Un anno di musica si è concluso su Live on Two Hands. Quali sono stati gli articoli più letti? Quelli scritti nel 2022 o ce ne saranno anche di più vecchi? Andiamo a scoprirlo e buon 2023!
29 nuovi articoli pubblicati nel 2022 su Live on Two Hands - Le parole come non le avete mai ascoltate. In questi 12 mesi, i dieci articoli più letti vedono sette scritti pubblicati proprio quest'anno. La seconda piazza però è occupata da un pezzo del 2021, ed è una delle canzoni più romantiche. Sul terzo gradino del podio sale invece, la delicatezza delle Spice Girls, capaci di immortalare un momento di addio e allo stesso felicità condivisa. Notevole anche la 7° posizione, occupata dal primo articolo scritto su questo blog musicale e dedicato alla scena musicale di Seattle. Andiamo allora a scoprire ciò che voi lettori avete più apprezzato.
Alex Britti, l'amore eterno di Una su un milione(2021) - Due bambini. Due ragazzi. Un amore nel loro destino. Il loro grande amore. Quell'amore che ti accompagna per tutta la vita. La dolce fiaba di Una su un milione cantata da Alex Britti.
Goodbye my friends, saremo ancora fianco a fianco - Le strade si dividono, i sentimenti d'amicizia restano per sempre. Come ci hanno tramandato le Spice Girls "orfane" di Geri, Goodbye my friend/ It's not the end...
Rape Me, stuprami e colpisci ancora (2019) - Il branco umilia e colpisce fino a uccidere. "Fallo ancora... Un giorno toccherà anche a te" tramanda l'urlo sensibile di Kurt Cobain. Una promessa vendicativa contro la macho-feccia.
Eric Clapton, a perdifiato Tears in Heaven - Leggende del rock, anime fragili cadute anzitempo. In questo dannato 5 aprile 2022, Tears in Heaven (Eric Clapton) s'intinge della realtà più familiarmente straziante.
Thor: Love and November Rain - Dalla November Rain (Guns n' Roses) live Tokyo '92 alla versione classica del film Thor: Love and Thunder. La poesia è ancora bagnata di lacrime, ma decisa a combattere fino alla fine.
Seattle, Temple of Rock (2012) - Quelle rock band le ho ascoltate per anni al di qua dell'oceano. Arrivato poi a Seattle, fu tempo di realizzare un'antica promessa musicale.
Bruce Springsteen, War is the enemy of all mankind - La guerra è il nemico dell'intera razza umana, cantava Bruce Springsteen nell'immortale War. Ma perché lo capiscono tutti tranne chi lucra dalla morte di innocenti? E noi, che stiamo facendo?
Neil Young, la (mia) grande e poetica storia di Harvest - Le canzoni imparate a memoria. Il vinile regalato. Il viaggio in Canada scandito da quell'album. Autentica colonna sonora della mia vita, Harvest (1972) di Neil Young compie 50 anni.
Mariah Carey, London and Me - Per la prima volta a Londra, nel pieno della mio amore per il rock, a ispirare dolcezza nel mio scombussolato cammino, c'era lei: Mariah Carey e il suo nuovo album Butterfly (1997).
Dall'anima al cuore, e ancora oltre i cieli più remoti e le stelle nascoste che risplendono. Oggi non si celebra solo il natale. Oggi e per sempre, I Won't Forget You (Poison).
Dedica universale, sofferente e veritiera. Ninnananna del buongiorno, per guardare verso una nuova luce. A parte il Greatest Hits uscito nell'estate 1997, non sono mai stato un fan dei Poison e in generale del glam rock più smaccato a parte qualche Cenerentolesca eccezione. La musica però non conosce ostacoli e se Mariah Carey riuscì a rasserenarmi anche nei momenti più oscuri, la band capitanata dal biondissimo Bret Michaels è di recente diventata un must di eventi dolcemente familiari e scatenati. Avevo deciso di non scrivere nulla a natale. Potevo ma non ne avevo voglia, poi sono stato scelto. Mi sei apparsa mentre i sogni avevano altro da fare. I Won't Forget You mi ha sussurrato che era giunto il suo momento, scrivere qualcosa di eternamente vostro... nostro...
OLTRE LE MIGLIA INFINITE DELL'AMORE
non ho scambiato il nulla coi ricordi,
è cambiato quasi tutto… che cosa
potrei raccontarle
che ancora non conosce?
Almeno posso aggiornarla
sull’amore
di due creature nel mondo...
sotto quale stella
adesso si sta riposando?
Vorrei tanto poter
indovinare… pensavo di aver
deciso ogni caduta, adesso
è tutto candidamente
condiviso
I pezzi della strada
si stavano già sgretolando... allora
stavamo vivendo i nostri ultimi giorni
… adesso in questa stanza
vedo una donna e il suo bambino,
in questa stanza
vedo una mamma
insieme alle luci che carezzano
una porzione
di terra gelata senza più confini… un giorno
saremo anche più lontani di così… tutti insieme
Mi prendo una pausa
dalla nostra conversazione…
mi rivolgo
a chi mi è accanto… adesso
vorresti convincermi
che i tuoni ti spaventano di più
di un percolare ibernato…
adesso vorresti farmi credere
che non sarai in grado
di conservare la forza
del tuo cuore
mentre le frecce logorano
un Aldilà che pretende solo pace?
...
Non cerco la parola fine né alleati di un nuovo inizio
... L'infinito è più di un dettaglio
per sognatori e anime in travaglio interiore ...
Il cammino prosegue insieme...
(Podkoren [SLOVENIA], 25 Dicembre ‘22)
Non è più la travolgente cantante dei No Doubt, ma il fascino di Gwen Stefani è sempre unico, corde vocali incluse. Per informazioni, ascoltarla al microfono della natalizia Santa Baby.
Talento, rock e delicata sensualità. Negli anni '90 la cantante No Doubt, Gwen Stefani, era una delle star più luminose, capace di mescolare spirito underground e appeal commerciale, il tutto condito da un'indubbia presenza dirompente. Nel 1997 ero lì lì per andare a un concerto ma poi saltò tutto. Da tempo ormai la bella cantante californiana ha intrapreso una carriera solista, diversa e più incentrata sul mondo della televisione e del marketing. Le doti canore però, restano indubbie.
In occasione della vigilia di natale, eccola dal vivo interpretare un classico delle festività, Santa Baby, canzone resa immortale da Eartha Kitt, e pubblicata nel suo quarto album solista You Make It Feel Like Christmas (2017)
Fendenti di pura oscurità splendente. Above (1995), l'unico disco della superband Mad Season. Tutto dolorosamente dal vivo in un epico concerto al Moore Theatre di Seattle.
"Then a deamon comes to me You must know I'm gonna win ... Yeeeee, lifeless death!"
Un viaggio nell'ignoto senza ritorno, né paura o redenzione. Buio, luce accecante e la coscienza del proprio sangue sgorgato (sgorgante). Nel 1995, tre delle migliori band di Seattle unirono l'anima e la propria sofferenza, dando vita al supergruppo Mad Season. Voce, Layne Staley (Alice in Chains); chitarra, Mike McCready (Pearl Jam); basso, John Baker Saunders; batteria, Barrett Martin (Screaming Trees). Presente anche il cantante di questi ultimi, Mark Lanegan, ai microfoni di Long Gone Day per un duetto da brividi. La band realizzò un solo e strepitoso album, Above, suonato pochi mesi dopo l'uscita al Moore Theatre di Seattle. 10 canzoni in tutto e 55 minuti circa di materia indefinibile. Un monologo interiore dove i sogni sono un'utopia e la vita, uno sforzo costante per non lasciare alla sabbia dell'oblio l'ultima tragica parola.
Ad aprire le danza, un rock blues ipnotico quasi straziante. Wake-up. Lo devo ammettere. In principio la reputai fin troppo lenta e solo grazie al suddetto concerto live, la riabilitai nel mio personale gusto. Wake up, young man, it's time to wake up/ Your love affair got to go... Il testo prosegue parlando di cicatrici facili da leggere e un'implorazione quasi disperata (rassegnata) di appena un po' di pace. In tutto questo Layne canta con una disarmante dolcezza e Mike sembra posseduto dalle migliori intenzioni Hendrixiane. X-Ray Mind, è sempre stata una delle mie preferite. A dir poco lancinante la parte chitarristica di McCready, il cui assolo finale è reso ancor più intenso del cantato di Staley.
Mad Season, X-Ray Mind (live Moore Theatre, Seattle)
A dispetto del grande successo che riscontrò tra il pubblico, River of Deceit, non mi ha mai conquistato, e ancor meno l'esageratamente lenta-nervosa Artificial Red. Ben di più incisiva I'm Above, con la voce di Layne capace di scalare nuove vette e un ritornello talmente potente da creare un uomo a mani nude: How is it you're feeling so uneasy? How is it that I feel fine? Life reveals what is dealt through seasons Circle comes around each time ... I've been blessed with eyes to see this Behind the unwhole truth you hide Bite to remind the bitten, bigger Mouth repaying tenfold wide... I'm Above...
Autentica apoteosi rabbioso-malinconica, Lifeless dead e I don't know anything. Quasi metal per certi versi, con venature rock anni 70. La potenza sonora mescolata ai graffi vocali rendono queste due canzoni un impavido fiammifero in mezzo alle temeste più gelide.
...And although he'd not accept She was gone and so he wept Then a demon came to him "You must know I'm gonna win" ... Yeah, Lifeless Dead
I Don't Know Anything l'ho sempre sentita come una (personale) dichiarazione guerra al mondo, dove da una parte c'è una corsa sfrenata verso la soddisfazione materialista, dall'altra c'è un'anima turbata contesa tra voragini e albe mal raccontate. Domande, pensieri e ancora domanda:
Why we have to live in so much hate everyday? Oh yeah Why the fighting and the coming down, am I sane? I don't know When the teacher put the ruler down on my hand I laughed Cross my heart and hide reliever in trails of blood I love
Mad Season - I don't know anything live Moore Theatre (Seattle '95)
Complice anche la seconda voce del profondo Mark Lanegan, Long Gone Day è sempre stata la consegna collettiva di un tramonto spento, rinato solo per spegnersi ancora. Due frasi su tutte:
[...] Am I the only one who remembers that summer ... Long gone day Mmmm, who ever said We wash away with the rain
Chiudono l'album November Hotel e All Alone. Non le ho mai ascoltate particolarmente perché quello che avevo udito fin'ora, era troppo e a quel punto era tardi per qualsiasi aggiunta.
Sarebbe troppo riduttivo dire che Above mi piacque in modo pericoloso fin dal primo ascolto, per altro avvenuto in un periodo della mia vita in cui ero già sotto dosi massicce di Dirt, album "senza ritorno" degli Alice in Chains. Fu così che in una gelida mattinata, entrai in una biblioteca, ma invece di perdere tempo ad assimilare nozioni del tutto inutili, tirai fuori carta e penna e iniziai a ricopiarmi tutti i testi dei Mad Season, in contemporanea passandoli nel walkman a un volume molto elevato. Talmente forte che a un certo punto mi fu chiesto se cortesemente potessi abbassare il volume. Ricordo di aver guardato quella persona e poi tutti gli altri studiosi. Acconsentii la richiesta. Andai avanti ancora un po' e poi me ne andai a vagare al freddo e nella solitudine. Avevo solo 18 anni.
Le news a metà anni Novanta si leggevano solo sulla stampa specializzata e questo album mi passò sotto il naso anche perché le prime recensioni non ne diedero un ritratto particolarmente edificante. A farmelo scoprire, la persona più impensabile. Un caro amico del tutto avulso alle band di Seattle, per non dire che le detestava proprio, preferendogli soggetti come Motley Crue, Guns 'n' Roses e Skid Row. Ma tant'è, la cassetta con tutte le canzoni mi arrivarono entusiaste da lui e con tanto di dedica. Letti i componenti della band, me la infilai nel walkman iniziando un viaggio che cementò ulteriormente la mia ispirazione e passione per quel rock così dolorosamente forte e oscuro. Above uscì nel marzo 1995. Il live al Moore Theatre di Seattle si tenne poco dopo, il 29 aprile dello stesso anno. Fu l'ultimo bagliore di un'epoca che ormai si stava estinguendo. L'anno successivo ci sarebbe stata l'esplosione del Brit pop, boyband e girlband. Per Mike McCready sarebbe iniziato un periodo molto doloroso culminato nella diagnosi del morbo di Crohn, mentre Layne sarebbe via via sprofondato sempre di più nell'abisso delle dipendenze, fino alla prematura morte (5 aprile 2002), riuscendo comunque a lasciarci in eredità con i suoi Alice in Chains il possente album omonimo e un indimenticabile (spettrale) concerto Unplugged, entrambi realizzati nel 1996. Above dei Mad Season iniziò a risuonare nella mia anima durante il natale 1995. Non è mai stato un album come gli altri. Forse anche più di Vitalogy, era intriso di una tristezza senza fine per un mondo che era cambiato e continuava a cambiare nel modo sbagliato. La poetica di Seattle non interessava più a nessuno, Kurt Cobain se n'era andato da un anno e a noi anime senza futuro, ci era toccato il gravoso compito di continuare a vivere portandoci appresso troppe domande, credendo illusi di poter trovare qualcosa. Above non ha nessuna risposta. Adesso però, a distanza di quasi trent'anni, ne colgo anche l'impetuosa consapevolezza. Above apparterrà sempre a tutto quello che sono. Alle volte sarà una lacrima. Alle volte un ricordo violentato. Altre volte, semplicemente, il sorriso per una nuova alba che ho lottato per far vivere e magari condividere.
CORRENDO SULLE PALPEBRE DEL VUOTO
sono insieme a voi,
… non staremo
insieme per molto tempo,
appena me ne sarò andato
non sentirete nemmeno parlare
di ciò cui un giorno
faticherete a confidare
anche oggi
ho ricopiato il nome
dei miei assassini
e non mi sento assolutamente
meglio… vuoi
provare a negarlo? Vorresti
provare a contraddirmi?..
il corpo ricoperto
delle mie parole,
e le balbuzie sono sanguinosamente
ostili alle menzogne…cosa me ne farò
di questi pugni
adesso che ho capito
come poterli convincere…
perché dici di conoscere
le coordinate
delle mie lacrime
anche se continui a girarti
dall’altra parte… questa
è solo un’altra storia
senza fantasmi né millepiedi,
i pugnali dei bisogni
sono fiori sospesi
che non hanno mai sentito
la necessità
d’inscenare la propria fine..
(Venezia, 16 Dicembre ‘22)
Lifeless Dead live Moore Seattle '95, by Mad Season
Le canzoni imparate a memoria. Il vinile regalato. Il viaggio in Canada scandito da quell'album. Autentica colonna sonora della mia vita, Harvest (1972) di Neil Young compie 50 anni,
di Luca Ferrari Semplice. Acustico. Poetico. Nella storia del rock ci sono dischi che attraversano un'intera esistenza. Harvest (1972) di Neil Young, primo album solista dell'artista canadese, è di sicuro uno di essi. Comprata la cassetta originale, iniziai ad ascoltarlo nella primavera del 1996. Ci mise poco ad entrarmi talmente dentro, tanto da spingermi a comperare il libro NEIL YOUNG - Testi con traduzione a fronte (Arcana Editrice), per poter cantare (...) tutte le canzoni nella solitudine della mia stanza. Un esercizio talmente ben riuscito e fatto centinia di volte, che ancora oggi le ricordo tutte parola per parola. Una pratica così vissuta che dell'intero volume, le uniche pagine strappate sono proprio quelle dell'album Harvest.
Quello che all'epoca ancora non sapevo, è che Harvest sarebbe diventano uno dei dischi più importanti della mia vita, e oggi, 2 dicembre 2022, in occasione del 50° anniversario della sua uscita, vi racconto il perché. E per iniziare al meglio, un assaggio delle lyrics...
"Think I'll pack it in and buy a pick-up Take it down to L.A. Find a place to call my own and try to fix up Start a brand new day [...]"
Una chitarra lenta si fa strada nel silenzio, "Credo che farò i bagagli/ E comprerò un furgone/ Lo porterò a Los Angeles/ Troverò un posto da chiamare mio/ E cercherò di sistemarmi/ Iniziare un nuovo giorno". Inizia così il testo di Out on the Weekend, la prima canzone dell'album Harvest, sincero manifesto di chi fosse alla ricerca di una nuova vita ed era pronto a partire. Se mai delle parole mi avessero potuto fotografare, la successiva strofa resterà un'indelebile istantanea: "Guardate il ragazzo solo/ In giro per il weekend... Non sa trovare la gioia/ Vorrebbe parlare e neanche comincia a dire".
"[...] See the lonely boy, out on the weekend [...] Can't relate to joy, he tries to speak and Can't begin to say [...]"
A momenti alterni della mia vita, Harvest continuò a pizzicare le corde più dolcemente malinconiche della mia vita fino al giorno in cui le note uscirono definitivamente dallo spartito, guadagnando gli spazi originali. Sì, arrivò il giorno di un atteso e lungo viaggio/reportage in Canada, e sebbene non previsto in modo così netto, tutte le canzoni dell'album Harvest divennero la colonna sonora di quella epica traversata su gomma, dal Quebec fino all'isola del Principe Edoardo. Canzone dopo canzone, miglio dopo miglio, panorama sconfinato dopo panorama, tutto quello che un giorno era solo un'ispirazione nella mia mente si stava trasformando nella più grande realtà d'amore condivisa.
L'omonima canzone che dà il titolo all'album, non mi ha mai del tutto conquistato rispetto ad altre, anche se il ritornello l'ho sempre sentito molto mio:
Dream up, dream up, let me fill your cup With the promise of a man - .
Sogna, sogna/ Lasciami riempire la tua coppa/ Con una promessa d'uomo.
Terza track del disco è forse la canzone che mi ha sempre detto poco o nulla, A Man Needs a Maid. Di tutt'altro spessore le tre successive. Un'overdose di semplice intensità. Si comincia con Heart of Gold. Una ballata alla ricerca di qualcosa, sublimata negli eloquenti versi "I crossed the Ocean/ For a Heart of Gold". Adesso immaginatevi di aver fatto esattamente questo, ed essere contemporaneamente nella terra natia del rocker, il Canada, ascoltando la suddetta al fianco di colei con cui vi siete appena giurati amore eterno. La successiva è ancora (se possibile) più emblematica, Are You Ready for the Country?, per poi chiudere con Old Man, autentico manifesto di Neil Young (e del sottoscritto).
"[...] Old man, look at my life I'm a lot like you were Old man, look at my life I'm a lot like you were Old man, look at my life Twenty four and there's so much more ... [...] Old man, take a look at my life, I'm a lot like you I need someone to love me the whole day through Ah, one look in my eyes and you can tell that's true [...]".
Un'anima turbata, e probabilmente fuori posto. Molti anni dentro a dispetto di quelli mostrati sul volto. E quasi gridando, "Uomo vecchio, guarda la mia vita. Ti assomiglia molto. Ho bisogno di una persona che mi ami. Ah, guarda nei mei occhi e potrai scoprire che è vero". Nel trascrivere il testo originale sento la canzone nella mia testa. Rivedo le mie inquietudini segnare ogni singolo passo solitario, e poi camminare in una terra senza fine insieme a quelle stesse canzoni. Sì, io e quel vecchio uomo ci assomigliamo ancora. Siamo gli stessi e siamo diversi. Siamo unici.
Chiudono l'album There's a World, quasi un anno inno alla solitudine, la politicizzata Alabama e infine, la generazionale The Needle and The Damage Done. Una song estremamente delicata per rimarcare i pericoli della dipendenza da droga, "I've seen the needle and the damage done A little part of it in everyone But every junkie's like a settin' sun" (IT) "Ho visto l'ago e il danno fatto Un po' di questo è in ognuno di noi Ma ogni tossico è come un sole che tramonta". Altre reminiscenze di primavere senza domani. Cantilenate su richiesta, ma senza nessuna fiducia che il domani potesse essere qualcosa di diverso da una nuvola in pellegrinaggio costante.
Neil Young è sempre stato un vecchio per quelli della mia generazione che l'hanno scoperto quando aveva già una certa età, logico dunque che una simile canzone rientrasse in quell'alone di consiglio-rock che in pochi eletti sanno dare con credibilità e coerenza. Feci la conoscenza della sua musica alla soglia dei suoi 50 anni, quando realizzò un disco insieme ai Pearl Jam, Mirror Ball (1995). Oggi, alla veneranda età di 77 anni da poco compiuti, è ancora sul palco. Da solo, con i giovani Promise of the Real, e sempre al fianco dei suoi sodali Crazy Horsecon cui ha appena sfornato l'ennesimo nuovo lavoro, World Record (2022).
Il 2 dicembre 2022 l'album solista di Neil Young, Harvest, ha compiuto 50 anni. Tra i miei storici cd, compare un solo vinile, regalatomi da un amico tanto tempo fa, a Latina. Per me Harvest è una voce solitaria con una chitarra che non sono mai riuscito a suonare. Mai avuto feeling con la musica. Qualche timido tentativo e poi solo scrittura, eppure quelle canzoni non mi stancavo mai di cantarle quando ero solo. Come se fossero un elisir per connettermi con quanto di più autentico ci fosse dentro di me, o semplicemente per prendermi una pausa dalle costanti lacerazioni interiori. Canzoni che hanno viaggiato fino a ricongiungersi non uno con un cuore, e nemmeno con due ma... Oggi, decisamente molto più di una volta caro Old Man, la tua vita mi assomiglia e non potrei essere più profondamente felice.
IL RACCOLTO DELL'ANIMA
ho venduto
tutto quello che è servito
per costruire
le loro case, a me
dovrebbe essere rimasta
l’autenticità
sono tornato troppe volte
rispetto ai miei desideri
di fuga… un giorno
ho iniziato a raccontarlo
e ho scoperto
una storia che non
c'entrava nulla con la solitudine già al largo
non sono più capace
di camminare da solo… ho
già avuto il meglio,
adesso semplicemente
sono un uomo diverso…nessuno
racconta ciò che fatto,
allora è tutto vero… forse
un giorno
ti chiederò di farlo
oggi la terra
non parla le parole
della pioggia… mi devo
assentare, non
me ne voglio più andare … ci siamo
mai incontrati durante
un tuo rimasuglio interiore?
Sono certo
di non aver mai ascoltato
i consigli del muretto
a ridosso delle onde…
Non ero certo
ci saremmo finalmente incontrati,
… ma allora era proprio vero,
una fusione di sole e dolore,
qualche pagina senza filigrana
e un respiro
raccolto durante il cambiamento
Una notte speciale. Delicata e intensamente condivisa. Sospesa. Le stelle brillavano ovunque e loro, The Cranberries, il 18 novembre 2002 mi cullarono nella mia nuova vita a Firenze.
di Luca Ferrari Rock suffuso e graffiante. Bagliori poetici e condivisi. Tra i ricordi più intensi della mia esperienza di vita a Firenze, c'è il concerto dei Canberries. Accadeva vent'anni fa, il 18 novembre 2002. Trainata dal singolo Stars, era uscita da poco la raccolta "The Best of 1992-2002", cui seguì un lungo tour europeo. La rock band irlandese si presentò in gran forma nel capoluogo fiorentino, offrendo un show energico e allo stesso tempo delicato. Vorrei avere più dettagli da tramandare ma non ricordo molto di quello show. Ero lì insieme a un'amica, e c'era anche un'altra ragazza insieme a noi. A fine concerto mi comprai una bellissima maglia a manica lunga blu-azzurra con tutte le date del tour e una grande stella davanti. Un indumento che ancora oggi indosso e che si è conservato benissimo nella sfida del tempo.
A quel tempo mi ero trasferito a Firenze da neanche cinque mesi e dopo una prima esperienza collettiva, proprio in quei giorni avevo iniziato vivere da solo in un minuscolo monolocale. Uscivo pochissimo. Sembravo più un turista che non un neo-residente. Avevo da poco compiuto 24 anni. Ogni giorno aveva le sembianze di un piccolo miracolo. La sera facevo passeggiate solitarie in simbiosi con il walkman. Fino qualche tempo prima ero ancora nella mia natia Venezia senza orizzonti né convinzioni e oggi stavo cominciando una professione nella culla del Rinascimento. Un po' ricerca del grande amore, ricordo che avevo visto da poco il videoclip di You and Me e un live in cui la cantante era incinta che mi aveva molto toccato.
Mi piacerebbe poter scrivere (e ricordare a me stesso) che la mia esperienza toscana fu piena zeppa di momenti bellissimi ma le cose non andarono proprio così, e anzi si concluse nel peggiore dei modi. Quel concerto però, mi resterà sempre nel cuore. Avevo ancora l'innocenza di un bambino che si stava affacciando in un mondo nuovo. Ascoltavo i Cranberries da parecchio tempo e c'erano già canzoni come Promises, Salvation, Animal Instict che mi avevano segnato nel profondo. Adesso era diverso. Adesso li avevo dinnanzi a me. Adesso ero lì, padrone della mia vita. Un tutt'uno costante con i miei pensieri e le mie emozioni. Mi sentivo un predestinato per questa vita fiorentina e loro, i vari Leonardo, Dante e... Dolores (O' Riordan), un'ispirazione costante per le mie poesie.
ALBE DI FRAGILI INCANTI
Spuntano le tracce... Ecco i germogli...
siamo giunti a questo punto della storia
assecondando
macchine fotografiche usa-e-getta
e ancora un po’ di timidezza
prima di voltarsi... questo è stato
il nostro ritorno, il mio ingresso...
E anche se alle volte
non ho potuto cantare
perché mi ero innamorato della folla,
è stato come se le mie strade
si fossero trasformate nelle castagne
di un'imperitura fiaba natalizia
continuo a camminare,
siamo ancora lontani... oh,
c'è una mamma
divenuta migliore perfino
della sua rabbia... ha lasciato
le sue promesse per ultime,
forse per sfamare
anche chi ci sarà dopo di lei...
Posso rimanere
un po' di tempo a occhi chiusi?
Dirò al mio equilibrio
di non immaginare nulla di diverso
da ciò che sto provando ora...una pianura
che rimbalza dolcemente
sopra il fango più arboreo e camminatore...
Nessuno mi ha rimproverato
mentre ero seduto questa volta
ma ti ho fissata ugualmente
anche quando
avevo appena iniziato a dimenticarmi
delle stelle...
(Firenze, 18 Novembre 2002- Venezia, 18 Novembre 2022)
I giovani protagonisti del videoclip Another Brick in the Wall (Pink Floyd)
Un giorno cruciale nella recente storia europea. Distruzione e crollo furono sinonimo di unità e divisione. Ancora una volta il 9 novembre risuona Another Brick in the Wall (Pink Floyd).
di Luca Ferrari Il 9 novembre 1989 crollò il muro di Berlino (Germania dell'Est), simbolo dell'Europa divisa. Il 9 novembre 1993 venne fatto saltare in aria il ponte di Mostar, per evidenziare la divisione tra cristiani e musulmani durante la guerra dei Balcani. Unione e divisione ricadono nello stesso giorno. In questo giorno così importante voglio scrivere qualcosa di brutalmente sincero senza troppi preamboli. In questo giorno di gloria e incubo, ispirato dall'immortale Another Brick in the Wall (Pink Floyd), ho deciso d'istinto di scrivere qualcosa. In questo giorno così emblematico, non riesco a non pensare che i muri siano ancor più alti rispetto a quando ero un ingenuo adolescente, e che a parte l'economia, il resto sia solo terreno di scontri che non sanno venire a capo di nulla.
Nei miei 9 novembre passati, un posto d'onore ce l'ha sempre Wind of Change (Scorpions) dove la speranza di una svolta epocale permea l'atmosfera una delle canzoni rock più belle e intense di sempre (assolo incluso), ma oggi la rinnovata voglia di guerra fredda sta attraversando l'Europa. Reale o l'ennesima merce (s)venduta al pubblico per sfiancarci? Basta guardare l'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità per comprendere che qualcosa non va e che ci stanno propinando l'ennesima razione indigesta di menzogne. Allora sì, voglio i Pink Floyd e dopo le marce statiche, è giunta l'ora di ribellarsi e prendere in mano il nostro mondo, togliendolo al controllo di burocrati guerrafondai.
La storia di Another Brick in the Wall non si è mai fermata e negli anni passati, co-fondatore della band inglese, il bassista Roger Waters, concesse l'utilizzo gratuito della canzone alla giovane band Blurred Vision per ribellarsi alla feroce dittatura iraniana, non a caso dedicata alle donne e i giovani che si oppongono al rigido regime e non a caso chiamata: Another Brick In The Wall pt.2 (Hey Ayatollah Leave Those Kids Alone). Una delle tante pagine dove il popolo soccombe alla truce mano oscurantista e l'arte onora il croaggio di chi si ribella a tutto questo.
Sto riguardando il videoclip di Another Brick in the Wall e dopo l'inquietudine per noi ragazzini finiti nel tritacarne della falsa istruzione (indottrinamento), sento l'eco della vera libertà dei giovani uscire dai binari e distruggere i banchi. Corrono verso la vita. Scomposti e autentici. Alle loro spalle, allora come oggi, macchine umano-infernali con il solo obiettivo di depredare ogni cosa, allentando ogni tanto la cinghia e risollevando la frusta al momento opportuno. Questo è quello che non crediamo. Ci sbracciamo ancora, poveri illusi, convinti ci sia una qualsivoglia ideologia dietro. Il mondo è di chi fa l'economia e noi marciamo per arricchirli, stop. Questo è quello che è sempre stato e lo è ancora. Possiamo provarlo a cambiare?
LETTERA AL MIO PASSATO SCOMPOSTO
il mondo ci ha voltato le spalle
siamo stati noi... sono stati loro...
...siamo davvero così speciali
da poter cambiare ancora?
ho sbagliato strada,
ho perduto la possibilità di azzuffarmi
con le domande
più sincere…perché dovrei tornare indietro,
oggi sono sempre meno solo
e voi avete comprato un altro fucile
virano le nuvole
sopra il testamento del presente...
ho tolto tutti i cassetti
da sotto il letto
e non mi sento diverso da come
sono stato...
le fiammelle custodite
tra le rughe del nostro inchiostro
sanno ancora disegnare
terra bagnata e sarcofagi
... è tutto una promessa già estinta
pensavo mi sarei rivolto
in modo più profondo ai miei sogni,
pensavo mi sarei saputo aprire
come un tempo
facevo con un'amica... pensavo
sarei stato capace
di sognare ancora insieme a voi
…
chiedo per terzi... quanto sangue
gli sarà ormai rimasto
per controllare la rivolta
del nostro tempo?
...
(Venezia, 9 novembre 2022)
Pink Floyd, Another brick In The Wall
Another Brick in the Wall (Pink Floyd)
Il cofondatore dei Pink Floyd, il bassista Roger Waters