I Pearl Jam |
Ho aspettato più di un anno e mezzo per ascoltare Gigaton (2020), l'11° album dei Pearl Jam. Ed ecco subito Dance of the Clairvoyant ispirare un nuovo sentiero compositivo.
di Luca Ferrari
No, non mi era ancora mai capitato. Non mi era mai capitata "una cosa così", con "loro": i Pearl Jam, la band che ha sempre accompagnato la mia vita. Da quando ho memoria dei rocker di Seattle, quanto mai avrò aspettato prima di ascoltare un loro nuovo disco? Forse una settimana, non di più, incluso il penultimo Lightning Bolt (2013). Questa volta invece, sono trascorsi un anno e nove mesi. Un'eternità! Non ero pronto. Non ne avevo voglia. Non ero mensilmente connessi. Gigaton è sbarcato in Italia il 27 marzo 2020, oggi invece è il 27 dicembre 2021 e lo sto ascoltando da neanche un giorno. Mi è bastato un ascolto ed ecco subito "trovare" un'emozione in perfetta sintonia umano-sonora per mettermi alla tastiera e scrivere qualcosa di impetuoso e imprevisto.
Rewind. Uscito l'11° album dei Pearl Jam, il mondo dei social si scatena subito. Follower della pagina Facebook di pearljamonline.it, inizio a leggere commenti: si va dal cieco entusiasmo a chi consiglia la pensione alla band di Seattle. Tirando un po' le somme, non mi aspettavo granché ma fin dal primo ascolto resto piacevolmente colpito, e soprattutto mi faccio una domanda: che cosa si può chiedere a una band in pista da trent'anni, capace di sfornare album e canzoni capolavoro, sfuggire a qualsiasi etichetta riuscendo sempre a mantenere un'integrità artistica (quasi) unica? Se nel 2021 vedessi un Vedder scimmiottare il se stesso con lyrics e atteggiamenti "young", allora sì che mi sentirei deluso.
Ascolto il disco. Nessun album mi ha mai conquistato dal primo ascolto, nemmeno quelli che adoro alla follia come Vitalogy (1994), restando in casa Pearl Jam, o In Utero (1993) dei Nirvana che per qualità testi è 100 spanne superiore a Nevermind. Tornando a Gigaton, alcune mi canzoni mi entrano subito in circolo, altre le dovrò ascoltare ancora! Le ultime mi sembrano molto influenzate dalla direzione solista del cantante, che per quanto non mi faccia impazzire, ha una sua logica. Ricordo commenti poco lusinghieri quando uscì No Code (1996), oggi uno degli album più amati. Inizio il secondo ascolto. La nuova musica dei Pearl Jam inizia a muoversi dentro di me. Il resto è il presente più istintivamente "creato"...
INSIEME... CASO PER CASA
L'angolo allargato... ricettatori
di sproloqui, assassini d'ironia giocattolaia... è bastata una parola,
un’immagine… un calore
che hanno dato via… lo sto guardando, ed è la sua vita,
è la sua ambientazione umana
... sono i suoi occhi,
zolle che non dovrebbero mai regolamentarsi Non li chiama mai per nome, tutto è subito mutato in un infinito legame vero previsioni… interpretazioni… uno st(r)ato
di perfezione da controllare... lo staranno
davvero pensando?
Avreste mai sussurrato
le medesime traduzioni
al più piccolo ricordo di voi stessi?
c’è una roccia in mezzo al mare,
ci sono scie di energie e gocce che risalgono albe
... Scontri di domani impercettibili...
Una sola notte non dovrebbe essere
nemmeno accettabile… Vi ho mai
dato l’impressione
di aver scelto un unico colore
per le pagine
del mio libro di non-ricordi? Di
quanto torti mi sarei macchiato
se non avessi dato la priorità
a ogni nuova sorgente di vita...
(Padova/Venezia, 25-26 Dicembre ‘21)
Pearl Jam - Dance of the Clairvoyants
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