Una notte speciale. Delicata e intensamente condivisa. Sospesa. Le stelle brillavano ovunque e loro, The Cranberries, il 18 novembre 2002 mi cullarono nella mia nuova vita a Firenze.
di Luca Ferrari Rock suffuso e graffiante. Bagliori poetici e condivisi. Tra i ricordi più intensi della mia esperienza di vita a Firenze, c'è il concerto dei Canberries. Accadeva vent'anni fa, il 18 novembre 2002. Trainata dal singolo Stars, era uscita da poco la raccolta "The Best of 1992-2002", cui seguì un lungo tour europeo. La rock band irlandese si presentò in gran forma nel capoluogo fiorentino, offrendo un show energico e allo stesso tempo delicato. Vorrei avere più dettagli da tramandare ma non ricordo molto di quello show. Ero lì insieme a un'amica, e c'era anche un'altra ragazza insieme a noi. A fine concerto mi comprai una bellissima maglia a manica lunga blu-azzurra con tutte le date del tour e una grande stella davanti. Un indumento che ancora oggi indosso e che si è conservato benissimo nella sfida del tempo.
A quel tempo mi ero trasferito a Firenze da neanche cinque mesi e dopo una prima esperienza collettiva, proprio in quei giorni avevo iniziato vivere da solo in un minuscolo monolocale. Uscivo pochissimo. Sembravo più un turista che non un neo-residente. Avevo da poco compiuto 24 anni. Ogni giorno aveva le sembianze di un piccolo miracolo. La sera facevo passeggiate solitarie in simbiosi con il walkman. Fino qualche tempo prima ero ancora nella mia natia Venezia senza orizzonti né convinzioni e oggi stavo cominciando una professione nella culla del Rinascimento. Un po' ricerca del grande amore, ricordo che avevo visto da poco il videoclip di You and Me e un live in cui la cantante era incinta che mi aveva molto toccato.
Mi piacerebbe poter scrivere (e ricordare a me stesso) che la mia esperienza toscana fu piena zeppa di momenti bellissimi ma le cose non andarono proprio così, e anzi si concluse nel peggiore dei modi. Quel concerto però, mi resterà sempre nel cuore. Avevo ancora l'innocenza di un bambino che si stava affacciando in un mondo nuovo. Ascoltavo i Cranberries da parecchio tempo e c'erano già canzoni come Promises, Salvation, Animal Instict che mi avevano segnato nel profondo. Adesso era diverso. Adesso li avevo dinnanzi a me. Adesso ero lì, padrone della mia vita. Un tutt'uno costante con i miei pensieri e le mie emozioni. Mi sentivo un predestinato per questa vita fiorentina e loro, i vari Leonardo, Dante e... Dolores (O' Riordan), un'ispirazione costante per le mie poesie.
ALBE DI FRAGILI INCANTI
Spuntano le tracce... Ecco i germogli...
siamo giunti a questo punto della storia
assecondando
macchine fotografiche usa-e-getta
e ancora un po’ di timidezza
prima di voltarsi... questo è stato
il nostro ritorno, il mio ingresso...
E anche se alle volte
non ho potuto cantare
perché mi ero innamorato della folla,
è stato come se le mie strade
si fossero trasformate nelle castagne
di un'imperitura fiaba natalizia
continuo a camminare,
siamo ancora lontani... oh,
c'è una mamma
divenuta migliore perfino
della sua rabbia... ha lasciato
le sue promesse per ultime,
forse per sfamare
anche chi ci sarà dopo di lei...
Posso rimanere
un po' di tempo a occhi chiusi?
Dirò al mio equilibrio
di non immaginare nulla di diverso
da ciò che sto provando ora...una pianura
che rimbalza dolcemente
sopra il fango più arboreo e camminatore...
Nessuno mi ha rimproverato
mentre ero seduto questa volta
ma ti ho fissata ugualmente
anche quando
avevo appena iniziato a dimenticarmi
delle stelle...
(Firenze, 18 Novembre 2002- Venezia, 18 Novembre 2022)
I giovani protagonisti del videoclip Another Brick in the Wall (Pink Floyd)
Un giorno cruciale nella recente storia europea. Distruzione e crollo furono sinonimo di unità e divisione. Ancora una volta il 9 novembre risuona Another Brick in the Wall (Pink Floyd).
di Luca Ferrari Il 9 novembre 1989 crollò il muro di Berlino (Germania dell'Est), simbolo dell'Europa divisa. Il 9 novembre 1993 venne fatto saltare in aria il ponte di Mostar, per evidenziare la divisione tra cristiani e musulmani durante la guerra dei Balcani. Unione e divisione ricadono nello stesso giorno. In questo giorno così importante voglio scrivere qualcosa di brutalmente sincero senza troppi preamboli. In questo giorno di gloria e incubo, ispirato dall'immortale Another Brick in the Wall (Pink Floyd), ho deciso d'istinto di scrivere qualcosa. In questo giorno così emblematico, non riesco a non pensare che i muri siano ancor più alti rispetto a quando ero un ingenuo adolescente, e che a parte l'economia, il resto sia solo terreno di scontri che non sanno venire a capo di nulla.
Nei miei 9 novembre passati, un posto d'onore ce l'ha sempre Wind of Change (Scorpions) dove la speranza di una svolta epocale permea l'atmosfera una delle canzoni rock più belle e intense di sempre (assolo incluso), ma oggi la rinnovata voglia di guerra fredda sta attraversando l'Europa. Reale o l'ennesima merce (s)venduta al pubblico per sfiancarci? Basta guardare l'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità per comprendere che qualcosa non va e che ci stanno propinando l'ennesima razione indigesta di menzogne. Allora sì, voglio i Pink Floyd e dopo le marce statiche, è giunta l'ora di ribellarsi e prendere in mano il nostro mondo, togliendolo al controllo di burocrati guerrafondai.
La storia di Another Brick in the Wall non si è mai fermata e negli anni passati, co-fondatore della band inglese, il bassista Roger Waters, concesse l'utilizzo gratuito della canzone alla giovane band Blurred Vision per ribellarsi alla feroce dittatura iraniana, non a caso dedicata alle donne e i giovani che si oppongono al rigido regime e non a caso chiamata: Another Brick In The Wall pt.2 (Hey Ayatollah Leave Those Kids Alone). Una delle tante pagine dove il popolo soccombe alla truce mano oscurantista e l'arte onora il croaggio di chi si ribella a tutto questo.
Sto riguardando il videoclip di Another Brick in the Wall e dopo l'inquietudine per noi ragazzini finiti nel tritacarne della falsa istruzione (indottrinamento), sento l'eco della vera libertà dei giovani uscire dai binari e distruggere i banchi. Corrono verso la vita. Scomposti e autentici. Alle loro spalle, allora come oggi, macchine umano-infernali con il solo obiettivo di depredare ogni cosa, allentando ogni tanto la cinghia e risollevando la frusta al momento opportuno. Questo è quello che non crediamo. Ci sbracciamo ancora, poveri illusi, convinti ci sia una qualsivoglia ideologia dietro. Il mondo è di chi fa l'economia e noi marciamo per arricchirli, stop. Questo è quello che è sempre stato e lo è ancora. Possiamo provarlo a cambiare?
LETTERA AL MIO PASSATO SCOMPOSTO
il mondo ci ha voltato le spalle
siamo stati noi... sono stati loro...
...siamo davvero così speciali
da poter cambiare ancora?
ho sbagliato strada,
ho perduto la possibilità di azzuffarmi
con le domande
più sincere…perché dovrei tornare indietro,
oggi sono sempre meno solo
e voi avete comprato un altro fucile
virano le nuvole
sopra il testamento del presente...
ho tolto tutti i cassetti
da sotto il letto
e non mi sento diverso da come
sono stato...
le fiammelle custodite
tra le rughe del nostro inchiostro
sanno ancora disegnare
terra bagnata e sarcofagi
... è tutto una promessa già estinta
pensavo mi sarei rivolto
in modo più profondo ai miei sogni,
pensavo mi sarei saputo aprire
come un tempo
facevo con un'amica... pensavo
sarei stato capace
di sognare ancora insieme a voi
…
chiedo per terzi... quanto sangue
gli sarà ormai rimasto
per controllare la rivolta
del nostro tempo?
...
(Venezia, 9 novembre 2022)
Pink Floyd, Another brick In The Wall
Another Brick in the Wall (Pink Floyd)
Il cofondatore dei Pink Floyd, il bassista Roger Waters
Jack Skeletron This isHalloween in Nightmare Before Christmas
Esiste qualcosa di più a tema di vedersi il 31 ottobre "Nightmare Before Christmas" di Tim Burton? Sì, ascoltare la canzone This is Halloween fatta da Marilyn Manson.
Ai miei tempi di bambino non c'era la festa di Halloween. Sarebbe stato divertente vestirsi da creatura dell'orrore e andare di casa in casa con amici, dicendo scherzetto o dolcetto. Questa festa d'importazione anglofona ormai è un must anche in Italia e complice la presenza di un pargoletto nella mia vita, appena ha avuto qualche anno di età, abbiamo cominciato a festeggiarla. Oggi a casa nostra, faremo un bella merenda dell'orrore. Colonna video-sonora a getto continui, lui, quel Nightmare Before Christmas di Tm Burton che tanto piace al mio figlioletto, a cominciare dalla canzone iniziale: This is Halloween. Un'autentica meraviglia, coverizzata anni dopo dal "reverendo" dark Marilyn Manson.
Per la mia prima incursione musicale nelle atmosfere Halloweenesche, mi affidai all'indiscusso Sovrano di codeste atmosfere, ossia Alice Cooper e la sua epicaHey Stoopid, dove Mr Vincent Damon Furnier le cantava a un "amletiano" teschio agli inizi degli anni Novanta. Ripensando a questa festa però, non può non venire in mente il leggendario film The Crow dove nel giorno di Halloween si consumava la fine e la ressurrezione di Eric Draven. Se nulla e nessuno potrà mai eguagliare Burn dei The Cure, Gold Dust Womandelle Holecelebrò il secondo cine-capitolo, decisamente meno efficace sul piano cinematografico, ma sontuosa nella resa musicale con una Courtney Love decisa e di chioma corvina, affiancata al basso per la prima volta da Melissa Auf der Maur.
E veniamo ai giorni più recenti. Da qualche tempo ormai, avevo scoperto (per caso) questa meravigliosa cover dei MM, sbarcata nel lontano 2006. Difficile trovare una canzone che Marilyn Manson non abbia saputo darkizzare a suon di rock potente, a cominciare dall'immortale Sweet Dreams (Eurythmics) e toccando poi altri capisaldi del genere: Tainted Love (di Gloria Jones, reso celebre dal duo inglese Soft Cell), Five to One (The Doors) e Personal Jesus dei Depeche Mode. Adesso è il turno di This Is Halloween, uscita in occasione dell'edizione speciale della colonna sonora di Nightmare Before Christmas, la cui versione originale fu scritta e musicata da uno degli indiscussi geni delle soundtrack, il compositore Danny Elfman. Adesso è il turno di Jack Skeletron.
CASA MIA, MAGIA NOSTRA
c’è un mostro
per me, c’è un mostro
per tutti noi
… c’è ancora un mostro
da isolare
e rintanarsi felici nelle fauci
di un bambino ben educato
viaggio sopra il mondo,
te lo prometto
figlio mio, non mi farò prendere
a cannonate… sarò
al tuo fianco ogni giorno,
guarderemo
l’alba sorridere alla notte,
giocheremo insieme con l’oscurità
disegnando luoghi fantastici
tutt’attorno i sogni
del tuo presente… è
sempre la stessa storia moderna,
un’anima
cambia per un’altra...
sulle cicatrici
delle mie lune dialogate,
spensierate crepe di arcobaleni
saltellano sui camini
nel primo diverbio della giornata
che cosa vuole
questo esercito di sabbia?
Non ha idea
di cosa lo aspetti… Ha passato
troppo tempo a disdegnare
ciò che lo aspetta e oramai
non riuscirà
a portarlo a termine..
stiamo volando, o stiamo
semplicemente
raccontando una storia
che è già cominciata
…
(Venezia, 31 Ottobre ‘22)
Marilyn Manson, This is Halloween
Zucche di Halloween (This is) da Nightmare Before Christmas
Viaggiare è rock. Nulla come una verace canzone rock può accompagnare un viaggio. Eccomi on the road verso la Slovenia. Ad accompagnami, Human Race di Neil Young & Crazy Horse.
Barn è in questo momento l'ultimo album pubblicato da Neil Young & Crazy Horse, ma già nel vicinissimo orizzonte si prospetta il 41° album dell'artista canadese, World Record, in uscita il prossimo 18 novembre e prodotto da Rick Rubin. Seguirà l'attesissima edizione speciale per il 50° anniversario di Harvest, che uscirà il 2 dicembre 2022 e di cui, già vi anticipo, verrà pubblicato nello stesso giorno, qui, su Live on Two Hands un articolo che sarà indimenticabile . Ormai il tempo per ascoltare è poco e quasi sempre avviene durante i viaggi su quattro ruote. Barn è nata così, e Human Race in particolare mi riporta sugli incredibili scenari lunari dell'isola di Pag, in Croazia.
OGGI SIAMO NOI
non c’è ancora nessuno… la strada
sottintende lusinghe… sono introverso
e abbastanza positivo
che cosa fanno
ancora le nuvole alla corte
dell'alba?
Pensavo fossimo tutti liberi
e invece
ci sono ancora troppe fila
per i templi e le pistole laser
dietro di me vedo ancora
canini, itinerari marciti,
giocattoli e qualche menù gourmet
senza nessuna privazione
a che ora
si sveglieranno gli altri soli
questa notte?
qual è la lezione
che non ho ancora imparato...
il presente della gente,
i collage del domani… quale
sarà il tuo nome
quando sarai davanti alla mia porta?
… Sono ancora molto provato.
Gallerie sotterranee
scambiate per ninnoli
sono rimasti come moneta di scambio.
Voglio stringermi
accanto a loro… Sono accovacciato,
e proteso... Guarderò
la luna ancora un po’... Sto
facendo ordine
nelle mie battaglie.. gli stessi giorni
che vivremo ancora insieme
(Venezia, 21 Ottobre '22)
Heavy metal puro e sincero. Venticinque anni fa, al Palavobis di Milano, il 14 ottobre 1997, i Megadeth portarono in tour il nuovo album Cryptic Writings e io ero lì.
Uno dei miglior concerti cui abbia mai assistito. Venticinque anni fa, assistetti al mio primo concerto dei Megadeth, capitanati dallo strabordante cantante-chitarrista "Mega" Dave Mustaine insieme a Dave Ellefson al basso, il virtuoso delle sei corde Marty Friedman alla chitarra solista e il possente Nick Menza (1964-2016) alla batteria. Come per moltissime altre band che mi garbano tutt'ora, il primo incontro coi Megadeth non fu di autentico amore, poiché colpevoli della sbeffeggiante Go to Hell (strepitosa) indirizzata ai Metallica. Ci misi poco a conoscerli davvero e appassionarmi del loro sound, molto di più dei rivali di Frisco. E ora, avvolgiamo il nastro a quel fatidico 14 ottobre 1997, a Milano, per un imperdibile racconto.
La fiamma del rock iniziava a languire. In quell'autunno impazzava l'insopportabile nenia disco danese di Barbie Girl (Aqua) mentre noi, come una tribù relegata sempre più ai margini della società musicale, credevamo ancora di poter fare qualcosa. Non sono tanti i concerti che ho condiviso, in particolare prima di conoscere la mia dolce metà. A parte gli Iron Maiden, il resto fu sempre in solitaria, con la grandiosa eccezione dei Megadeth. Per loro ci mobilitammo in 4, tutti bardati di nero in partenza da Venezia su rotaia. Di questi ne conoscevo solo uno. Mai potrò dimenticare lo sguardo di una vecchina quasi arrivati a Milano Centrale nel vederci, e subito tranquillizzata dal bonaccione del gruppo che le disse in un eloquente dialetto: "Come sea, siora! Stia tranquilla, xemo bravi fioi". Ed era vero, cuore metallaro ma pezzi di pane dentro.
Il 1997 fu anno musicalmente molto difficile. A risollevare le sorti del genere, ci pensarono proprio loro, i Megadeth, sfornando l'attesissimo seguito di Youthanasia (1994), il disco che li aveva sdoganati al grande pubblico. Pur essendo meno orecchiabile del predecessore, Cryptic Writings si discostava parecchio anche dai vari Countdown to Extiction (1992) o Rust in Peace (1990), con meno assoli lunghi ma altrettanto affilato. L'album mi piacque fin da subito, in particolare le canzoni Trust, I'll Get Even e A Secret Place, tutte diventate colonne portanti delle mie passeggiate solitarie. Inevitabile che quando circolò la notizia che la band sarebbe venuta in Italia, non mi lasciai sfuggire l'occasione e così iniziò l'avventura.
Un passo indietro. All'epoca, miei cari youtbers-cheneso-ers o hipster, non c'era internet e se volevi conoscere della musica, avevi due strade percorribili: comprarti riviste e avere amici che ti passassero cd e cassette. Coi Megadeth andò esattamente così. Iniziai da Hidden Treasure e Youthanasia, andando poi a ritroso grazie alla decisiva presenza di un'amica. Logico che quando arrivò Cryptic Writings, che per uno che scrive il titolo era un invito al paradiso, fossi già al corrente del disco e non vedessi l'ora di ascoltarlo. Quando andai al mio primo concerto rock, gli Iron Maiden a Pordenone '95, vidi un ragazzo che rivolgendosi alla mia amica con cui ero venuto, le disse che file di ore e ore le avrebbe fatte solo per i Megadeth. All'epoca li snobbavo, eppure due anni dopo ero lì.
Il pre-concerto fu di attesa. Fummo anche avvicinati da tre fanciulle di cui ricordo bene la "capa", talmente esasperante e ossessionata sul fronte musicale (metal, metal e solo metal), da farmi venire voglia di dire apertamente che ascoltavo anche le peggiori oscenità commerciali, solo per darle fastidio. Ok, lo ammetto. Ho provato a cercare in rete la scaletta del concerto ma non l'ho trovata e l'unica, discutibile, non coincide con i miei pensieri. A distanza di 25 anni la mia memoria non può certo fare faville. Quello che sono ancora convinto di aver assistito è una versione subnormale di Peace Sells, interrotta prima della parte finale per suonare Hangar 18, e all'ultima nota della suddetta, ripresa la prima, chiudendo il tutto con il pubblico letteralmente in visibilio (io ero uno fra quelli).
Aldilà delle canzoni, una più massiccia dell'altra, ricordo con estrema nitidezza la sensazione di essere parte di una gang, ma sia chiaro: non quel branco di patetici vigliacchi dei giorni contemporanei che sanno solo aggredire persone singole per il gusto di rubare e mettere in rete pestaggi, dimostrando non si sa bene quale forza. Il metal è sempre stato un genere molto esclusivo e come disse lo stesso James Hetfield (Metallica), il più ottuso. Io e altri tre tizi incrociammo le nostre strade dinnanzi all'heavy metal sincero dei Megadeth e a fine concerto mi portai a casa anche una meravigliosa t-shirt che ho indossato fino a quando non si consumò del tutto, prestando a uno sconosciuto anche le poche lire che gli mancavano per un analogo acquisto.
Rispetto al concerto romano dei Pearl Jam (12.11.96), dove fummo letteralmente abbandonati al nostro destino, la città di Milano si dimostrò avanti, facendo iniziare e terminare il live a un orario tale che tutti potessero prendere la metropolitana e quanto meno arrivare alla stazione. Così facemmo, infilandoci poi da un McDonald's nei paraggi. Qui, memore della fresca esperienza anglo-culinaria dell'Ocean Catch (ottimo) di Londra, puntai sul pesce, commettendo però un errore madornale. Un cibo di cui mi resterà la nausea per giorni e giorni, e come vedete lo ricordo con estrema chiarezza. Le ore passavano e noi pazienti, attendevamo di partire senza fare nulla di particolare. Parliamo del concerto, un po' di noi e spesso usciamo dal locale per fumare qualche sigaretta (era freddino).
Decidiamo di aspettare il primo treno diretto per Venezia, evitando l'opzione del cambio a Verona nel cuore della notte. Quando saliamo, il convoglio è stracolmo e siamo tutti stanchissimi. Senza remore, ci distendiamo a dormire per terra nei lunghi corridoi fino a quando, proprio nella città scaligera, il treno si svuota e di forza occupiamo uno scompartimento. Eh sì, a quel tempo gl'Intercity avevano queste "stanzette". Uno del gruppo però, ha la brillante idea di levarsi gli anfibi lasciando emergere aromi inenarrabili e obbligandoci ad aprire il finestrino (all'epoca si poteva, ndr) per goderci il vento gelido della notte. Il viaggio proseguì poi con tutti noi in orizzontale addormentati, dopo aver aperto le due file di poltrone da 3 ciascuna.
Torniamo tutti (credo) al Lido di Venezia, l'isola del festival del cinema. Salutati i compagni di avventura, i pensieri bussano subito vigorosi dopo questa parentesi metal. La stragrande maggioranza dei miei più cari amici viveva ormai a Londra e io sentivo che una prima grande fase della mia vita si era ormai conclusa. In effetti dall'autunno 1997 all'autunno 1998 sarà un periodo di transizione molto complesso ed estremamente doloroso, fisico incluso, che inevitabilmente iniziò a cedere sotto il peso dei troppi pensieri. In parallelo il rock era sul viale del tramonto, a livello di popolarità intendo, pronto ormai per essere messo in naftalina.
Dopo quella prima volta, tornerò a vedere i Megadeth in altre due occasioni: come special guest del reunion tour degli Iron Maiden con i rientranti Bruce Dickinson e Adrian Smith nel 1999 ancora a Milano (concerto vinto gratis grazie a un concorso di una rivista musicale), quindi esattamente dieci anni dopo nel 2009, sempre nel capoluogo lombardo, insieme a Testament e Judas Priest, ma queste sono altre metal-stories di cui vi parlerò in altri articoli. Adesso voglio concedermi qualche minuto di Megadeth sonoro ad alto volume, ripensando a quel giorno, e mescolandolo alle sensazioni del momento qualche step di attualità poetico-umana. Prenderò in mano qualche vecchia agenda facendo sprigionare ogni virgulto di confusa ispirazione, poi mi alzerò e continuerò sulla mia strada...
IL MIELE DI PANDORA
strade arpionate
nel digiuno agguerrito
di una megalomania fraterna
ed evocativa... nessun respingimento, i
responsabili si fanno avanti
in mezzo a pensieri necrotizzati...
che cosa è stato ritrovato
di così sentenzioso
da rendere l’amore in cui credevamo
una mostruosa creatura
senza nemmeno più la notte
verso cui retrocedere?...
sono sempre stato alla ricerca
di parole che mi potessero salvare
… stavo solo
cercando le parole perfette
che nascondessero
il paradiso
in una qualche tregua delle mie lacrime
mimesi di se stessi,
sono stati chiamati a raccolta...
non si ricorderanno
di nessuno di voi e non hanno mai
avuto intenzione di farlo
… è il tepore della solitudine
lasciata raffreddare sul grasso degli arbusti
dentro cui ci siamo incamminati…
siete venuti qui tutti
insieme? Avete ancora
intenzione di farlo? Non
avete riconosciuto
il mio segnale distintivo…
tutto quello che s(oc)corre
è il mio cuore furioso
per e contro di voi… ogni
onesta longitudine
delle mie affermazioni agnostiche
si eleva… protegge
senza preghiere... avanza
(Venezia, 14 Ottobre 2022)
Un elicottero in volo o forse più di uno (sto andando a memoria senza andare a rivederlo... per ora!). Zone di periferia inglese e persone in fuga, o comunque di corsa. Fumogeni. Il ciclone del Brit Pop non mi ha mai travolto né particolarmente interessato (troppo fedele al sound di Seattle per cambiare così, all'improvviso). Impossibile non conoscerli, certo, ma di qui ad ascoltarli con attenzione, proprio no. A farmi cambiare idea ci pensò una delle band simbolo, gli Oasis, nell'album più difficile della loro carriera. Be Here Now (1997), quello in cui avevano gli occhi del mondo addosso dopo i successi di "Definitely Maybe" e "(What's the Story) Morning Glory". A trainare verso il mio gradimento, una ballata rock lenta e distorta, Do You Know What I Mean?.
Morale, ciò che facevano i fratelli Liam e Noel Gallegher era affar loro ma a quel tempo MTV esisteva ancora e la guardavo, così quel video, volente o no(e)lente, mi arrivò. L'atmosfera si sposava molto con i miei pensieri. Il giovane cantante Liam era proteso in avanti com'era tipico della sua postura davanti al microfono e la canzone non era così melodica né accattivante come le varie Roll with it o Wonderwall, successi planetari della band di Manchester, anzi. Il sound aveva un ché di distorsione che iniziò a farmi apprezzare gli Oasis, o comunque considerarli. E in effetti negli anni a venire, altre canzoni entrarono nel mio parterre di protette: Little by Little, Don't Let it Out, Lyla, la strepitosa The Importance of being Idle con l'attore gallese Rhys Ifans nel video.
Adesso è il momento di riprendere il cammino sulle note di D'You Know I Mean? degli Oasis. E anche se su Youtube è presente una versione rimasterizzata, io riparto da quella meno visivamente impeccabile, ma più veritiera.
LA TEMPESTA ASCOLTA LA COMPRENSIONE
stato di richiesta... un desiderio
in attesa di comprendere
il perché dell’assenza
delle tende
dinnanzi alle esplosioni... le mine
nel bambino
del mio respiro potrebbero indicare
una fine, ma oggi
non è quella giornata
l’aggressività del mondo
è un fulmine
dove la terra è incastrata
e il mare
è incapace di riversare
le sue lacrime
vuoi ancora tenermi d’occhio
o un giorno pensi
di poter liberare i demoni
da sotto il il mio letto
ho appena saputo
che tutte le luci a intermittenza
saranno sostituite
da migrazioni artificiali…