!-- Codice per accettazione cookie - Inizio -->
Visualizzazione post con etichetta Mike McCready. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mike McCready. Mostra tutti i post

giovedì 15 dicembre 2022

Mad Season, i demoni risplendono "above"

Il cantante dei Mad Season, Layne Staley

Fendenti di pura oscurità splendente. Above (1995), l'unico disco della superband Mad Season. Tutto dolorosamente dal vivo in un epico concerto al Moore Theatre di Seattle

di Luca Ferrari

"Then a deamon comes to me
You must know
I'm gonna win
... Yeeeee, lifeless death!"


Un viaggio nell'ignoto senza ritorno, né paura o redenzione. Buio, luce accecante e la coscienza del proprio sangue sgorgato (sgorgante). Nel 1995, tre delle migliori band di Seattle unirono l'anima e la propria sofferenza, dando vita al supergruppo Mad Season. Voce, Layne Staley (Alice in Chains); chitarra, Mike McCready (Pearl Jam); basso, John Baker Saunders; batteria, Barrett Martin (Screaming Trees). Presente anche il cantante di questi ultimi, Mark Lanegan, ai microfoni di Long Gone Day per un duetto da brividi. La band realizzò un solo e strepitoso album, Above, suonato pochi mesi dopo l'uscita al Moore Theatre di Seattle. 10 canzoni in tutto e 55 minuti circa di materia indefinibile. Un monologo interiore dove i sogni sono un'utopia e la vita, uno sforzo costante per non lasciare alla sabbia dell'oblio l'ultima tragica parola. 

Ad aprire le danza, un rock blues ipnotico quasi straziante. Wake-up. Lo devo ammettere. In principio la reputai fin troppo lenta e solo grazie al suddetto concerto live, la riabilitai nel mio personale gusto. Wake up, young man, it's time to wake up/ Your love affair got to go... Il testo prosegue parlando di cicatrici facili da leggere e un'implorazione quasi disperata (rassegnata) di appena un po' di pace. In tutto questo Layne canta con una disarmante dolcezza e Mike sembra posseduto dalle migliori intenzioni Hendrixiane. X-Ray Mind, è sempre stata una delle mie preferite. A dir poco lancinante la parte chitarristica di McCready, il cui assolo finale è reso ancor più intenso del cantato di Staley.

                                                             
Mad Season, X-Ray Mind (live Moore Theatre, Seattle)

A dispetto del grande successo che riscontrò tra il pubblico, River of Deceit, non mi ha mai conquistato, e ancor meno l'esageratamente lenta-nervosa Artificial Red. Ben di più incisiva I'm Above, con la voce di Layne capace di scalare nuove vette e un ritornello talmente potente da creare un uomo a mani nude:

How is it you're feeling so uneasy?
How is it that I feel fine?
Life reveals what is dealt through seasons
Circle comes around each time
...
I've been blessed with eyes to see this
Behind the unwhole truth you hide
Bite to remind the bitten, bigger
Mouth repaying tenfold wide... I'm Above...


Autentica apoteosi rabbioso-malinconica, Lifeless dead e I don't know anything. Quasi metal per certi versi, con venature rock anni 70. La potenza sonora mescolata ai graffi vocali rendono queste due canzoni un impavido fiammifero in mezzo alle temeste più gelide. 

...And although he'd not accept
She was gone and so he wept
Then a demon came to him
"You must know I'm gonna win" 
... Yeah, Lifeless Dead


I Don't Know Anything l'ho sempre sentita come una (personale) dichiarazione guerra al mondo, dove da una parte c'è una corsa sfrenata verso la soddisfazione materialista, dall'altra c'è un'anima turbata contesa tra voragini e albe mal raccontate. Domande, pensieri e ancora domanda:

Why we have to live in so much hate everyday?
Oh yeah Why the fighting and the coming down, am I sane?
I don't know
When the teacher put the ruler down on my hand I laughed
Cross my heart and hide reliever in trails of blood I love

                                       
 Mad Season - I don't know anything live Moore Theatre (Seattle '95)
 
Complice anche la seconda voce del profondo Mark LaneganLong Gone Day è sempre stata la consegna collettiva di un tramonto spento, rinato solo per spegnersi ancora. Due frasi su tutte:

[...] Am I the only one who remembers that summer ...
Long gone day
Mmmm, who ever said
We wash away with the rain


Chiudono l'album November Hotel e All Alone. Non le ho mai ascoltate particolarmente perché quello che avevo udito fin'ora, era troppo e a quel punto era tardi per qualsiasi aggiunta.

Sarebbe troppo riduttivo dire che Above mi piacque in modo pericoloso fin dal primo ascolto, per altro avvenuto in un periodo della mia vita in cui ero già sotto dosi massicce di Dirt, album "senza ritorno" degli Alice in Chains. Fu così che in una gelida mattinata, entrai in una biblioteca, ma invece di perdere tempo ad assimilare nozioni del tutto inutili, tirai fuori carta e penna e iniziai a ricopiarmi tutti i testi dei Mad Season, in contemporanea passandoli nel walkman a un volume molto elevato. Talmente forte che a un certo punto mi fu chiesto se cortesemente potessi abbassare il volume. Ricordo di aver guardato quella persona e poi tutti gli altri studiosi. Acconsentii la richiesta. Andai avanti ancora un po' e poi me ne andai a vagare al freddo e nella solitudine. Avevo solo 18 anni.

Le news a metà anni Novanta si leggevano solo sulla stampa specializzata e questo album mi passò sotto il naso anche perché le prime recensioni non ne diedero un ritratto particolarmente edificante. A farmelo scoprire, la persona più impensabile. Un caro amico del tutto avulso alle band di Seattle, per non dire che le detestava proprio, preferendogli soggetti come Motley Crue, Guns 'n' Roses e Skid Row. Ma tant'è, la cassetta con tutte le canzoni mi arrivarono entusiaste da lui e con tanto di dedica. Letti i componenti della band, me la infilai nel walkman iniziando un viaggio che cementò ulteriormente la mia ispirazione e passione per quel rock così dolorosamente forte e oscuro

Above
uscì nel marzo 1995. Il live al Moore Theatre di Seattle si tenne poco dopo, il 29 aprile dello stesso anno. Fu l'ultimo bagliore di un'epoca che ormai si stava estinguendo. L'anno successivo ci sarebbe stata l'esplosione del Brit pop, boyband e girlband. Per Mike McCready sarebbe iniziato un periodo molto doloroso culminato nella diagnosi del morbo di Crohn, mentre Layne sarebbe via via sprofondato sempre di più nell'abisso delle dipendenze, fino alla prematura morte (5 aprile 2002), riuscendo comunque a lasciarci in eredità con i suoi Alice in Chains il possente album omonimo e un indimenticabile (spettrale) concerto Unplugged, entrambi realizzati nel 1996.

Above
dei Mad Season iniziò a risuonare nella mia anima durante il natale 1995. Non è mai stato un album come gli altri. Forse anche più di Vitalogy, era intriso di una tristezza senza fine per un mondo che era cambiato e continuava a cambiare nel modo sbagliato. La poetica di Seattle non interessava più a nessuno, Kurt Cobain se n'era andato da un anno e a noi anime senza futuro, ci era toccato il gravoso compito di continuare a vivere portandoci appresso troppe domande, credendo illusi di poter trovare qualcosa. Above non ha nessuna risposta. Adesso però, a distanza di quasi trent'anni, ne colgo anche l'impetuosa consapevolezza. Above apparterrà sempre a tutto quello che sono. Alle volte sarà una lacrima. Alle volte un ricordo violentato. Altre volte, semplicemente, il sorriso per una nuova alba che ho lottato per far vivere e magari condividere.

CORRENDO SULLE PALPEBRE DEL VUOTO


sono insieme a voi,

… non staremo

insieme per molto tempo,

appena me ne sarò andato

non sentirete nemmeno parlare

di ciò cui un giorno

faticherete a confidare

anche oggi

ho ricopiato il nome

dei miei assassini

e non mi sento assolutamente

meglio… vuoi

provare a negarlo? Vorresti

provare a contraddirmi?..

il corpo ricoperto

delle mie parole,

e le balbuzie sono sanguinosamente

ostili alle menzogne…cosa me ne farò

di questi pugni

adesso che ho capito

come poterli convincere…

perché dici di conoscere

le coordinate

delle mie lacrime

anche se continui a girarti

dall’altra parte… questa

è solo un’altra storia

senza fantasmi né millepiedi,

i pugnali dei bisogni 

sono fiori sospesi

che non hanno mai sentito 

la necessità

d’inscenare la propria fine.. (Venezia, 16 Dicembre ‘22)

Lifeless Dead live Moore Seattle '95, by Mad Season

Il chitarrista Mike McCready (Mad Season)

martedì 26 giugno 2018

Mano nella mano col rock dei Pearl Jam

Padova, stadio Euganeo – la performance dei Pearl Jam © Luca Ferrari
Mano nella mano con le emozioni, solitarie e condivise. Viaggio istintivamente emozionale nel concerto patavino dei Pearl Jam.

di Luca Ferrari

Disseminate dentro le loro note c’è una ricca porzione della mia identità, memoria ed eredità. Riprendo il cammino. Sono pronto a nuove dichiarazioni. Per la quarta volta assisto a un concerto dei Pearl Jam: il primo da ventenne a Roma 1996, poi il Jammin Festival 2008 al parco di San Giuliano di Venezia, l'intenso e atteso show a Trieste 2014 e ora Padova 2018. Ancora loro, i Pearl Jam. Una piccola e inattesa scintilla intanto si manifesta dentro me, quando ancora sono lontano. Un istintivo atto di riscatto vitale e continuità scandito dalle loro note. Un amore appena cullato. Qualcuno direbbe. I changed by not changing at all. È  proprio così. Possiamo andare.

Padova, stadio Euganeo (24 giugno). A distanza di un anno esatto dalla performance solista di Eddie Vedder a Firenze, l’intera band dei Pearl Jam è pronta per un nuovo entusiasmante concerto del loro tour europeo senza nuovi album da presentare. Sembra ieri di averli visti nel capoluogo friulano ad ascoltare per la prima volta la loro ultima fatica discografica, Lightning Bolt. Alle 21,04 i rocker di Seattle attaccano con Pendulum, proprio dal suddetto, seguita da un’altra canzone soft, Low Light, per poi iniziare ad alzare il ritmo (e i decibel) con la graditissima e grandiosa Last Exit.

Per la prima volta al mio cospetto non suonano né Jeremy né la cover NeilYounghiana Rockin’ in a free world, sostituite (se così si può dire) da God’s Dice, Down, Crazy Mary e l’immortale cover degli The Who, Baba O’ Riley. Sarebbe stato troppo ascoltare altre perle inedite come Strangest Tribe. In compenso assistiamo esterrefatti a una poderosa esibizione di Even Flow con un Mike McCready strabordante più che mai. Per tecnica e velocità, quasi un chitarrista heavy metal. Analogo discordo per il tastierista hawaiano Boom Gaspard, strepitoso nella sopracitata Crazy Mary.

Ma voi tutto questo già lo sapete, così come che Stone Gossard e Jeff Ament restano più defilati mentre Eddie Vedder fa il suo show. Voi già lo sapete ma io non sto scrivendo su Live on Two Hands - le parole come non le avete mai ascoltate, per raccontarvi ciò che già conoscete. La track list e le banalità sul rabbia e il grunge, genere mai esistito e su cui erroneamente la stampa continua a disquisire, le lascio agli altri. Live on Two Hands è prima di tutto onestà emotiva ed è quello che farò ancora una volta. Nelle prossime inframmezzate righe sentirete proprio questo. Un’ondata di sentimenti in cui spero vorrete indugiare il più possibile. E se non trovate la via d’uscita, allora le avrete davvero comprese.


AL CHIARO DI UN'ETERNA STORIA CONDIVISA 

Gruppi in sommossa
contro l’effimera immortalità… da
dove siamo davvero emersi?
Dentro l’apparato di affermazione
c’è solo la ragione degli ultimi,
sono i saluti che ancora piovono
vicini alla luna… e quei fiumi
spogli di scontri e sponde, che
garantiscono il movimento
del nostro ritorno… si,
ho tolto tutti quei superflui segmenti
dalle loro indicazioni e ora
siamo tutti più inclini
a non racimolare la nostra libertà

Scie alfabetiche sull’orlo marino
desiderano e singhiozzano… non vogliamo
ideatori a salve
nella nostra nuova antologia… è vero
che al giorno d’oggi
un nome non significa nulla
se non una mano priva di radice?
Fermiamoci… Perché fate a gara
per rispondermi… io non
ve l’ho chiesto
e attorno ci sono anche cuori lontani
così come chi ha definitivamente
dato l’addio
alle proprie saracinesche… e in questo
aggiornato girotondo umano i sorrisi del passato 
balbettano beati 
da dietro il flusso più spericolato…

Frecce differenziate
attraversano albe posteriori… in che direzione
stanno andando le farfalle?
Dovrei chiedere a ciascuno di voi
quale sensazione le/gli abbia appena permesso
di ricominciare a vivere...
Era rimasta conficcata dentro… era
rimasta fioca
e senza nessun obbligo di perdono…
Facciamo le valigie insieme
e senza scarpe di ricambio, oggi
camminerò solo mano nella mano
(Padova, 24 Giugno ’18)

Even Flow (Pearl Jam), live Padova 24 giugno 2018

 Due fan si avviano a vedere il concerto dei Pearl Jam allo stadio Euganeo di Padova © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il pubblico assiste alla performance dei Pearl Jam © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il bassista Jeff Ament (Pearl Jam) © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il chitarrista Mike McCready (Pearl Jam) © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il cantante Eddie Vedder (Pearl Jam) © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il pubblico assiste alla performance dei Pearl Jam al chiaro di luna © Luca Ferrari

Cerca nel blog

Post più popolari