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martedì 26 marzo 2019

Viaggia insieme a me, io ti guiderò

Videoclip di Viaggia insieme a me (Eiffel 65)
Sono già passati due anni insieme a te, e la strada è ancora molto lunga. Ma come cantava il gruppo dance italiano Eiffel 65, "Viaggia insieme a me, io ti guiderò"...

di Luca Ferrari

Le vie dell'arte sono infinite, e la musica non è da meno. Doveva essere il 2003 quando uscì questa canzone e io avevo da poco iniziato la mia attività giornalistica a Firenze. Nulla all'epoca mi avrebbe mai potuto far avvicinare a una band di dance elettronica o qualcosa del genere. Meno che meno l'idea di paternità mi sfiorava il cervello. Quella canzone però, Viaggia insieme a me della band popdance italiana Eiffel 65, mi entrò dentro e vi è sempre rimasta. Adesso quel viaggio è iniziato. Due anni esatti fa, quel viaggio aveva inizio e dopo 24 mesi è tutto ancora più entusiasmante di quanto non lo avrei mai lontanamente immaginato.

Una canzone toccante e un videoclip  ancor di più, quello di Viaggia insieme a me. Sarà stata la storia, a me purtroppo molto familiare. Quella di un ragazzino bullizzato, deciso però a risolvere la situazione chiedendo aiuto a casa. Eccolo lì, suo padre, pronto a sostenerlo e insegnargli ad affrontare le angherie di due ragazzi più grandi (e forti) di lui. Le immagini del videoclip mi entrarono facilmente in circolo. Quella storia non smise mai di rimanermi dentro, e così pure le parole. "Viaggia insieme a me/ Io ti guiderò / E tutto ciò che so, te lo insegnerò/ Finché arriverà il giorno in cui/ Tu riuscirai a fare a meno di me"... Io ti porterò dove non sei stato mai/ E ti mostrerò le meraviglie del mondo/ e quando arriverà il momento in cui andrai tu, tu guiderai/ tu lo insegnerai ad un altro/ un altro come te...".

Viaggia insieme a me... Un gesto d'amore paterno verso una creatura che sta iniziando ad affrontare la vita, ma saggiamente capisce che il proprio è solo un passaggio. Lui è un traghetto per suo figlio e presto lo dovrà lasciare andare, sostenendolo nelle difficoltà e gioendo quando la vita gli sorriderà. Comportandosi così da genitore responsabile, tralasciando le proprie egoistiche ambizioni/frustrazioni. Le parole degli Eiffel 65 scorrono dolci ma decise, come un cucchiaio di miele capace di lenire le prime ferite della vita. Una guida nella tormenta. Una mano e un sorriso per condividere l'esistenza e le sue strettoie. Semplicemente, una promessa mantenuta da padre a figlio. Una promessa che non dovrà mai venire meno...


STORIA DI UNA FIABA CHE CONTINUERÀ 

Vedo i venti a fianco a te… Vedo
Te… Ecco, un nuovo istante.
C’è una storia per noi,
un'onda consolidata 
tra geometrie frastagliate 
e pigolii scivolosi
dove il fango lascia posto
alla vita… e non ho più posto 
per nuovi sogni
perché ci siete sempre voi… E non
ho più bisogno delle stelle
perché adesso
appartengono tutte a te... Adesso
sento lei accanto al tuo risveglio
… Anche ora, c'è la sua risata
sopra il battito 
delle tue prime nuove scoperte… E c’è
una fiaba
che non smetterò mai di leggerti,
e c’è una storia
che mi dovrò guadagnare
il diritto di dedicarti
ogni anno… E c’è una vita intera
per cui dovrò lottare
per avere pieno diritto di sostenere… E ci sono
due persone
che non baratteranno mai
ogni tuo singolo passo
con una facile sosta sopra le nuvole… Dimentica
i numeri
che vedi appallottolarsi 
attorno le mie mani, il domani
scorre nel momento, e poi un altro ancora..
Oggi ti sei svegliato
circondato da ognuno di noi, domani
sarà ancora così... Con parole diverse
e un oceano di meraviglie... Voglio ancora 
dirtelo… Te lo sussurro,
non avrò mai spazio
per abdicazioni… Muscoli
involontari e concitati… Non ti
accompagnerò dicendoti che il mondo
sia il posto peggiore
del pianeta… Non ti racconterò
menzogne
sulle affermazioni di presenti
che vorrebbero essere altrove
ma io sono qui per te… La luna
si è scambiata di pascolo
con i fagiani lungo la strada… Aggiungo
una notte,
e saremo sempre noi...
(Castellina in Chianti [SI], 25-26 Marzo ’19)

Viaggia insieme a me, di Eiffel 65

La popdance italiana, Eiffel 65

sabato 9 marzo 2019

L.A. Guns, la strada di One Way Ticket

Di corsa per Venezia ascoltando gli L.A. Guns © Luca Ferrari
Amore. Forza. Canta disperata la voce di Phil Lewis accompagnata dalla ruvida armonia rock di Tracii Guns. Sono ancora sulla strada, e corro per il mondo insieme agli L.A. Guns.

di Luca Ferrari

Rock sincero, sporco e grintosamente melodico. Basterebbe dire che nella prima line-up della storica band californiana L.A. Guns militasse un certo Axl Rose, futuro frontman dei Guns 'n' Roses, per capire che abbiamo a che fare con un gruppo fondamentale per la scena di Los Angeles degli anni Ottanta, fondato dal chitarrista Tracii Guns. Il loro primo album omonimo (1988) è un concentrato di rock deciso e sincero, nel mezzo del quale la ballata One Way Ticket faceva ancor più emergere le doti canore di Phil Lewis. Una canzone quella, che ancora oggi riesce a emozionarmi lasciandomi statico davanti a un panorama, e allo stesso tempo incendiare le ultime gocce di benzina per condurmi al traguardo.

L.A. Guns è uno di quegli album perfetti. Una canzone di più e tutto l'apparato stonerebbe. Alla stregua di altri capolavori come Never Mind the Bollocks (1976, Sex Pistols) o Appetite for Distruction (GNR), una dopo l'altra le song si danno il cambio facendo sempre più crescere la voglia. No Mercy, Sex Action, One More Reason, Electric Gipsy, Noting to Lose, Bitch is Back non danno tregua. Arriva dunque il momento della strumentale Cry No More alla quale si lega One Way Ticket. A questo punto il sound riprende decibel con le ultime Hollywood Tease, Shoot for Thrills e Down in the City. Io però sono ancora sulla strada e ho qualcosa da dirle insieme a One Way Ticket dei leggendari L.A. Guns.


VESTITO D'ALBA E PELLE VIVA 

Mi sono risposto
all'incontrario e sto ancora
camminando... sono bugiardo
perché non l'ho mai fatto,
la pioggia però... quella
al riparo dall'estinzione
è sempre stata autentica...

Lo vogliamo trovare un compresso
nel nostro prossimo
dialogo? Il pianto è come la pazzia,
va compresa,
anche se di mezzo ci può essere
un abbandono

Le carovane sono ordinate
e tutte statiche... Io sono arrivato
adesso e non mi volete
nemmeno stare a sentire... Proseguirò
oltre come ho sempre fatto,
andrò avanti
lasciando alla strada il compito
di fingere di aver dimenticato... Non
mi coprirò la testa
per nascondere l'odore
di ciò che mi ha cambiato... le
api hanno confuso
il loro ciclo, io però non sono sicuro
che tu non abbia freddo,
e così andrò avanti ancora... aspetterò
di avere la bocca piena zeppa
di petali
e poi mi presenterò alla tua piccola porta

quelle urla sono state l'usignolo
dei miei stessi incubi, adesso
le sento
con le distanze che si scambiano
di piede, e mi chiedono
a gran pergamena
di essere la normalità del mio ennesimo
sbarco sovrannaturale... Siamo
ancora mano nella mano,
io e te... Nell'orizzonte
di ogni ritorno immortalato,
c'è solo quello
che voglio insieme a noi
(Venezia, 9 Marzo '19)

L.A. Guns - One Way Ticket

Una variegata playlist che include anche One Way Ticket (L.A. Guns) © Luca Ferrari

martedì 26 febbraio 2019

Gotta Get Away, furiosamente The Offspring

Dexter Holland, cantante degli Offspring nel videoclip Gotta Get Away
"Dovevo dire tutto, e poi andarmene da me stesso. Per sempre". Musica, lyrics ed esistenza si fusero l'un l'altra. Quello era il tempo degli Offspring e la possente Gotta Get Away.

di Luca Ferrari

Un ragazzo in mezza alla folla selvaggia. Un pogo. Lui contro il mondo. Era la tarda primavera 1995 quando uscì il videoclip di Gotta Get Away, dall'album Smash della rock band The Offspring. Voce melodica quella di Dexter Holland. Suono pulito ma possente. Fu amore a primo ascolto, e fu decisamente un'eccezione. La maggior parte delle band che ancora ascolto infatti, per le ragioni più disparate, in principio mi furono sempre antipatiche. Tutte, nessuna esclusa: Nirvana, Pearl Jam, Megadeth, Guns 'n' Roses, Skid Row, Green Day, etc.

Quello era un momento di rottura definitivo. Una strada finalmente senza ritorno. Loro, gli Offspring avevano già sedotto MTV con le ancora più rocker e melodiche Self-esteem prima, Come Out and Play poi, simbolo eterno quest'ultima del mio primo concerto al Beach Bum Rock Festival di Jesolo (Ve). Gotta Get Away degli Offspring ha sempre suscitato in me la sensazione di una corsa furiosa. La sensazione di arrivare alla fine di un qualcosa tutto coperto di sangue ed esausto. Però, in piedi e deciso a proseguire, anzi, a cominciare qualcosa che fino a pochi mesi prima sarebbe stato improponibile.


FURIOSAMENTE LONTANO DA ME

Non fui riconosciuto
e non lo sono ancora,
che cosa avrei da dirvi?
In quei giorni
ascoltavo solo la mia voce
ma era solo
un continuo sbriciolarsi di labirinti 
insonorizzati

Non sai ancora chi sia
ma non te l’ho mai chiesto,
questa è una delle tante guerre
che ebbi solo il coraggio 
di rinviare senza salve 
né alberi di bosco...

Non mi hai ancora chiesto
chi diavolo sia,
questa fu una guerra che segnò
la loro fine… Questa
fu la vetta dove decisi di bruciare
fino a sentire 
davvero le mie urla… Era
la prima volta… Era la mia vera 
vita… Solitario per una terra
che non avrei più voluto

Sono ancora esistente,
è solo passato del tempo... Che cosa
significa andare avanti
per voi? Che cosa è ancora
rimasto da dirvi?
Quanti occhi hanno ingiustamente
mantenuto la loro posizione
neutra? Non scioglierò
i cani… Non chiamerò a raccolta esoterismi
né i miei fulmini
più innocenti… Le riconoscete
queste parole?
Attendi cattivi sogni  questa notte
… Questo è il mio sorriso
più furiosamente sincero
(Venezia, 26 Febbraio '19)

Gotta Get Away, videoclip by The Offspring

The Offspring nel videoclip Gotta Get Away

venerdì 15 febbraio 2019

Harvest Moon, l'amore rock di Neil Young

Neil Young suona Harvest Moon
Because I'm still in love with you On this harvest moon. Romanticismo. Amore. Semplicità. Tutto in una delicata canzone rock. Tutto nella poetica Harvest Moon di Neil Young.

di Luca Ferrari

Ci ho messo quasi un mese e mezzo ma alla fine l'ispirazione vera, quella che ti fa venire voglia di aprire i cassetti, me l'ha tirata fuori. Merito suo. Merito di quel cantautore che sempre di più incarna il meglio della mia esistenza. Lui, il rocker canadese senza età, Neil Young. In un'epoca dove tutti hanno qualcosa da dire su qualsiasi argomento, sento le mie poesie ancor più preziose e dunque mai così deciso a tenerle solo per me. Ci sono dei momenti però, dove scampoli di passato si sovrappongono alla dolcezza del presente e capisci che avevi visto giusto. Capisci che la semplicità che un tempo sognavi, oggi è realtà e nulla come la ballata di Harvest Moon riesce a incarnarne l'anima più sentimentale.

Neil Young, ancora lui. La sua musica è ormai la colonna sonora di ogni mio viaggio, lontano e vicino. La sua tenera malinconia spalmata da mille assoli e accordi, rende la musica un universo esplosivo. L'omonimo album uscì nel 1992, un'annata straordinaria per il rock che vide la nascita anche di altri capolavori a cominciare da Automatic for the People (R.E.M.), quindi Dirt (Alice in Chains), Fear of the Dark (Iron Maiden), Angel Dust (Faith No More), Rage Against the Machine (RATM), Core (Stone Temple Pilots) e Countdown to Extinction (Megadeth). Un periodo memorabile per le sei corde e una cultura nuovamente imperniata di quel cuore battagliero e romantico degli anni Sessanta, qui, nel video di Harvest Moon in un mix di semplicità hippy, passione e madre natura.


A QUELL'AMORE SOPRAVVISSUTO DEL MIO CUORE

Assonnato
e felicemente introverso... Credo
ricomincerò da capo
e di questo inizio
non troverete alcuna freccia mortale...

Mi sono isolato
e volevo appunto questo... Non potevo
stare insieme a nessuno di voi
perché la solitudine
era la mia confidente ideale... le stelle,
decidevano loro
quando era l'ora di rimanere, e io 
facevo loro un ritratto... senza reclami...

Oggi è stato un giorno
di tanto tempo fa... Oggi
sto vivendo un giorno
che una volta sognavo tra saggezza
e abbandono.... Contemplazione
d'intenti... e lo avrei fatto ancora,
anche solo per citare
i miei saluti più prossimi e definitivi

Che cosa si nascondeva dentro
la disperazione
della dolcezza più affranta? Un tempo
c'era un uomo
e lì fuori un un mondo che gli avrebbe dovuto
somigliare di piùUn tempo
le creature s'incontravano
senza la consapevolezza del domani... Se pensi
ti stia chiedendo qualcosa,
non hai capito nulla... Oggi sono sincero,
domani lo sarò ancor di più

Pozzanghere si agitano sotto la luna
dov'è la differenza
con gli scaffali muti zeppi di titoli tronfi
di reiterate invidie? Non potrei mai separarmi
dalle mie lance
ma nessuno di voi le potrà più trovare
Il sogno di una volta
mi ha chiamato per nome e voleva
solo me... Si sono ricongiunte
le nostre lacrime
e adesso possiamo andare avanti
insieme
(Venezia, 15 Febbraio '19)

Harvest Moon, by Neil Young

Harvest Moon (videolcip), by Neil Young

lunedì 31 dicembre 2018

Fatevi avanti, Masters of War

Eddie Vedder (Pearl Jam) canta la cover Dylaniana, Master of War
Fatevi avanti, signori della violenza. Il vostro tempo è finito. Vorrei lo capissero in tanti. Vorrei che fossimo in tanti a cantare Master of War di Bob Dylan, qui coverizzata dai Pearl Jam.

di Luca Ferrari

Tornano in mente le parole finali, la musica. Perché adesso? Troppo veleno. Troppi interessi. Troppi egoismi e noi stritolati dall'interno. Noi, seviziati dal sangue digitale. Sconfinati "ho ragione io". Bob Dylan ci tramanda la sua Master of War con emblematiche parole: "Come you masters of war/ You that build all the guns/ You that build the death planes/ You that build the big bombs/ You that hide behind walls/ You that hide behind desks/ I just want you to know/ I can see through your masks". Bob ha scritto, i Pearl Jam reinterpretano, incisa nell'album acustico Live at Benaroya Hall (2004). Adesso tocca a me. Non userò scorciatoie. Camminerò lento e vi guarderò negli occhi uno per uno.


IL MONDO FINIRÀ DOPO DI VOI 

Spot di derivazione... Menomazioni
ossequiose... Primi piani, rendiconto
di povertà... Non mi vedrete più
camminare sui coperchi delle vostre latrine
e nascondermi
nello stereotipo falsificato
di un orario che non smetterà mai 
di ululare squadrista

… Credete che io sia (il) solo?
Togliete pure i mattoni
dal soffitto
che non finirò mai di pagare… Avvisate
le nuove dogane del mio imminente
arrivo... Accusate il vostro vicino
di tutto quello che è sfuggito
al vostro controllo... Domani il mondo
deve sapere che cosa vi è piaciuto… Venite
pure a smascherare l'umanità 
che ho in serbo
con la vostra ideologia fuori legge, il
mondo non può più aspettare... questo
vecchio mondo vi dimenticherà presto

È importante sapere
che tutti conoscano
la vostra distanza dal precipizio
Fate pure a meno di me, sono ancora 
spaesato
e non riesco a trovare più pace 
da quando i sogni
hanno preteso condizioni e preghiere

Un tempo sapevo trascorrere il mio tempo 
seduto davanti al mare
con le braccia spalancate… Un
tempo ho ricevuto
tanti pugni lasciando che nessuno
si sia mai fatto carico
della mia verità… Volete
vedere come adesso affogherà
il mondo? Mettere a repentaglio
vite umane
è la vostra missione e ne siete
ancora adorati… Oggi mi sono tolto
la pistola dalla bocca... Oggi
ho silenziato le bugie
del vostro intero universo
(Venezia, 30-31 Dicembre ’18)

Master of War, performance live by Pearl Jam

giovedì 20 dicembre 2018

R.E.M., lettera all'arcobaleno

Patty Smith e Michael Stipe (R.E.M.) cantano insieme/... © Luca Ferrari
Suonano gli R.E.M. Intona la voce di Patty Smith. Questa è la storia di tutti noi e di come un arcobaleno si fece recapitare una lettera sensoriale dal calore umano del nostro primo nido.

di Luca Ferrari

Ci sono canzoni che scandiscono sussulti della nostra esistenza. Ci sono canzoni che vanno oltre le stesse coordinate temporali. Una di queste è la poetica E-Bow The Letter, scritta dagli R.E.M. con l'inimitabile accompagnamento vocale di Patty Smith. Tutto iniziò nella solitudine di un'agenda dove non c'era spazio nemmeno per il giorno dopo ma quella storia così fragile si dimostrò molto più forte arrivando a rialzarsi e viaggiare su molti più cieli di quanto non si sarebbe mai nemmeno immaginato. Ecco, adesso è tempo di una nuova storia in diretta e nel pieno della sua più naturale poesia. Ora è il momento di una nuova storia da far cullare alla più dolce delle immortalità.


LETTERA SENSORIALE ALL’ARCOBALENO

Legami di umanità... Pigolii... Passi
spontanei... Sono entrato 
tra sovrapposizioni di stelle… Un cuore dopo 
l’altro... Tenere
meraviglie... Devo ancora prenderci 
davvero confidenza e già non vorrei 
più andarmene… Devo ancora
imparare a rimanere
lontano dalle mie assenze… Le parole 
non hanno mai dato risposta
dove rifiutai  di indietreggiare… Tu allora, 
riusciresti 
a coinvolgere la mia vita con i tuoi sorrisi, 
le nostre domande e la tua vita?
Si. È tutto qui. È tutto
quello che sei. È tutto quello
che siamo… La conoscenza si
scompone... Rimette... Irrompe...
C'è qualche parola rappresa... Il mondo lì fuori
sorvola, corre… Lo ha sempre
fatto… adesso vorrei
che per i prossimi 96 secondi condivisi
fossi capace di restare concentrato
su ciò che sta accadendo ancora,
senza tintinnii né promesse… Eccolo,
di nuovo… Oggi ho realizzato
di non aver mai ascritto
una lettera all’arcobaleno… Voglio
rimediare... Tutti insieme... Confondere
il proprio respiro con le aspirazioni
è più che altro un cromosoma lessicale… Piedi
e corone non fanno per me, oltre modo
meravigliato dai benvenuti infiniti 
e una smorfia di vicinanza sofferente… e poi 
ci siete tutti voi
che ancora non vi conosco, ma mi ricorderò
… Ogni giorno, sempre di più...
Adesso ci sono … Adesso sono di nuovo qui
insieme a tutte voi... Adesso
c’è tutto questo… Prima di andarmene
farò un maldestro tentativo 
di fiocco
sulla coda di un arcobaleno… Prima
di tornare, darò un sincero e nidificato sguardo
dentro ciascuno di noi...
(Venezia, 20 Dicembre ‘18)

E-Bow The Letter, performance live by REM and Patty Smith

martedì 4 dicembre 2018

Marilyn Milano, Mechanical Manson

Il "reverendo" Marilyn Manson/ ... e suo giovane fan © Luca Ferrari
Crocevia di un difficile momento della mia vita, vent'anni fa esatti fa, il 4 dicembre 1998 assistetti al Palavobis di Milano al mio primo adrenalinico concerto di Marilyn Manson.

di Luca Ferrari

Vent'anni esatti sono passati da allora. Vent'anni precisi da quel primo concerto al cospetto del "Reverendo", per il tour del nuovo album Mechanical Animals (1998). Vent'anni esatti fa ero da solo in mezzo a tante anime dannate per assistere al mio primo concerto di Marilyn Manson. C'era molta attesa e curiosità. Con alle spalle un "curriculum da spettatore di tutto rispetto", che poteva già vantare concerti di Iron Maiden (1995), Pearl Jam (1996)Megadeth (1997) e ancora i Maiden (1998)Helloween, adesso era arrivato il momento dello splatter rock di Marilyn Manson.

Milano, 4 dicembre 1998 - Palavobis. Non posso dire fossi in gran forma, anzi. L'annata in via di conclusione mi aveva sfiancato il fisico e la mente oltre l'inimmaginabile. In questo concerto ho sempre avuto l'immagine di un me a brandelli. Fragile e spaesato anche se dentro mai arreso del tutto. Come solevo dire all'epoca: Non si può ascoltare il rock di Marilyn Manson ed essere depressi. Dark si, down no! Troppa rabbia. Troppi decibel. Troppa adrenalina. Il clima dentro l'arena fu quanto di più amichevole possibile. Solitamente avverso alle grandi città, Milano mi accolse tendendomi una mano con la serena promessa di "non fare altro che incoraggiarmi". Ero pronto alla battaglia. Pazienza se fossi caduto subito. Almeno lo avrei fatto con onore.

All'epoca ero perfettamente aggiornato sul rocker americano, avendo nella mia biblioteca musicale tutti gli album fino ad allora pubblicati: Portrait of an American Family (1994), l'EP Smells lile Children (1995) con la grandiosa versione (e videoclip) di "Sweet Dreams (Are Made of This)" degli Eurythmics, Antichrist Superstar (1996) e l'ultimo arrivato, Mechanical Animals (1998). Il concerto fu grandioso. Non lunghissimo e con qualche problema tecnico di troppo. A un certo punto iniziò a circolare la voce che tra il pubblico ci fosse anche Vasco Rossi. Reale o meno, da una parte della folla partì un eloquente: "buffone, buffone".

In quel momento della mia vita, mentale e fisica, pensare di reggere una trasferta di questa portata e assistere a un concerto simile fino a notte tarda, sembrava un'impresa impossibile. Il giorno prima della partenza per il capoluogo lombardo ricordo ancora che fui quasi vinto da mille paure ma alla fine ci andai. Era l'alba di una nuova vita e quel concerto così come quella band, i Marilyn Manson, rappresentarono l'emblema di un urlo nell'oscurità che non aveva intenzione di spegnersi. Ancora non lo sapevo, ma presto qualcuno (più di uno) avrebbe risposto e sarebbe iniziata una nuova era umana fatta di amicizie e ponteggi. Ma questa è un'altra storia. Una storia che vi ho già raccontato.


RICORDI DI UN FUTURO SOGNATO

Sospensione emotiva… Sorretta… Singhiozzi
senza una esplicita volontà di fine… Rotaie imperfette 
e poco indicative… Cominciai
con un desiderio ingiusto, volevo solo 
privarmi d'ogni Vostra futura 
stretta  di mano… Volevo restare fermo
e intraprendere un nuovo  respiro

Niente copia e ricrea
di ciò che ha sempre avuto
un’unica colpa … lascio che qualcosa
si sovrapponga da solo
e nel frattempo farò in modo
che il mondo più vicino
non si sporga troppo oltre la naturalezza
di un risveglio anticipato… A quel tempo
era sempre e solito viaggiare
con più bandiere bianche… Per tutto
questo frastuono
com’è che non ne utilizzati mai 
alcuna? Puoi anche
essere terrorizzato dall’oscurità
ma per vivere tutto questo
ci devi comunque entrare dentro… Puoi
anche chiedere informazioni
dopo ogni centimetro di cammino
ma non sarebbe stato più facile allora
fermarsi e basta?
… Ho la bocca ancora aperta?
Rivedo quelle fauci
e i tanti brandelli delle bende
frantumate
sotto il peso della confusione
più ermetica
e silenziosamente roboante… Credo
che farò due passi questa notte.
Credo che camminerò
per tutti noi… Credo
che lascerò delle tracce alla luce
della pioggia
e l’indomani ci camminerò dentro
ancora e fino a quando… Quel giorno
era il 4 dicembre 1998
e il volto di un papà allo stremo 
chiese un sorriso al proprio figlioletto
prima di spegnersi per sempre… Quel
giorno era il 4 dicembre 1998
e qualcosa dentro il mio volto
si unì per sempre
nella ribellione dell'inevitabile ritorno
e una promessa oggi mantenuta...
(Venezia, 4 Dicembre 2018)

Marilyn Manson live Milan '98

La stazione di Milano Centrale post concerto, nel dicembre 1998 © Luca Ferrari

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