Nikki Sixx (Motley Crue) nel videoclip di Home Sweet Home
Parole di vita ispirano la poesia umana dei legami più immortali. "Oggi, ho solo voglia di starti accanto" e... dedicare alla tua vita Home Sweet Home dei Mötley Crüe
Una risposta improvvisa. Parole che non ti aspetti. Avere un figlio significa (anche) tutto questo ma non sei mai preparato a quello che puoi udire. Davvero, non puoi mai sapere in che modo il tuo cuore sarà ulteriormente messo in discussione. A me è appena accaduto e ancora adesso ci sto continuando a pensare. A me è appena accaduto e mi è subito venuta una voglia immensa di scrivere qualcosa e magari un giorno, quando arriverà davvero quel giorno in cui prenderà la sua strada, gli leggerò tutto questo. Poche ore dopo sono uscito presto di casa. Quei colori mi hanno nuovamente sedotto e ho sentito la chiamata dell'ispirazione. Mi sono ascoltato nella testa le parole di Home Sweet Home (Mötley Crüe) e adesso finalmente posso iniziare questa storia.
I Mötley Crüe non potrebbero essere più diversi dal sottoscritto. Giusto per far incazzare il bassista fondatore, Nikki Sixx, io sono un grandissimo fan dei Pearl Jam e del loro cantante, Eddie Vedder. Detto questo, da quando ho iniziato ad ascoltare rock, li ho sentiti nominare tante volte, li visti su riviste, avevo amici che li ascoltavano tanto ma non mi avevano mai suscitato il minimo interesse. Questo almeno fino a quando non è sbarcato un film sulla piattaforma streaming Netflix: The Dirt: Mötley Crüe (2019, di Jeff Tremaine). Senza troppe domande, ho voluto guardarlo. La pellicola non fa sconti e racconta con molta onestà la storia della band. No, non mi sono convertito al glam rock (di cui sono comunque un buon ascoltatore) né ho iniziato una vita di eccessi ma la loro musica, quella sì, ho cominciato a conoscerla e a interessarmi. Fu così che arrivai a Home Sweet Home, ballad melodica tratta dal loro terzo album Theatre of Pain (1985).
Un giorno mio figlio andrà per la sua strada. La mia grande e unica ambizione è crescerlo con amore perché sappia affrontare tutti gli ostacoli della vita e goderne la felicità. Un giorno mio figlio se ne andrà ma spero che avrà sempre la voglia di tornare qualche volta nella nostra casa...
LETTERA DI UN FUTURO ARRIVEDERCI
Sei già pronto
per partire, figlio mio?
Le tue parole
sono già andate
oltre le porte del vento
… non te lo chiederò più,
sei tu che attraverserai
quelle strade
quando succederà,
figlio mio,
avrai ancora voglia
di tornare a casa?
Mi chiederai ancora
se piango
quando prendo in mano
il primo regalo
che ti comprai
dopo che sei nato?
Spero lo vorrai
tenere tu… Spero continuerai
a dirmi
che lo conserverai tu
guardami, figlio mio,
ho messo in stand by
qualunque cosa un tempo
appassionasse
la mia solitudine… guardami,
figlio mio,
un giorno ricomincerò
a sedermi lungo
la strada, adesso
ho solo voglia
di stare accanto a te
ho pensato tu non fossi
abbastanza forte,
... ero confuso e ancora impacciato…
l'amore di una donna meravigliosa
mi ha reso padre...
i continui battiti
del tuo cuore mi hanno fatto
Un lungo viaggio per trovare/incontrare ciò o chi ami. Apoteosi poetica di Eddie Vedder, Hard Sun, dalla colonna sonora del film Into the Wild (2007, di Sean Penn).
Il viaggio più grande è stare accanto a una persona che ami per il resto della vita. Ai tempi "cinematografici" di Into the Wild (2007, di Sean Penn), l'amore era ancora così dannatamente difficile e dietro le migliori intenzioni c'erano reti sedimentate di insicurezze ed egoismi che chiedevano spazio a chi, al contrario, voleva qualcosa di più. Il cinema che mi accolse a vedere Into the Wild, fu una sala piccola. Ero da solo come volevo essere. Mi sentivo ancora solo. L'amore era meraviglioso sulla carta. Per viverlo davvero bisognava fare qualcosa di più. Per viverlo bisognava attraversare la tempesta e poi lanciarsi in un nuovo mondo insieme. Le colonna sonora di Eddie Vedder, cantante dei Pearl Jam, fu un'iniezione poetica dall'intensità devastante.
La voce di Vedder sapeva sfamarmi per lunghi periodi senza chiedere nulla. Una canzone dopo l'altra, quella colonna sonora fu un autentico amplesso con la poesia più profonda. Quella poesia che bastava immaginare anche solo una parola per sapere che fosse già scritta dentro di me. Dovevo solo mettere le dita sulla tastiera, ed è quello che facevo. Mettevo le dita sulla tastiera sprigionando una forza incontenibile. Era quello che facevo. Era l'unica cosa che sapevo fare senza pensare a tutte le pietre che nel frattempo si sbriciolavano. Hard Sun fu l'emblema di tutto questo. Vissuta poco tempo dopo sul lago di Trakai in Lituania, mentre audacemente passavo sotto un ponte per tornare in orario e riconsegnare il mezzo.
"When I walk beside her
I am the better man [...]" ... "Quando cammino accanto a lei
Sono l'uomo migliore [...]"
Hard Sun
Into the Wild e Hard Sun, ancora più di Society, fu la scelta (estrema) di qualcuno che credeva solo nella libertà dello spirito e dalla quale poi non ha più saputo far ritorno. In quell'ultimo testamento inciso sul legno, c'era una speranza d'amore: "la felicità è reale solo quando è condivisa". Spingersi al massimo e poi ecco la grande lezione della vita non scritta né da Jack London né da Jack Kerouac o chiunque altro. La grande lezione è la propria vita che trova il coraggio e l'unicità di essere vissuta come nessuno ha mai fatto prima. La grande lezione per la propria anima è guardare il proprio cuore e sentire che non appartiene più solo a se stesso. La grande lezione che in questo istante voglio tramandare, ricomincia proprio da lì...
...START THE LOVE
...è un mondo malinconico,
il ritmo della terra
si apre nelle acque
dove le buche si nascondono ancora
e l'alba
fa da enciclopedia e recita
delle mie canzoni preferite
c’è stato un tempo
che mi invitasti a sedermi
accanto a te... e c’erano
anche i sentieri
senza balconi… quando mi perdevo
non volevo mai andarmene via…
perché avrei voluto… perché
avrei dovuto ambire
a un'altra privilegiata libertà…
ho raccolto candele,
immaginavo la vita altrui
senza che l’amore
potesse diventarmi amico
adesso, è notte qui,
adesso è notte anche allora,
adesso sarà notte
anche nel mio immediato domani
accanto a te
il mondo si risveglia ogni giorno,
il peso dei nostri perché
non toglierà rugiada
all’abbraccio sincero del convoglio celeste
farò a meno di correre
e camminerò insieme a te,
non è una promessa
è quello siamo... le vette
continuano a crescere
fin sopra i raggi del sole
Lascia queste lacrime
sul mio viso… questa volta non si
seccheranno.. Queste lacrime
sono l'abbraccio
dei nostri cuori sul mondo
unico e reale...
Yield, il quinto album dei Pearl Jam, uscì il 3 febbraio 1998. Un primo poetico ascolto in spiaggia poi, per il sottoscritto e la band di Seattle, arrivò il tempo del primo doloroso addio.
L'attesa del nuovo disco. Il negozietto vicino a campo Manin, a Venezia, al cui titolare avevo chiesto di mettermi via la prima copia. Il primo ascolto nello scomodo cd portatile, in spiaggia. Tutto bello. Tutto dannatamente poetico. Tutto infinitamente agonizzante. Dopo cinque anni vissuti oltre modo intensamente dentro la musica dei Pearl Jam (e dei Nirvana), ero arrivato al limite e Yield, quinto album della band di Seattle, uscito il 3 febbraio 1998, segnò la fine della mia prima grande epopea. Come l'immagine del singolo Given to Fly, mi sembrava che quel mio mondo stesse sprofondando via. Scappando per sempre. Era davvero così? A quel tempo, sì. Briciole di strada e vita si stavano contorcendo. Grandi cambiamenti all'orizzonte mi attendevano. In quei primi giorni di febbraio '98 però, solo il (quasi) nulla.
Delle mie tante vite vissute, il 1998 fu un anno a dir poco straziante. Gran parte delle mie (poche) certezze s'infransero e ciò che è peggio, il mio fisico iniziò a pagarne il prezzo. Dalla mente alla carne e viceversa, i pensieri presentarono il conto alla "pancia" e il risultato fu devastante. Furono mesi difficilissimi, di rinunce costanti. Nulla funzionava più come prima. Il baluardo della musica dei Pearl Jam non era che una caduca candela in una giornata ossessivamente assolata che nulla voleva da me. Per me. Quelle canzoni, dove spiccava la chitarra di un tragicamente malato Mike McCready (morbo di Crohn), provavano a ispirare forza ma non c'era più nulla da fare. Mi dovevo allontanare. Se avessi voluto nuovamente entrare in sintonia con quel sound, avrei dovuto morire e rinascere.
Fin dal mio primo ascolto dei Pearl Jam, ho sempre sentito una grandissima affinità con Stone Gossard. Vuoi per la "faccia pulita" e quell'aura di rock-normalità che ho sempre condiviso, una volta entrato in possesso dei dettagli dell'album, non mi sorprese neanche un po' che tre delle quattro canzoni che reputo le più significative, lo vedano tra gli autori: Do the Evolution,In Hiding e All Those Yesterdays. Com'era tipico della band, anche il passaggio dal precedente No Code a Yield, vide un cambio di sound notevole fin dalla prima canzone e sebbene le tracks acustiche avessero ancora qualche reminiscenza NeilYounghiana, nel complesso fu un viaggio unico, come sempre. Mai spensierato. Capace d'ispirare nuove espressioni interrogative. Yield è:
Brain of J. (McCready, Vedder) - 2:59: rock, un ottimo intro.
Faithful (McCready, Vedder) - 4:18. Mi ha subito conquistata con un'impostazione anni '70.
Wishlist (Vedder) - 3:26. Non era il momento giusto. Mi entrò nell'anima un anno e mezzo dopo, scorrazzando per il Salento notturno dopo una gloriosa primavera.
Pilate (Ament) - 3:00. Psichedelica
Do the Evolution (Gossard, Vedder) - 3:54. Il capolavoro. Un autentico capolavoro, canzone e soprattutto video. L'essenza dei Pearl Jam più riottosi e controcorrenti. Nell'epoca del dominio incontrastato del Brit Pop, Spice Girls & co, i Pearl Jam cantavano qualcosa di unoi
Untitled (The Color Red) (Irons) - 1:06
MFC (Vedder) - 2:27
Low Light (Ament) - 3:46
In Hiding (Gossard, Vedder) - 5:00: evocativa, è dire poco!
Push Me, Pull Me (Ament, Vedder) - 2:28
All Those Yesterdays (Gossard) - 7:50. La perfetta chiusura. Il passato era troppo ingombrante.
All'epoca, ogni nuovo cd era salutato da lettura approfondita di riviste specializzate, i cui pezzi originali o fotocopie venivano rigorosamente incollati sull'agenda di turno. Con la complicità dei testi in italiano nel booklet, di cui poi il cantante Eddie Vedder credo non sia rimasto troppo soddisfatto, passai al ricopiare i testi in quel momento più significativi. Scrittura nella scrittura. E poi c'era ancora il piccolo schermo. In qualche insulso programma giovanile, Given to Fly non aveva ovviamente video (il rifiuto della band era ancora in corso) e fu passata mettendo l'immagine corrispondente del booklet (sempre grandioso). Per vedere finalmente un video autentico, avremmo dovuto aspettare l'autunno e qualche tarda ora per ammirare il censuratissimo Do the Evolution, in quello che fu un assaggio del perbenismo sempre più imperante e dilagante.
La musica è una strada senza confini dove l'unica precedenza da osservare è l'onestà della propria anima. Un incontro ancora da materializzarsi ha trovato la sua collocazione. Una lettera che ha continuato a scriversi è stata recapitata. Le notte, l'alba, un'esplosione di stelle. Ha davvero importanza l'istante esatto? "Yield? Credo che quando uscì nel 1998 non lo abbia nemmeno più di tanto considerato" lei racconta, "A quell’epoca i Pearl Jam erano sì, un gruppo famoso e che conoscevo, ma non significavano ancora quello che oggi rappresentano per me. Eppure, oggi, quando penso a Yield penso a un viaggio, proprio come su quella strada in mezzo al nulla della copertina. Il ricordo torna indietro di 10 anni e qualche mese. Sto facendo un giro tra Marche e Toscana e casualmente nel cruscotto della macchina di quello che all’epoca era la mia dolce metà, rovistando tra i cd, trovo sia Vitalogy che Yield. - Ma dai, non ti facevo un amante dei Pearl Jam! - gli dico, io che da 3 anni, grazie a un grande amico avevo riscoperto questo gruppo che per me è diventato fondamentale. Faccio partire Yield e ricordo che quei 3 giorni di viaggi, in mezzo all’Italia, sono stati scanditi da brani che stavo cominciando a sentire davvero miei".
"La traccia 4, Given To Fly, parte proprio su una strada come quella della cover di Yield, anche se davanti a noi si staglia la gola di una montagna" prosegue nel racconto, “I’ve made to the ocean, had a smoke on a tree, the wind rose up, set him down on his knees” mi colpisce, davanti a quella gola, “like a fist to the jaw”. Tra due pareti di roccia, sento Eddie che fa salire la voce “deliver him wings, ehi, look at me now!” e sento le ali anche io, mente la macchina corre. Mi sembra di correre sul dorso di un cavallo al galoppo, libero come mi sento libera io in quel momento. Potrei andare a 200 km/h, sarei comunque più lenta del mio cuore che batte. La canzone scorre e io resto imbambolata, tramortita da quel brano. E anche se poi con la dolce metà è finita, “the love he receives is the love that is saved” è una frase che ancora oggi è un mantra, perché l’amore che riceviamo, da chi ci piace, da un amico, da qualcuno a cui teniamo, è amore che si (e ci) salva. Sempre. Come quello che ho sentito attorno a me, un giorno di giugno di quasi 5 anni fa, mentre cantavo questa canzone, per la prima volta all’Euganeo di Padova, circondata dall’amore di tutte le persone a cui voglio bene ed erano lì con me".
In una classifica degli album dei PJ, Yieldnon lo metterei tra i miei preferiti. Di sicuro dopo i primi quattro e Riot Act. I ricordi non aiutano. Eppure, in quel video di Do the Evolution dove alla fine sbucava un cartello stradale con la scritta Yield bucherellato dai proiettili, ho sempre tratto molta ispirazione. Nello sfascio di un mondo, un gesto di rivolta emergeva e lottava. Era a pezzi ma s'innalzava. Potevo lottare e allo stesso tempo sanguinare? No, all'epoca non lo ritenevo fattibile. Quella stessa canzone, parecchi anni dopo (2006), la udì all'aperto (a cui seguì la possente Cowboys from Hell dei Pantera), in una fredda serata autunnale mentre parlavamo di diritti umani. Ero sopravvissuto e i Pearl Jam a quel punto, erano pronti per un altro segmento di nuova storia. Adesso però, chiudiamo questo capitolo con un'ultima considerazione. Ascoltai il cd. Non nel mio solito posto, ma direttamente in spiaggia. Sulla battigia. C'era anche un palloncino rossa che svolazzava. Tornai a casa. Ero stanco e abbattuto.
Ascoltai Yield nei primi mesi dell'anno, febbraio e marzo, poi lasciai stare. Mi resi conto che ciò che sentivo era troppo complesso e difficile, e la musica di quella band non faceva altro che alimentare un'emorragia ormai senza controllo. La poesia cercava una nuova direzione. Il mondo correva troppo. Il mondo sembrava non volersi più soffermare sul dolore, e in un impeto contagioso di superficialità Ottantesca, non ne volesse più sapere delle anime fragili. Io andai per la mia strada e anche se avevo accantonato la band che più degli stessi Nirvana aveva cementato la mia anima, quel cuore avrebbe continuato a battere. Yield segnò la fine della mia prima epoca coi Pearl Jam e della mia seconda vita. Ci sarebbe voluto il viaggio più impensabile in un luogo sperduto tra le colline siciliane per ricominciare ad avvicinarmi. Guardarli con timore, aspettare ancora qualche mese per ricominciare a viverli davvero. It's evolution, baby.
FRAMMENTI DI MONDO SENZA ZERI
scariche intraterrene,
spiegazioni immerritate…
fammi immolare
per la mia stessa vita,
la strada
non riconosce gli alberi,
ostilità autentica
alle proprie deviazioni… disconosco,
i ragionamenti
hanno fatto il loro tempo
… un totem nel deserto,
ti fermeresti a rincuorarlo?
... un totem imbalsamato,
proseguiresti a ignorarlo?
Sogna e continua a sognare. Fallo oggi finché il mondo non sarà quello che vogliamo. Oggi, 23 gennaio, voglio aggiungere un alto sogno insieme a te. Dream On (Aerosmith), guidaci tu.
Sognare è l'essenza della vita. Realizzare i propri sogni, qualcosa fuori dall'ordinario per cui vale sempre la pena lottare. Nella classica ballad rock Dream On, c'era più Eminem che Aerosmith nella mia vita, ma questo solo in principio. La band capitanata dal cantante Steven Tyler e il chitarrista Joe Perry era ben nota al mio udito, solamente non mi ero mai soffermato davvero sulla suddetta. C'è voluto il rapper di Detroit e la sua strepitosa cover personalizzata, Sing For the Moment, per spingermi ad ascoltare l'originale come si deve. Oggi siamo appena al 23 gennaio. Tra undici mesi esatti io dovrei essere in viaggio, o comunque in partenza. La destinazione vi sarà rivelata se realizzeremo questo sogno. Ecco lo spazio bianco per dirvi dove sono/dove starò andando:
x?x
Su questo giorno così speciale ho qualcosa di sinceramente unico da dire e scrivere, ascoltando una fantastica versione sinfonica di Dream On con gli Aerosmith al gran completo e il direttore d'orchestra Michael Kamen, già con Bono e Pavarotti in Miss Sarajevo e i Metallica nel doppio live con l'orchestra sinfonica di Sam Francisco (S&M).
I TUOI SOGNI SONO I NOSTRI SOGNI
frattaglie luminose,
un collage dove il mondo
non sia una ritorta profezia
… ci proveranno ancora
e non saranno mai sazi
disegna i tuoi sogni
sulla neve,
non so cosa sia il sole,
nessuno mi ha presentato
la tempesta,
disegna i tuoi sogni sull’acqua...
non mi inginocchierò mai
dinnanzi ad alcuna esplosione
atomica
quando è cominciato
il tuo primo sogno?
c’era una bambola vicino
al tuo letto, un’annotazione
per l’ultimo secondo
o era solo una flebile sveglia umana...
sono passati
appena pochi giorni
ma non ho nessuna intenzione
di smettere
di sbiancare le nostre ali
… sono solo angoli
o c’è almeno una ruga...
non ti porterò via le tue lacrime
non ti porterò via le tue risate
sono pronto
a spostare l’orizzonte
dovunque tu voglia… non
ho mai voluto giocare,
questa leggenda
è solo l’inizio
della continuazione
della storia… oltre te stessa,
oltre i nostri cuori,
siamo decisi e inarrestabili
(Venezia, 23 Gennaio ‘23)
Un colpo di fulmine immediato, tonante come il suo equino protagonista. La colonna sonora del film Spirit - Cavallo selvaggio (2002) è pura poesia umano-musicale.
Coraggio. Libertà. Passione. Tutto questo è Spirit - Cavallo selvaggio(2002, Spirit: Stallion of the Cimarron), film diretto da Kelly Asbury e Lorna Cook per la DreamWorks Animations. Fu un amore sbocciato ancor prima di vederlo. Fu un amore incontenibile quando, finalmente davanti al grande schermo, iniziai ad ascoltare le canzoni e poi sul CD della colonna sonora. Il cantautore canadese Bryan Adams insieme alla collega Sarah McLachlan, il compositore Hans Zimmer e nella versione italiana, Zucchero. Ci sono film che non riusciresti mai a immaginare senza le loro musiche. Dalla saga di Guerre Stellari passando per i western di Sergio Leone fino a Rocky. Spirit - Cavallo selvaggio non è da meno. E io adesso vi sto per raccontare la storia di come quella colonna sonora mi elevò l'anima.
Eravamo in sei quel giorno al cinema. Una coppia di nonni e il loro nipotino. Una mamma e la sua figlioletta. Il sottoscritto. Avevo già adocchiato Spirit - Cavallo selvaggio (2002) da un pezzo. In una delle ultime agende/diari che tenni, avevo anche una foto ritagliata. Il caso volle che in un gelido e solitario gennaio fiorentino, venne riproposto in un cinema poco lontano da casa mia (zona campo di Marte). Un solo spettacolo verso le sei del pomeriggio. Era venerdì 17 gennaio. Così, finito di lavorare, andai direttamente. Quel film fu un colpo di fulmine istantaneo. Non solo mi piacque da impazzire la storia ma anche la musica, la cui ricerca della colonna sonora venne subito programmata per l'immediata mattinata successiva.
Al mio risveglio, sabato 18 gennaio, ero ancora con la testa a correre tra il Grand Canyon e così partii subito puntando il negozio di dischi dalle parti del mercato di San Lorenzo, ma non c'era. Andai avanti per tutta la mattinata fino a quando, ormai senza speranza, entrai in un piccolo negozietto nella piccola piazza San Marco e lì, il colpo di scena. Ce lo avevano! Lo comprai avidamente e un attimo dopo ero già verso casa per duplicarmelo in cassetta (all'epoca facevo ancora così) e spararmelo nel walkman. Per quel primo ascolto scelsi un'altura, e così salii sull'autobus per andare a Fiesole, che passava poco distante dalla mia abitazione. Arrivai lassù e quando ebbi il capoluogo toscano interamente sotto di me, iniziò un ascolto epico.
Here I Am, I Will Always Return, You Can't Take Me, Get Off My Back, Brothers Under the Sun, Don't Let Go, This Is Where I Belong, Sound the Bugle, Run Free sono le canzoni principali di una colonna sonora che vede 15 canzoni in tutto e scandisce, fotogramma per fotogramma, l'intera pellicola. Nessuno più di Bryan Adams avrebbe potuto interpretarle meglio. Nessuno più di Hans Zimmer avrebbe potuto dare voce al cuore palpitante che cavalca instancabile e deciso a non arrendersi mai. Sono rari i film di cui conosco tutte le canzoni. Mi viene in mente Singles - L'amore è un gioco (1992) ed Elizabethtown (2005), per un curioso caso, entrambi diretti dal Premio Oscar, Cameron Crowe.
Ogni articolo su Live on Two Hands ha sempre un video musicale. La canzone scelta è Get Off my Back, emblematica forse più di tutte. Il cavallo è stato catturato e ora deve essere domato ma Spirit non ci pensa nemmeno. Ci provano tutti i militari ma regolarmente finiscono col c**o per terra. Divertente quando sputa in faccia a un soldato. Il suo nemico però, è il Capitano e dopo aver fatto piazza pulita, gli si piazza davanti inferocito. Spirit non è solo coraggioso e quello che lo aspetta sarà un lungo viaggio. Arriverà anche il momento dello sconforto ma nulla e nessuno potrà e dovrà impedirgli di tornare nella sua terra. Ecco, mi piace pensare che Spirit mi abbia ispirato a tal punto da aver sentimentalmente realizzato tutto quello che volevo-.
Spirit ha continuato a raccontare storie. Tornato a vivere in laguna e scoperta la passione per la corsa, oltre alle canzoni del CD, iniziai a registrarmi su cassetta anche i dialoghi e determinate scene "musicali" sebbene in modo molto rudimentale, ma comunque efficace per quello che era il mio obiettivo. I pezzi forti erano due: Levati di dosso nella versione cantata da Zucchero e la strumentale Run Free (James Dooley, Steve Jablonsky, Hans Zimmer), quando Spirit e Piccolo fiume si librano nell'aria saltando da un picco di un canyon all'altro per sfuggire alle giubbe blu, pezzo che utilizzavo per l'ultimo tratto di corsa quando aumentavo la velocità fino a saltare.
Oggi, quando ascolto e vedo Spirit - Cavallo selvaggio, non ripenso solo alla mia difficile storia di quando comprai quel disco. Oggi sento una gioia sconfinata perché è uno dei film animati preferiti del mio figlioletto.
QUESTO È L’UOMO
CHE CORRERÀ ANCHE QUANDO CI SARAI TU
questa storia è iniziata senza
nessuno di voi
… questa è la storia
che abbiamo finito insieme
[...] Tieniti stretto
alla criniera,
lo spirito di certi uomini
è una storia
che non ha bisogno
di fraseggi...solo
le sgrammaticate parole
di un bebè
e della mia iniziale titubanza […] (Firenze, 17 Gennaio 2003)