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venerdì 3 febbraio 2023

Yield (1998) – It's evolution, Pearl Jam

Yield (1998, by Pearl Jam)

Yield, il quinto album dei Pearl Jam, uscì il 3 febbraio 1998. Un primo poetico ascolto in spiaggia poi, per il sottoscritto e la band di Seattle, arrivò il tempo del primo doloroso addio. 

di Luca Ferrari

L'attesa del nuovo disco. Il negozietto vicino a campo Manin, a Venezia, al cui titolare avevo chiesto di mettermi via la prima copia. Il primo ascolto nello scomodo cd portatile, in spiaggia. Tutto bello. Tutto dannatamente poetico. Tutto infinitamente agonizzante. Dopo cinque anni vissuti oltre modo intensamente dentro la musica dei Pearl Jam (e dei Nirvana), ero arrivato al limite e Yield, quinto album della band di Seattle, uscito il 3 febbraio 1998, segnò la fine della mia prima grande epopea. Come l'immagine del singolo Given to Fly, mi sembrava che quel mio mondo stesse sprofondando via. Scappando per sempre. Era davvero così? A quel tempo, sì. Briciole di strada e vita si stavano contorcendo. Grandi cambiamenti all'orizzonte mi attendevano. In quei primi giorni di febbraio '98 però, solo il (quasi) nulla.

Delle mie tante vite vissute, il 1998 fu un anno a dir poco straziante. Gran parte delle mie (poche) certezze s'infransero e ciò che è peggio, il mio fisico iniziò a pagarne il prezzo. Dalla mente alla carne e viceversa, i pensieri presentarono il conto alla "pancia" e il risultato fu devastante. Furono mesi difficilissimi, di rinunce costanti. Nulla funzionava più come prima. Il baluardo della musica dei Pearl Jam non era che una caduca candela in una giornata ossessivamente assolata che nulla voleva da me. Per me. Quelle canzoni, dove spiccava la chitarra di un tragicamente malato Mike McCready (morbo di Crohn), provavano a ispirare forza ma non c'era più nulla da fare. Mi dovevo allontanare. Se avessi voluto nuovamente entrare in sintonia con quel sound, avrei dovuto morire e rinascere. 

Fin dal mio primo ascolto dei Pearl Jam, ho sempre sentito una grandissima affinità con Stone Gossard. Vuoi per la "faccia pulita" e quell'aura di rock-normalità che ho sempre condiviso, una volta entrato in possesso dei dettagli dell'album, non mi sorprese neanche un po' che tre delle quattro canzoni che reputo le più significative, lo vedano tra gli autori: Do the Evolution, In Hiding e All Those Yesterdays. Com'era tipico della band, anche il passaggio dal precedente No Code a Yield, vide un cambio di sound notevole fin dalla prima canzone e sebbene le tracks acustiche avessero ancora qualche reminiscenza NeilYounghiana, nel complesso fu un viaggio unico, come sempre. Mai spensierato. Capace d'ispirare nuove espressioni interrogative. Yield è: 

  • Brain of J. (McCready, Vedder) - 2:59: rock, un ottimo intro.
  • Faithful (McCready, Vedder) - 4:18. Mi ha subito conquistata con un'impostazione anni '70.
  • No Way (Gossard) - 4:19
  • Given to Fly (McCready, Vedder) - 4:01
  • Wishlist (Vedder) - 3:26. Non era il momento giusto. Mi entrò nell'anima un anno e mezzo dopo, scorrazzando per il Salento notturno dopo una gloriosa primavera.
  • Pilate (Ament) - 3:00. Psichedelica
  • Do the Evolution (Gossard, Vedder) - 3:54. Il capolavoro. Un autentico capolavoro, canzone e soprattutto video. L'essenza dei Pearl Jam più riottosi e controcorrenti. Nell'epoca del dominio incontrastato del Brit Pop, Spice Girls & co, i Pearl Jam cantavano qualcosa di unoi
  • Untitled (The Color Red) (Irons) - 1:06
  • MFC (Vedder) - 2:27
  • Low Light (Ament) - 3:46
  • In Hiding (Gossard, Vedder) - 5:00: evocativa, è dire poco! 
  • Push Me, Pull Me (Ament, Vedder) - 2:28
  • All Those Yesterdays (Gossard) - 7:50. La perfetta chiusura. Il passato era troppo ingombrante.  

All'epoca, ogni nuovo cd era salutato da lettura approfondita di riviste specializzate, i cui pezzi originali o fotocopie venivano rigorosamente incollati sull'agenda di turno. Con la complicità dei testi in italiano nel booklet, di cui poi il cantante Eddie Vedder credo non sia rimasto troppo soddisfatto, passai al ricopiare i testi in quel momento più significativi. Scrittura nella scrittura. E poi c'era ancora il piccolo schermo. In qualche insulso programma giovanile, Given to Fly non aveva ovviamente video (il rifiuto della band era ancora in corso) e fu passata mettendo l'immagine corrispondente del booklet (sempre grandioso). Per vedere finalmente un video autentico, avremmo dovuto aspettare l'autunno e qualche tarda ora per ammirare il censuratissimo Do the Evolution, in quello che fu un assaggio del perbenismo sempre più imperante e dilagante.

La musica è una strada senza confini dove l'unica precedenza da osservare è l'onestà della propria anima. Un incontro ancora da materializzarsi ha trovato la sua collocazione. Una lettera che ha continuato a scriversi è stata recapitata. Le notte, l'alba, un'esplosione di stelle. Ha davvero importanza l'istante esatto? "Yield? Credo che quando uscì nel 1998 non lo abbia nemmeno più di tanto considerato" lei racconta, "A quell’epoca i Pearl Jam erano sì, un gruppo famoso e che conoscevo, ma non significavano ancora quello che oggi rappresentano per me. Eppure, oggi, quando penso a Yield penso a un viaggio, proprio come su quella strada in mezzo al nulla della copertina. Il ricordo torna indietro di 10 anni e qualche mese. Sto facendo un giro tra Marche e Toscana e casualmente nel cruscotto della macchina di quello che all’epoca era la mia dolce metà, rovistando tra i cd, trovo sia Vitalogy che Yield. - Ma dai, non ti facevo un amante dei Pearl Jam! -  gli dico, io che da 3 anni, grazie a un grande amico avevo riscoperto questo gruppo che per me è diventato fondamentale. Faccio partire Yield e ricordo che quei 3 giorni di viaggi, in mezzo all’Italia, sono stati scanditi da brani che stavo cominciando a sentire davvero miei".

"La traccia 4, Given To Fly, parte proprio su una strada come quella della cover di Yield, anche se davanti a noi si staglia la gola di una montagna" prosegue nel racconto, “I’ve made to the ocean, had a smoke on a tree, the wind rose up, set him down on his knees” mi colpisce, davanti a quella gola, “like a fist to the jaw”. Tra due pareti di roccia, sento Eddie che fa salire la voce “deliver him wings, ehi, look at me now!” e sento le ali anche io, mente la macchina corre. Mi sembra di correre sul dorso di un cavallo al galoppo, libero come mi sento libera io in quel momento. Potrei andare a 200 km/h, sarei comunque più lenta del mio cuore che batte. La canzone scorre e io resto imbambolata, tramortita da quel brano. E anche se poi con la dolce metà è finita, “the love he receives is the love that is saved” è una frase che ancora oggi è un mantra, perché l’amore che riceviamo, da chi ci piace, da un amico, da qualcuno a cui teniamo, è amore che si (e ci) salva. Sempre. Come quello che ho sentito attorno a me, un giorno di giugno di quasi 5 anni fa, mentre cantavo questa canzone, per la prima volta all’Euganeo di Padova, circondata dall’amore di tutte le persone a cui voglio bene ed erano lì con me".

In una classifica degli album dei PJ, Yield non lo metterei tra i miei preferiti. Di sicuro dopo i primi quattro e Riot Act. I ricordi non aiutano. Eppure, in quel video di Do the Evolution dove alla fine sbucava un cartello stradale con la scritta Yield bucherellato dai proiettili, ho sempre tratto molta ispirazione. Nello sfascio di un mondo, un gesto di rivolta emergeva e lottava. Era a pezzi ma s'innalzava. Potevo lottare e allo stesso tempo sanguinare? No, all'epoca non lo ritenevo fattibile. Quella stessa canzone, parecchi anni dopo (2006), la udì all'aperto (a cui seguì la possente Cowboys from Hell dei Pantera), in una fredda serata autunnale mentre parlavamo di diritti umani. Ero sopravvissuto e i Pearl Jam a quel punto, erano pronti per un altro segmento di nuova storia. Adesso però, chiudiamo questo capitolo con un'ultima considerazione. Ascoltai il cd. Non nel mio solito posto, ma direttamente in spiaggia. Sulla battigia. C'era anche un palloncino rossa che svolazzava. Tornai a casa. Ero stanco e abbattuto.

Ascoltai Yield nei primi mesi dell'anno, febbraio e marzo, poi lasciai stare. Mi resi conto che ciò che sentivo era troppo complesso e difficile, e la musica di quella band non faceva altro che alimentare un'emorragia ormai senza controllo. La poesia cercava una nuova direzione. Il mondo correva troppo. Il mondo sembrava non volersi più soffermare sul dolore, e in un impeto contagioso di superficialità Ottantesca, non ne volesse più sapere delle anime fragili. Io andai per la mia strada e anche se avevo accantonato la band che più degli stessi Nirvana aveva cementato la mia anima, quel cuore avrebbe continuato a battere. Yield segnò la fine della mia prima epoca coi Pearl Jam e della mia seconda vita. Ci sarebbe voluto il viaggio più impensabile in un luogo sperduto tra le colline siciliane per ricominciare ad avvicinarmi. Guardarli con timore, aspettare ancora qualche mese per ricominciare a viverli davvero. It's evolution, baby.


FRAMMENTI DI MONDO SENZA ZERI

scariche intraterrene,

spiegazioni immerritate…

fammi immolare

per la mia stessa vita,

la strada

non riconosce gli alberi,

ostilità autentica

alle proprie deviazioni… disconosco,

i ragionamenti

hanno fatto il loro tempo

… un totem nel deserto, ti fermeresti a rincuorarlo? ... un totem imbalsamato, proseguiresti a ignorarlo?

l’istinto

si è arenato… perché

credi me ne voglia

ancora andare?

Perché credi

abbia sempre voluto

andarmene?

il mio sangue

ha ancora la precedenza,

solo che questa volta

non gliel’ho chiesto io

… il mio sangue

è ancora la sola parte

invisibile ed emersa

che avete finito

di non vedere

sto interrogando

il mio passato più tattile…

mi sono immedesimato

nella mostruosità

di un sono schiacciato

tra gli arbusti bruciacchiati

… sto imprimendo

una ignara e disordinata

velocità, potrei arrivare

a non raggiungere

più la riva

                                (Venezia, 3 Febbraio ‘23)

All Those Yeterdays (Pearl Jam)

Agenda 1998, testi di Yield ricopiati a mano © Luca Ferrari
Agenda 1998, testi di Yield ricopiati a mano © Luca Ferrari
Agenda 1998, testi di Yield ricopiati a mano © Luca Ferrari
Booklet di Yield (Pearl Jam) © Luca Ferrari

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