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lunedì 1 ottobre 2018

Fade To Black, il cuore oscuro dei Metallica

La macabra poesia di Fade to Black (Metallica)
"Death greets me warm/, now I will just say goodbye/... La morte mi saluta cordiale/, ora vi dirò solo addio". Finiva così Fade to Black, tragico capolavoro oscuro dei Metallica

di Luca Ferrari

Ci sono persone che a un certo punto della loro vita scelgono di arrendersi. Semplicemente, "non hanno più niente da dare". Semplicemente nessuno è stato abbastanza forte da stargli accanto e aiutarli davvero a cambiare le cose. Nel mondo ci sono persone che a un certo punto credono di non avere più nulla dentro. L'oscurità si è impossessata di loro e l'agonia potrà avere un solo e tragico epilogo. Poche canzoni come Fade to Black dei Metallica, dal secondo album Ride the Lightning (1984), sono state capaci di trasmettere una così alta dose di rabbiosa disperazione senza ritorno.

Chiunque abbia un minimo di conoscenza/passione della musica rock-metal non può prescindere dai four horsemen, in particolare quando la line-up era composta da James Hetfield (chitarra-voce), Kirk Hammet (chitarra solista), Lars Ulrich (batteria) e Cliff Burton (basso). In quanto a "poesia nera", solo The Unfogiven riuscirà ad avvicinarsi a una simile tragica perfezione. Fade to Black però ha qualcosa di differente. Una strada reale e senza ritorno. Una strada dove non c'è più posto per nessuno. Una strada che nessuno ha mai voluto davvero comprendere.

LA SALVEZZA NON ERA NEMMENO IN RITARDO

...È successo, e nessuno
ha spostato
l’ombra del proprio anello… stavo
pensando a tutt’altro
ma allora i raggi del sole
erano fatui dardi
a cui offrire soltanto una rete
senza fili… Non c’è nulla di familiare
nella mia malinconia,
non c’era niente
di estremo nelle mie ultime
gocce d’inchiostro, semplicemente
nessuno le aveva mai lette…
Semplicemente perché a un certo
punto delle nostre vite
non c’era davvero nessuno…
Dicono che la dannazione
evochi memoria o che ne so,
un ricordo
che avremmo voluto condividere
con un micro-mondo… tu
ci sei stato? Tu ci credi
ancora alle fiabe della notte? È
facile raccontare chi siamo
dimenticandoci
la sabbia che ci trovarono
nelle tasche
in quel giorno finale… la
comunicazione
aveva esonerato tutti i suoi limiti,
il sottosuolo
delle pratiche vitali
era stato oltraggiosamente chiaro
con le circumnavigazioni
che lo avrebbero riguardato… sulla
punta della spada
c’era solo un fiore, e poco dopo
neppure quello... e un istante
dopo ancora, nemmeno più
il ricordo di ciò che imparaste subito
a ignorare… Se io ero finalmente io,
voi chi eravate davvero?
(Venezia, 1 Ottobre ’18) 


Fade to Black (live Seattle '89), by Metallica

venerdì 21 settembre 2018

Garbage, uno zingaro pezzo di Paradiso

La rock band americano-scozzese dei Garbage... e dietro l'infinito del cielo © Luca Ferrari 
Candele diurne. Regole anarchiche. Sogni sempre traboccanti di vele. Sto solo pensando a qualcuno che ormai non c'è più. Ascolto una canzone dei Garbage. Scrivo una poesia.

di Luca Ferrari

Qui non c'entra l'amore. Sto parlando dell'ignoto. Parlo di ciò che non potrà mai più avere una risposta. Qui c'entra l'amore ma è un qualcosa che si può solo tramandare a se stessi. Qui c'entra anche la storia di una band chiamata Nirvana, poi solo silenzio e ora il rock evocativo del Garbage. Mi sto rivolgendo a qualcuno che non potrà mai più proteggermi. Oggi parlo di ricordi, e anche se oltre quei cancelli c'è solo un pragmatico disperdersi oceanico, da quaggiù riesco ancora a ripensare a ciò che continuerà ad ispirarci.


...E MI LANCIAI ZINGARA NEL MONDO

Faccio le prove
del mio ritorno, e allora
perché vorrei sempre
rifiutare? C’è posto solo per loro
e questo davvero
non me lo sarei mai aspettato

Ho bisogno
di una lettera che tutti
possano capire… Ho
bisogno che nel domani
non restino solo corde e orme 
mai utilizzate

la terra si scioglie
nel mare e quegli orizzonti
pulsano ancora
nella solitudine approfondita
di chi non dovrebbe
mai lasciare sola la propria
anima

mi hanno chiesto
di cambiare mani
e dimenticare i sentieri
… mi hanno detto
che oggi il mondo è davvero cambiato,
e noi lo stiamo consumando
… e mi lanciavano
intere radici
che ho sempre deciso da me
come adattare

Ti dico in confidenza
ciò che ancora possiamo andare.
Confido solo a te
dove sapremo ancora approdare.
Ti aspetto ancora una volta
senza pretese
verso dimensioni magiche… Proseguo
con le stesse cicatrici invisibili
che in tanti fingono di non vedere
(Venezia, 21 Settembre ’18)


My Lover's Box, by Garbage

lunedì 10 settembre 2018

Sua Oscurità Ozzy Osbourne

Il rocker inglese Ozzy Osbourne
Il principe dell'oscurità Ozzy Osbourne si congeda dal palco con il No More Tours 2 che farà tappa anche in Italia, nella sola Bologna. Insieme a lui, special guest i mitici Judas Priest.

di Luca Ferrari

Cinque decadi di carriera. Un posto nella Storia e nel cuore (oscuro) di chiunque si fregi di essere un appassionato del rock. Non sono mai stato un viscerale "seguace" di Ozzy Osbourne né dei Black Sabbath anche se non significa che non li stimassi o non reputassi loro il meritato valore. Come per altri superbi colleghi, Neil Young su tutti, ci sono arrivato per via traverse. Se nel caso del cantautore canadese furono i Pearl Jam con l'album Mirror Ball, per Ozzy Osbourne furono i Faith No More con la cover di War Pigs, inserita nel loro terzo lavoro The Real Thing (1989).

Sarà l'età ma negli ultimi anni "il principe dell'oscurità" mi è salito molto di gradimento e in occasione dell suo imminente e ultimo tour mondiale, No More Tours 2, con tappa in Italia venerdì 1 marzo 2019 all'Unipol Arena di Bologna, è arrivato il momento di dire qualcosa, o meglio di farsi ispirare a scrivere qualcosa. Poi chissà, magari con l'arrivo dell'anno nuovo ci farò un pensierino (...) se andarlo a trovare o meno e scriverne face to face. Di certo vederlo dal vivo insieme a Zakk Wylde (chitarra), Blasko (basso), Tommy Clufetos (batteria) e Adam Wakeman (tastiere), con i leggendari Judas Priest come special guest, sarebbe davvero spettacolare.


(d)AL CAMMINO dELLA MENTE

Non so cosa ci facciate qua...
Siete arrivati tardi... Sullo scivolo 
della ruggine più fradicia
gomitoli sbriciolati di sequoia
hanno disertato
l'ennesima istanza di coesistenza... Siete
arrivati senza posto, né aratro 
o cappello... i comignoli 
delle pagine sono mirini senza licenza 
per il futuro

Vi sembra che il domani
abbia fatto esplicita richiesta 
di eclissare
le vostre ripetute preghiere? 
Non mi scuso perché mi piace ripetere
le mie parole...
Ribadisco le mie lettere
appositamente perché sono 
le mie… Si mettono di spalle.. Non 
temono quel vacuo vomitare grassi voglio io, 
voglio tu...

Presenza... il cielo è rimasto
senza oscurità... Nel lavabo dei miei sogni
sono qui per dirvi
che non ho rispetto dei permesso… il vizio
dei girotondi più ripetutamente ingordi
è uscito di strada
e noi non torneremo a sbiadire
i fazzoletti
che le Vostre appiccicose falsità 
si ostinano ancora
a imbracciare… Passo la parlantina... Verità mutate 
in gru senza piloti, risate 
da un giudizio che non prolifica più…

Tirami dentro
tu, adesso… Vi mostro per bene 
cosa è rimasto
di quel che ho fatto io… Non
puoi rivelare il numero
davanti alla porta... Non sai perdutamente
chi sia vicino a te
(Venezia, 9 Settembre ’18)

Iron Man, live Ozzy Osbourne

No More Tours 2 di Ozzy Osbourne

domenica 2 settembre 2018

I miei primi Pearl Jam di Rearview mirror

Pearl Jam suonano dal vivo Rearview mirror - Eddie Vedder e Dave Abbruzzese
In un solitario pomeriggio estivo del 1994, su VideoMusic feci la conoscenza dei Pearl Jam e la loro Rearview mirror, all'epoca identificati come meri antagonisti dei Nirvana.

di Luca Ferrari

Estate '94. Kurt Cobain si era suicidato da pochi mesi e nell'aria c'era qualcosa di strano. La mia vita era brutalmente cambiata. Quel nome, Pearl Jam, mi era già arrivato all'orecchio e sulla carta di una recente rivista ma mai, prima di allora, in video. Accadde. Una performance live di Rearview mirror, tratta dal recente album Vs. (1993) è in rotazione. Video Music la trasmette. Vidi quel nome e mi parve davvero strano. Solo in tre avevano i capelli lunghi, gli altri due mi sembravano lì per caso. Tenera ignoranza, erano semplicemente i fondatori di quella band (Stone Gossard e Jeff Ament, ndr).

Loro, i Pearl Jam. Quelli che si leggeva fossero gli antagonisti dei Nirvana. La mia reazione fu immediata. Cambiai canale. Qualche secondo dopo ci tornai. Volevo conoscere il "nemico". Li guardai. C'era uno strano tipo coi capelli tinti che saltellava. Un batterista che pestava. Più in là, sulla destra, un ragazzo statico e sulla sinistra l'altro chitarrista magro emaciato con un cappello anni Settanta. In mezzo c'era lui, il cantante. Sguardo serio e sinceramente incazzoso. Conobbi così i Pearl Jam e neanche un mese dopo il cd doppio live in Brixton '93 entrò nel mio mondo.

Bastarono pochi mesi perché Alive, Even Flow, Black e più di tutte Jeremy, entrassero a essere parte della mia vita. Il resto è una storia, non sempre lineare, che non ha mai smesso di scrivere pagine e papiri. Il resto è una storia che talvolta richiede delle lunghe pause prima di proseguire insieme. A distanza di quasi 25 anni da quel primordiale ascolto, i Pearl Jam sono ulteriori domande a tante risposte che non avrei mai saputo davvero accettare. Oggi, dopo un tempo infinito passato ad ascoltare i Pearl Jam, quando sono solo con me stesso e ci sono loro nelle cuffie, non ho la minima idea a cosa stia andando incontro...

DI PENSIERO IN RISPOSTA

Non sono concentrato
e inadatto a incontrarti… vorresti
Negarlo? Non sapevi
neppure chi fossi e già pretendevi
di condannarmi… Facciamola finita
con la finzione,
avresti potuto raggiungermi
ma era ancora presto
e certi gradini nascono solo quando 
la strada
dovrebbe essere sbarrata

ci siamo liberati
e incondizionatamente incontrati… ci
siamo sminuzzati
e l’idea era quella di pulviscolo in disparte
senza ambivalenze di generalità

I signori delle maree vicine
volevano sapere… interesse senza
livelli, i vostri passi
sono di ostacolo alle mie pastiglie
rifiutate… Credo che uscirò di scena
senza ulteriori interrogazioni... 
Devo ancora farlo
e dunque non ho fretta… Da
quaggiù
sto ancora facendo la gavetta
nel vostro mondo
di saltare la fila… Da quaggiù
le nuvole
ci mettono il tempo che vogliono
e i puntini che ancora
mi mancano
per sentirmi in linea col domani
si dimostreranno
per quello che respirano
…Prendo una boccata d’aria.
Si, in effetti e a ragione
ho sempre avuto molto da dirvi
(Schiavonea [Cs], 2 Settembre ’18)

Pearl Jam, Rearview Mirror live

Pearl Jam live durante la session di Rearview mirror - (da sx) J. AmentE. Vedder e D. Abbruzzese
Pearl Jam live durante la sessioe di Rearview mirror - (da sx) Mike McCready,
Jeff Ament
Dave AbbruzzeseEddie Vedder e Stone Gossard

mercoledì 8 agosto 2018

Neil Young, il richiamo dell'oceano

 L'immensità dell'Oceano Atlantico © Luca Ferrari ... (dx) Neil Young
I piedi conficcati nelle onde oceaniche dell'Atlantico. La brezza della spiagge dell'Algarve portoghese. La pura ispirazione nella musica di I'm the Ocean di Neil Young.

di Luca Ferrari

Scrivi ancora poesie? Me lo chiede chiunque mi rincontri dopo anni che non ci vediamo. La risposta è sempre la stessa, si. Lo faccio meno di una volta ma quel senso di appartenenza alle parole è rimasto intatto. Lo faccio quando c'è qualcosa che non voglio dimenticare. Lo faccio quando ci sono canzoni immortalate nel mio passato che si fondono in una nuova porzione del presente. Questa volta il destino mi ha consegnato l'ispirazione direttamente sulle acque atlantiche del Portogallo con I'm the Ocean, di Neil Young. Canzone registrata su Mirror Ball (1995), album suonato interamente con i sodali Pearl Jam.

Sono nato su di un'isola, sono un segno d'acqua e di quest'ultima ne bevo assai a differenza degli alcolici che proprio non mi garbano. L'elemento mi appartiene. Guardare il mare è una cosa, tuffarsi nell'oceano Atlantico un'altra. Neil Young ha sempre rappresentato per me la semplicità di vita. Una chitarra, la poesia e una dolce vita sentimentale. Il resto, solo dettagli. Le città continueranno a ingrandirsi e inglobare, la natura e il mare sono il mio grande richiamo. Lo è sempre stato e oggi lo è ancora di più. Sono in Portogallo, sulla costa Vicentina dell'Algarve e non ho niente da chiedere al mondo se non vivere una nuova, estenuante e intensa eternità.

...I'm not present, I'm a drug that makes you dream/ I'm an aerostar/ I'm a cutlass supreme In the wrong lane Trying to turn against the flow/ I'm the ocean I'm the giant undertow, canta Neil Young alla fine di una cavalcata rock di oltre 7 minuti. Ho sempre sognato di ascoltare "I'm the Ocean" con i piedi ben piantati nell'oceano. Non che non ci avessi provato. Quando ho peregrinato nella terra natia del cantautore, il Canada, sono state altre sue canzoni a guidarmi in lungo e in largo, in particolare l'intero disco Harvest (1972). Questa volta è arrivato il turno di I'm the Ocean. Apro la mia anima all'oceano. Conduce e ispira, la musica di Neil Young:

"I’M THE GIANT UNDERTOW"

Raccolgo la vita,
al diavolo le finte rivoluzioni del web
senza un dannato ieri
… faccio la voce punk
ma è ancora una sconosciuta
ballata Zeppeliana … ci
siamo allontanati
e adesso non potrei più fare
a meno di voi… le falene
sono stordite
ma non sento la loro mancanza… manciate
di ingerenze
hanno alzato le dita e qualche
carriola selvatica… si vocifera
che i giganti
abbiano scelto un’altra grotta
ma io non ci ho mai creduto... quando
lasciai da solo il mio algoritmo cardiaco
come segnaposto,
al mio ritorno nessuno ne sapeva
nulla… nessuno si è preso
la responsabilità di una confidenza 
davvero sincera

Rimbombi di falesia,
diagonali sulla riva... è questo 
il domani
che desidero… Sono parte
della corrente
e non m’importa quanto ancora il sole
potrà sostituire
il vento… Sono a poca distanza
da ciò che amo di più
al mondo… L'udito della notte
sia il mio testimone, adesso
che deve ancora sorgere... sarei 
anche potuto
tornare da questo echeggiare
e infrangere
le mie necessità più mnemoniche… non
lascio impronte,
la schiuma
ha richiamato le mani… mi
sto preparando a utilizzare
la forza… ho abbandonato
i miei sogni e posso correre
ancora un po'... l'evidenza distratta
del vostro sipario
non mi appartiene... non ci fermeremo
nemmeno
con la prossima marea...
(costa Vicentina [Portogallo], 19 Luglio ’18)

I'm the Ocean, by Neil Young

Lungo le spiagge portoghesi affacciate sull'Oceano Atlantico © Luca Ferrari

lunedì 30 luglio 2018

DOLiWOOD, vogliamo il Mirano Summer Festival

Tutti al Mirano Summer Festival con le più grandi rock star © DOLiWOOD
U2, Metallica, J.Lo, Coldplay, One Direction, Lady Gaga e perfino Madonna. Tutti vorrebbero suonare al Mirano Summer Festival. Parola (veneta) di DOLiWOOD.

di Luca Ferrari

"Eh, non xe mica fassie sonar al Mirano Summer Festival, anche xe ti ga e carte in regoea" dice ai microfoni una preoccupata Jennifer Lopez. Lei almeno però ci prova. Per i One Direction invece, sembra davvero dura, se non impossibile, salire on stage. Non va tanto meglio a Bono & The Edge, che causa il loro abbigliamento e le condizioni meteo nella cittadina veneta mese durante il mese di luijo, se la vedono brutta. Chi invece non sembra avere particolari problemi, se non quello di farsi portare ea bira, sono James Hetfield e Lars Ulrich, voce e batteria dei Metallica.

Fantasia o realtà? Realtà, eccome! Quella della DOLiWood s'intende, semplicemente grandiosa nel doppiare in veneto artisti in tutto il mondo. E questa volta, a finire sotto la loro grandiosa ironia, alcuni dei musicisti più noti al grande pubblico. Tutti desiderosi di suonare nel prestigioso Mirano Summer Festival. Una gag dopo l'altra, capiamo finalmente quali siano le vere ambizioni di queste rock/pop star. Poi certo, ci sono le cause perse o meglio. Ghe se anca chi xe 'na disperasion come lo smemorato Chris Martin.

E allora, in conclusione, poemo dir che il Mirano Summer el xe uno dei migliori festival estivi?!
MIRA! MIRA! ah ah ah ah

Mirano Summer Festival, by DOLiWOOD

lunedì 23 luglio 2018

Salvami, salvami Samarcanda

"... cercami se vuoi, non mi troverai" © Luca Ferrari
"Salvami, salvami, grande sovrano/ Fammi fuggire, fuggire di qua" cantava nella tzigana Samarcanda il cantautore Roberto Vecchioni. Ti sento. Siamo lontani. Sei dentro.

di Luca Ferrari

L'estate 2018 sarà ricordata come la stagione dei migranti. Più questa di tante altre per la spregevole deriva politico-popolante che ha ormai intrapreso questa nazione. E sempre più la gente sparla. Commenta dall'alto di non si sa bene quale conoscenza, facendo delle bugie più convenienti la propria miserevole e temporanea bandiera. Nelle ultime settimane sono stato all'estero e della mia trasferta non ho volutamente informato nessuno. Nessuna condivisione. Nulla di nulla. Ora che sono tornato, e vorrei sempre di più andarmene. Per sempre.

Sono molto ignorante sul fronte della musica italiana. Continuo a prediligere il rock della West Coast americana e il punk inglese. Un giorno al cinema però, durante la visione del poetico Hotel Gagarin (2018, di Simone Spada), ho fatto la conoscenza di Samarcanda di Roberto Vecchioni, che ovviamente non conoscevo. Mi è subito entrata dentro. Mi sono sentito trascinato. Ho immaginato spazi infiniti e il mio cuore spalancato. Lennonianamente, ho sentito Samarcanda come un mondo dove "Nothing to kill or die for/ And no religion, too/" e "... Living life in peace...". Chissà se riusciremo. Io da oggi ci proverò.

SALVAMI, SALVAMI SAMARCANDA

Non ci sono strade,
e non lo siete
mai stati… Mi ricordo
di voi e anche di te, ma
tu cosa ne potresti sapere 
dell’immondizia che hanno sepolto
dentro le mie radici?... non
m’interessa
ciò che avete da dire,
dietro la mia s(C)el(T)la
ho lasciato spazio solo per le stelle

alla luce del sole o di notte,
non vi sto chiedendo il permesso… è
una promessa, nemmeno
ve ne accorgerete… è una promessa,
mi avete già dimenticato… è
una promessa, non so più nemmeno
chi siate

di cosa dovrebbero essere fatte
le lacrime
perché i ponti si possano fare da parte
e guardarci davvero
negli occhi?… Loro sono di sicuro
i colpevoli, e voi
ostruite bene dove state

Non sono ispirato
solo perché
mi avere troppo rattristato… c’è
una nuova immagine
che galoppa
ed è la mia rinata onestà… sto
facendo piazza pulita
dell’egoismo
che ha continuato a strangolarmi… ho
guardato fuori
e ho scoperto di essere già lontano.
Non vi sto chiedendo
di raggiungermi...
(Da qualche parte nel mondo, 18-19 Luglio ’18) 

Samarcanda, di Roberto Vecchioni

martedì 26 giugno 2018

Mano nella mano col rock dei Pearl Jam

Padova, stadio Euganeo – la performance dei Pearl Jam © Luca Ferrari
Mano nella mano con le emozioni, solitarie e condivise. Viaggio istintivamente emozionale nel concerto patavino dei Pearl Jam.

di Luca Ferrari

Disseminate dentro le loro note c’è una ricca porzione della mia identità, memoria ed eredità. Riprendo il cammino. Sono pronto a nuove dichiarazioni. Per la quarta volta assisto a un concerto dei Pearl Jam: il primo da ventenne a Roma 1996, poi il Jammin Festival 2008 al parco di San Giuliano di Venezia, l'intenso e atteso show a Trieste 2014 e ora Padova 2018. Ancora loro, i Pearl Jam. Una piccola e inattesa scintilla intanto si manifesta dentro me, quando ancora sono lontano. Un istintivo atto di riscatto vitale e continuità scandito dalle loro note. Un amore appena cullato. Qualcuno direbbe. I changed by not changing at all. È  proprio così. Possiamo andare.

Padova, stadio Euganeo (24 giugno). A distanza di un anno esatto dalla performance solista di Eddie Vedder a Firenze, l’intera band dei Pearl Jam è pronta per un nuovo entusiasmante concerto del loro tour europeo senza nuovi album da presentare. Sembra ieri di averli visti nel capoluogo friulano ad ascoltare per la prima volta la loro ultima fatica discografica, Lightning Bolt. Alle 21,04 i rocker di Seattle attaccano con Pendulum, proprio dal suddetto, seguita da un’altra canzone soft, Low Light, per poi iniziare ad alzare il ritmo (e i decibel) con la graditissima e grandiosa Last Exit.

Per la prima volta al mio cospetto non suonano né Jeremy né la cover NeilYounghiana Rockin’ in a free world, sostituite (se così si può dire) da God’s Dice, Down, Crazy Mary e l’immortale cover degli The Who, Baba O’ Riley. Sarebbe stato troppo ascoltare altre perle inedite come Strangest Tribe. In compenso assistiamo esterrefatti a una poderosa esibizione di Even Flow con un Mike McCready strabordante più che mai. Per tecnica e velocità, quasi un chitarrista heavy metal. Analogo discordo per il tastierista hawaiano Boom Gaspard, strepitoso nella sopracitata Crazy Mary.

Ma voi tutto questo già lo sapete, così come che Stone Gossard e Jeff Ament restano più defilati mentre Eddie Vedder fa il suo show. Voi già lo sapete ma io non sto scrivendo su Live on Two Hands - le parole come non le avete mai ascoltate, per raccontarvi ciò che già conoscete. La track list e le banalità sul rabbia e il grunge, genere mai esistito e su cui erroneamente la stampa continua a disquisire, le lascio agli altri. Live on Two Hands è prima di tutto onestà emotiva ed è quello che farò ancora una volta. Nelle prossime inframmezzate righe sentirete proprio questo. Un’ondata di sentimenti in cui spero vorrete indugiare il più possibile. E se non trovate la via d’uscita, allora le avrete davvero comprese.


AL CHIARO DI UN'ETERNA STORIA CONDIVISA 

Gruppi in sommossa
contro l’effimera immortalità… da
dove siamo davvero emersi?
Dentro l’apparato di affermazione
c’è solo la ragione degli ultimi,
sono i saluti che ancora piovono
vicini alla luna… e quei fiumi
spogli di scontri e sponde, che
garantiscono il movimento
del nostro ritorno… si,
ho tolto tutti quei superflui segmenti
dalle loro indicazioni e ora
siamo tutti più inclini
a non racimolare la nostra libertà

Scie alfabetiche sull’orlo marino
desiderano e singhiozzano… non vogliamo
ideatori a salve
nella nostra nuova antologia… è vero
che al giorno d’oggi
un nome non significa nulla
se non una mano priva di radice?
Fermiamoci… Perché fate a gara
per rispondermi… io non
ve l’ho chiesto
e attorno ci sono anche cuori lontani
così come chi ha definitivamente
dato l’addio
alle proprie saracinesche… e in questo
aggiornato girotondo umano i sorrisi del passato 
balbettano beati 
da dietro il flusso più spericolato…

Frecce differenziate
attraversano albe posteriori… in che direzione
stanno andando le farfalle?
Dovrei chiedere a ciascuno di voi
quale sensazione le/gli abbia appena permesso
di ricominciare a vivere...
Era rimasta conficcata dentro… era
rimasta fioca
e senza nessun obbligo di perdono…
Facciamo le valigie insieme
e senza scarpe di ricambio, oggi
camminerò solo mano nella mano
(Padova, 24 Giugno ’18)

Even Flow (Pearl Jam), live Padova 24 giugno 2018

 Due fan si avviano a vedere il concerto dei Pearl Jam allo stadio Euganeo di Padova © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il pubblico assiste alla performance dei Pearl Jam © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il bassista Jeff Ament (Pearl Jam) © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il chitarrista Mike McCready (Pearl Jam) © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il cantante Eddie Vedder (Pearl Jam) © Luca Ferrari
Padova, stadio Euganeo – il pubblico assiste alla performance dei Pearl Jam al chiaro di luna © Luca Ferrari

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