Metallica, che presenziarono anche al loro epico concerto Unplugged). Poche semplici parole che sembrano andare proprio in una direzione ben precisa. Poche ringhianti lyrics che non intendono sparire sotto il peso e la minaccia dell'aggressività più ostile...

"[...] Hey, you said you were my friend
Hey, turn me upside down
...
Hey, I know I made the same mistake, yeah I,
I won't do it again, no
Why, Why you slap me in the face, oww
I, I didn't say it was OK, no No, No... [...]"
                                                                      Again (Alice in Chains)     

"Perché mi schiaffeggi ancora/ Io non ti ho detto che mi andava bene" cantano gli Alice in Chains. Gli assassini sono fuori. Perfidi servili aguzzini. Sono ancora lì, a tacere dinanzi all'odore di morte. Sono ancora lì, seduti democraticamente tra quei tomi salvati dalla follia. Sono ancora lì, a provare a mettere a silenzio ciò che non starnazza come i loro miseri antenati. Hanno trascinato l'Italia nel peggiore conflitto dell'umanità. Hanno sterminato senza pietà popolazioni inermi, contribuendo alla proliferazione dei campi di concentramento. Hanno torturato e ucciso i loro stessi concittadini. Ecco, questa è l'italia delle camicie nere. Ecco, questa è e sempre resterà l'italia dei fascisti. Ancora oggi, a distanza di quasi 80 anni, in molti hanno nostalgia di quell'orrore e non sono capaci di liberarsene. Allora, vorrei tanto che andassero dai nipoti delle persone gassate nei forni crematori e glielo spiegaste. Tranquilli, so già che non lo farete. Vigliacchi allora. Vigliacchi oggi.. ancora e ancora (Again)!

LIBERAZIONE AD OLTRANZA

è la vostra brutale ostilità... la pronuncio ancora col sangue spiaccicato nel mio scheletro sgangherato

... violenza omicida e stragista,

quanto vi divertireste a rifarlo ancora?

Oh, lo so bene quanto vi piacerebbe

... ecco un'altra accetta nera

di sola andata... ehi, questa volta

non serve che fingiate di essere

il principio


sento l'aria asfissiata

sotto i miei piedi... è la storia

delle citazioni capovolte


... vi piacerebbe riscrivere la storia,

no?!... oh si che lo vorreste,

ancora e ancora...


ecco i mostri da parata... indomiti a ciucciare dalle promesse

di ricchezza più gutturale


avete trascinato nella morte

una Nazione intera,

e ancora vi arrogate il diritto di parlare di "patria"

nelle terre d'oltremare,

mareggiate di segregazione e annientamento

attendono ancora una candela per l'aldilà interrotto


ce le ricordiamo ancora

l'effimera vittoria della frusta

e le nostre urla senza fine

nei falò delle pagine

tra il vostro godimento eiaculato…


ce lo ricordiamo tutto,

l'ossigeno dei nostri figli lasciati

a terra

me lo potete dire in faccia

che non è accaduto nulla di tutto ciò?

... adesso ho le mani libere,

provate adesso a minacciarmi ancora

con le bugie evaporate


non avete ancora

imparato nulla… non commetteremo

gli stessi iniziali errori... nessuna amnistia questa volta

...

(Venezia, 25 aprile ì24)

Alice n Chains, Again

Again (Alice in Chains)
Again (Alice in Chains)

giovedì 15 dicembre 2022

Mad Season, i demoni risplendono "above"

Il cantante dei Mad Season, Layne Staley

Fendenti di pura oscurità splendente. Above (1995), l'unico disco della superband Mad Season. Tutto dolorosamente dal vivo in un epico concerto al Moore Theatre di Seattle

di Luca Ferrari

"Then a deamon comes to me
You must know
I'm gonna win
... Yeeeee, lifeless death!"


Un viaggio nell'ignoto senza ritorno, né paura o redenzione. Buio, luce accecante e la coscienza del proprio sangue sgorgato (sgorgante). Nel 1995, tre delle migliori band di Seattle unirono l'anima e la propria sofferenza, dando vita al supergruppo Mad Season. Voce, Layne Staley (Alice in Chains); chitarra, Mike McCready (Pearl Jam); basso, John Baker Saunders; batteria, Barrett Martin (Screaming Trees). Presente anche il cantante di questi ultimi, Mark Lanegan, ai microfoni di Long Gone Day per un duetto da brividi. La band realizzò un solo e strepitoso album, Above, suonato pochi mesi dopo l'uscita al Moore Theatre di Seattle. 10 canzoni in tutto e 55 minuti circa di materia indefinibile. Un monologo interiore dove i sogni sono un'utopia e la vita, uno sforzo costante per non lasciare alla sabbia dell'oblio l'ultima tragica parola. 

Ad aprire le danza, un rock blues ipnotico quasi straziante. Wake-up. Lo devo ammettere. In principio la reputai fin troppo lenta e solo grazie al suddetto concerto live, la riabilitai nel mio personale gusto. Wake up, young man, it's time to wake up/ Your love affair got to go... Il testo prosegue parlando di cicatrici facili da leggere e un'implorazione quasi disperata (rassegnata) di appena un po' di pace. In tutto questo Layne canta con una disarmante dolcezza e Mike sembra posseduto dalle migliori intenzioni Hendrixiane. X-Ray Mind, è sempre stata una delle mie preferite. A dir poco lancinante la parte chitarristica di McCready, il cui assolo finale è reso ancor più intenso del cantato di Staley.

                                                             
Mad Season, X-Ray Mind (live Moore Theatre, Seattle)

A dispetto del grande successo che riscontrò tra il pubblico, River of Deceit, non mi ha mai conquistato, e ancor meno l'esageratamente lenta-nervosa Artificial Red. Ben di più incisiva I'm Above, con la voce di Layne capace di scalare nuove vette e un ritornello talmente potente da creare un uomo a mani nude:

How is it you're feeling so uneasy?
How is it that I feel fine?
Life reveals what is dealt through seasons
Circle comes around each time
...
I've been blessed with eyes to see this
Behind the unwhole truth you hide
Bite to remind the bitten, bigger
Mouth repaying tenfold wide... I'm Above...


Autentica apoteosi rabbioso-malinconica, Lifeless dead e I don't know anything. Quasi metal per certi versi, con venature rock anni 70. La potenza sonora mescolata ai graffi vocali rendono queste due canzoni un impavido fiammifero in mezzo alle temeste più gelide. 

...And although he'd not accept
She was gone and so he wept
Then a demon came to him
"You must know I'm gonna win" 
... Yeah, Lifeless Dead


I Don't Know Anything l'ho sempre sentita come una (personale) dichiarazione guerra al mondo, dove da una parte c'è una corsa sfrenata verso la soddisfazione materialista, dall'altra c'è un'anima turbata contesa tra voragini e albe mal raccontate. Domande, pensieri e ancora domanda:

Why we have to live in so much hate everyday?
Oh yeah Why the fighting and the coming down, am I sane?
I don't know
When the teacher put the ruler down on my hand I laughed
Cross my heart and hide reliever in trails of blood I love

                                       
 Mad Season - I don't know anything live Moore Theatre (Seattle '95)
 
Complice anche la seconda voce del profondo Mark LaneganLong Gone Day è sempre stata la consegna collettiva di un tramonto spento, rinato solo per spegnersi ancora. Due frasi su tutte:

[...] Am I the only one who remembers that summer ...
Long gone day
Mmmm, who ever said
We wash away with the rain


Chiudono l'album November Hotel e All Alone. Non le ho mai ascoltate particolarmente perché quello che avevo udito fin'ora, era troppo e a quel punto era tardi per qualsiasi aggiunta.

Sarebbe troppo riduttivo dire che Above mi piacque in modo pericoloso fin dal primo ascolto, per altro avvenuto in un periodo della mia vita in cui ero già sotto dosi massicce di Dirt, album "senza ritorno" degli Alice in Chains. Fu così che in una gelida mattinata, entrai in una biblioteca, ma invece di perdere tempo ad assimilare nozioni del tutto inutili, tirai fuori carta e penna e iniziai a ricopiarmi tutti i testi dei Mad Season, in contemporanea passandoli nel walkman a un volume molto elevato. Talmente forte che a un certo punto mi fu chiesto se cortesemente potessi abbassare il volume. Ricordo di aver guardato quella persona e poi tutti gli altri studiosi. Acconsentii la richiesta. Andai avanti ancora un po' e poi me ne andai a vagare al freddo e nella solitudine. Avevo solo 18 anni.

Le news a metà anni Novanta si leggevano solo sulla stampa specializzata e questo album mi passò sotto il naso anche perché le prime recensioni non ne diedero un ritratto particolarmente edificante. A farmelo scoprire, la persona più impensabile. Un caro amico del tutto avulso alle band di Seattle, per non dire che le detestava proprio, preferendogli soggetti come Motley Crue, Guns 'n' Roses e Skid Row. Ma tant'è, la cassetta con tutte le canzoni mi arrivarono entusiaste da lui e con tanto di dedica. Letti i componenti della band, me la infilai nel walkman iniziando un viaggio che cementò ulteriormente la mia ispirazione e passione per quel rock così dolorosamente forte e oscuro

Above
uscì nel marzo 1995. Il live al Moore Theatre di Seattle si tenne poco dopo, il 29 aprile dello stesso anno. Fu l'ultimo bagliore di un'epoca che ormai si stava estinguendo. L'anno successivo ci sarebbe stata l'esplosione del Brit pop, boyband e girlband. Per Mike McCready sarebbe iniziato un periodo molto doloroso culminato nella diagnosi del morbo di Crohn, mentre Layne sarebbe via via sprofondato sempre di più nell'abisso delle dipendenze, fino alla prematura morte (5 aprile 2002), riuscendo comunque a lasciarci in eredità con i suoi Alice in Chains il possente album omonimo e un indimenticabile (spettrale) concerto Unplugged, entrambi realizzati nel 1996.

Above
dei Mad Season iniziò a risuonare nella mia anima durante il natale 1995. Non è mai stato un album come gli altri. Forse anche più di Vitalogy, era intriso di una tristezza senza fine per un mondo che era cambiato e continuava a cambiare nel modo sbagliato. La poetica di Seattle non interessava più a nessuno, Kurt Cobain se n'era andato da un anno e a noi anime senza futuro, ci era toccato il gravoso compito di continuare a vivere portandoci appresso troppe domande, credendo illusi di poter trovare qualcosa. Above non ha nessuna risposta. Adesso però, a distanza di quasi trent'anni, ne colgo anche l'impetuosa consapevolezza. Above apparterrà sempre a tutto quello che sono. Alle volte sarà una lacrima. Alle volte un ricordo violentato. Altre volte, semplicemente, il sorriso per una nuova alba che ho lottato per far vivere e magari condividere.

CORRENDO SULLE PALPEBRE DEL VUOTO


sono insieme a voi,

… non staremo

insieme per molto tempo,

appena me ne sarò andato

non sentirete nemmeno parlare

di ciò cui un giorno

faticherete a confidare

anche oggi

ho ricopiato il nome

dei miei assassini

e non mi sento assolutamente

meglio… vuoi

provare a negarlo? Vorresti

provare a contraddirmi?..

il corpo ricoperto

delle mie parole,

e le balbuzie sono sanguinosamente

ostili alle menzogne…cosa me ne farò

di questi pugni

adesso che ho capito

come poterli convincere…

perché dici di conoscere

le coordinate

delle mie lacrime

anche se continui a girarti

dall’altra parte… questa

è solo un’altra storia

senza fantasmi né millepiedi,

i pugnali dei bisogni 

sono fiori sospesi

che non hanno mai sentito 

la necessità

d’inscenare la propria fine.. (Venezia, 16 Dicembre ‘22)

Lifeless Dead live Moore Seattle '95, by Mad Season

Il chitarrista Mike McCready (Mad Season)

martedì 7 dicembre 2021

Angry Chair, (s)profondo Alice in Chains

Layne Staley (Alice in Chains) nel videoclip di Angry Chair

L'oscurità si fa largo senza ritorno. Non so che farmene del vostro conforto. Sono solo come una sedia incazzata. Questa è la tragica ora di Angry Chair (Alice in Chains).  

di Luca Ferrari

Anime spettrali sbattono la porta in faccia alla luce per sempre. Non c'è ritorno da questo viaggio nella disperazione. Dimenticate il calore di un abbraccio. Dite addio per sempre a una lacrima capace di consolare. Siamo sprofondati nelle viscere della terra e ci vorrà parecchio prima che il cielo torni a essere un luogo di speranza e stelle luminose. L'ora è tarda e io sto ancora scrivendo. Non posso dirvi la ragione ma voglio ugualmente condividere qualcosa. Io ci sono stato ai confini dei due regni e ho lottato per non fare l'ultimo passo. Adesso il mondo è cambiato ma su quella sedia so di essere stato intrappolato. Amici Alice in Chains, affido ad Angry Chair tutto il mio silenzioso dolore. 

Diversi dalle altre celebri compagini di Seattle, la band realizzò il primo album Facelift (1990), dimostrando di saper fondere in modo atipico heavy metal e rock di rara intensità dark. Il successivo album Dirt (1992) esplorò ancora di più il lato oscuro della band, con un sound che non lasciava speranza, e delle lyrics al limite del baratro affidate all'inquiete vocalità di Layne Staley e alle sei corde rabbioso-piangenti di Jerry Cantrell. A tutto questo, si aggiungano le atmosfere dei videoclip: vere e proprie incursioni oltre il buio più desolatamente luminoso:

"[...]What do I see across the way, hey?
See myself molded in clay, oh
Stares at me, yeah, I'm afraid
Changing the shape of his face... [...]
...
[...] Loneliness is not a phase
Field of pain is where I graze
Serenity is far away
Saw my reflection and cried
So little hope that I died, oh
Feed me your lies, open wide, hey
Weight of my heart, not the size, oh [...] 
                                                                 Angry Chari - Alice in Chains 

Riavvolgo la memoria. Espando le mie longitudini oltre i finti steccati e resistenze. In un lontano dicembre 1995 comprai la cassetta originale di Dirt. Se Would? fu l'apripista, Rooster marchiò il dolore e la forza in unico grande legame, Down in a Hole segnò una discesa senza fine, allora Angry Chair stracciò tutto quello che sapevo sulle albe interrotte. Una percezione visiva in perfetta somiglianza con parole e chitarre gravose. Non c'era più tempo per giocare. Non volevo più giocare. Non ne volevo più sapere di cosa si celasse dentro indistinguibili tonalità. Il cotone della ferita scheggiò il sentiero risuonando nell'alta quota. Ci fu l'ennesima corsa a perdifiato verso il precipizio, e l'appunto che un giorno il mio riflesso non sarebbe stato così passeggero...

QUANDO IL GIORNO SARA' PRONTO NUOVAMENTE

Fiumi riemergono come pezzi di fango essiccati ... a quel sole  non avevo più nulla da comunicare Quel mondo aveva perduto il diritto di sedersi accanto anche davanti alla più placida delle preghiere Adesso si conclude la sua condanna… Adesso qualcuno troverà la pace dimenticata per sempre Che fine hanno quegli alberi... dove ci siamo nascosti? Che fine hanno fatto quelle rocce che dovevano solo farci ombra? Nel vuoto della nostra esistenza abbiamo dimenticato a cosa servissero davvero le mani la frutta delle magliette... le gocce sopra gli occhi al momento di fingere di manifestare che senso ha dirsi addio quando non potremo nemmeno ripensare a un brindisi che ci vide spropositati avversari? Mi ricordo che… Riesco ancora a vedere e… Potremmo andare… Non c’è stato più tempo per...

i segreti mi hanno reso schiavo di ciò che non ho mai smesso di impugnare… Non sento più il cuore battere … non avrò mai abbastanza vite per dirti addio (Venezia, 7 Dicembre 21)

Angry Chair, Alice in Chains

lunedì 15 aprile 2019

Layne Staley, amico mio

Alice in Chains - Layne Staley e Jerry Cantrell nel videoclip di No Excuses
Voce fatua e tormentata. Un sibilo ringhiante nell'oscurità. A 17 anni dalla sua tragica morte, la musica di Layne Staley continua a immobilizzare demoni e sviscerare sanguinanti emozioni.

di Luca Ferrari

"You my friend/ I will defend/ And if we change/, well I love you anyway" - "Tu amico mio, io ti difenderò e se cambieremo, ti vorrò bene lo stesso". Cantava così il compianto Layne Staley (1967-2002) nella poeticamente malinconica No Excuses, tratta dall'EP Jar of Flies (1994). Più di tante altre canzoni, cunicoli scorticati dalla disperazione, questa song ha sempre rappresentato la quiete capace di guardare in faccia e con indiscussa onestà, tutto il nero del mondo e della tempesta inevitabile in arrivo. Al pari del suo collega Kurt Cobain (Nirvana), morto per una tragica fatalità lo stesso giorno di pochi anni prima (1994), Layne Staley sapeva parlare al mondo con lacrimosa sincerità. Un 5 aprile 2019 questo che difficilmente dimenticheremo vista l'improvvisa dipartita di Shawn Smith, voce dei Brad al fianco di Stone Gossard.

Alla giovane età di 35 anni, Layne Staley, cantante degli Alice in Chains, si spense dopo l'ennesimo e micidiale mix di sostanze. Una morte quasi scontata viste le sue precarie condizioni di salute ed esasperate negli eccessi. Puntuale anche quest'anno il mondo dei social lo ha ricordato, postando in particolare videoclip tratti dall'Unplugged in New York, per molti appassionati il migliore in assoluto di quella tipologia, e dal live al More Theatre con i Made Season, side-project condiviso col chitarrista dei Pearl Jam, Mike McCready. Non sarò certo io a svilire i suddetti due concerti ma se devo pensare a Layne, mi lascio da parte tutto questo, entrando in empatica sintonia con la sopracitata No Excuses. Manifesto silenzioso dell'inesorabilità della sofferenza e accettazione di ciò che bisognerà affrontare, senza scuse per l'appunto, né incolpando nessuno.


IN ETERNA E DILANIATA CONFIDENZA 

In piedi sullo sgabello,
non sto guardando il mondo
né ammirando le barchette
che qualcuno domani
lascerà naufragare… In piedi
sulle mie braccia, esili pianificazioni
dell’immediato
si sommano a parole, e
nessuno possiede la volontà
di scendere ustione dopo ustione…

Anche se potrebbe essere
rovinosamente felice
non mi calerò sopra i tetti
a diagnosticare
una facile dispersione dei miei occhi

Ho fatto incetta
di privilegi, e adesso
nessuno mi riconosce… Ho
preso le bolle di sapone
e ci ho messo dentro un canestro
istruito da movimenti
al limite dell’onirico… Avresti
qualcosa da gridare
o ti stai limitando a fare del tuo ruolo
una sagoma
pronta per la vivisezione?

Hai le mie mani davanti,
che cosa dovrei ancora fare?
Non ho bisogno di nuove
convinzioni, voglio solo colorarmi
di una strada sicura... Farò così,
e poi renderò visibile
la via del ritorno. Ti starò vicino
e mi ricorderò sempre
di te. È stata colpa mia,
ma questo non mi basterà mai… Ti
resterò vicino
e un giorno anche noi
avremo la nostra pace 
(Venezia, 15 Aprile ’19)

No Excuses, by Alice in Chains

Alice in Chains - Layne Staley e Jerry Cantrell nel videoclip di No Excuses

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