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lunedì 30 ottobre 2023

The Cure, Every Night I Burn (The Crow OST)

Il corvo - The Crow
La perfezione dark assoluta svolazza sulle note di Burn (The Cure). In un film che ha segnato una generazione agonizzante, Il corvo si prepara per la sua vendetta.

di Luca Ferrari

Halloween non è oggi, è domani... Vieni! Due vite brutalmente spezzate. Gli assassini e il loro mandante a sghignazzare liberi, indisturbati e sempre assetati di dolore e morte. Adesso è troppo e la vendetta non tarderà ad arrivare. La vendetta risorgerà dal regno dei morti. A guidare il vendicatore, un corvo, anzi "The Crow - Il corvo (1994, di Alex Proyas). Un film "maledetto" che ha segnato un'epoca e una generazione. Una colonna sonora che rese il film ancor più immortale con presenze (anche) di Rage Against The Machine, Nine Inch Nails, Violent Femmes e Pantera. Una più di tutte s'identifica con la pellicola stessa, divenendone l'emblema più oscuro. Una più di tutte incarna il suo protagonista (Brandon Lee), morto tragicamente sul set: Burn (The Cure). 

Negli ultimi tempi mi sono avvicinato alla festa di Halloween grazie all'entusiasmo del mio figlioletto, e si sa, la vita è la prima fonte ispirazione per qualsiasi forma d'arte, scrittura inclusa. Non è un caso dunque, che con l'avvicinarsi della festa delle zucche, Live on Two Hands si sia confrontato prima con la versione MarilynMansoniana di This is Halloween, cover dal film di Tim Burton Nightmare Before Christmas, quindi con l'indiscusso monarca dell'horror-rock, Alice Cooper e la sua divertente Hey, Stoopid! Ma se dovessi andare a guardare alla mia personale storia solitaria, c'è una sola e unica canzone che mi riporti ad Halloween, ed è qualcosa di tanto oscuro quanto straziante: Burn dei Cure, direttamente dal drammatico universo cinematografico de Il corvo.

Il videoclip è una cosa. La scena del film con la canzone di sottofondo, tutt'altra. Nel mediocre sequel del film, la canzone Gold Dust Woman (Hole) valeva da sola più di tutta la pellicola. Nella prima epica avventura, basata sul fumetto di James O'Barr, dopo essere stato ucciso, Eric Draven (Brandon Lee) resuscita per fare piazza pulita dei suoi assassini. Nella sua mente si susseguono veloci e strazianti gli ultimi ricordi d'amore. Segue la trasformazione da umano a demone vendicativo, sublimato nel pugno contro lo specchio e la tinta bianca sul volto. "Just paint your face/ the shadows smile/ Slipping me away from you "Oh it doesn't matter how you hide Find you if we're wanting to So slide back down and close your eyes Sleep a while You must be tired" But every night I burn" cantano i Cure in Burn. Eric Draven è pronto per iniziare la sua vendetta ultraterrena.

"Every night I burn
Scream the animal scream
Every night I burn
Dream the crow black dream"...


PARLERÒ D’AMORE ANCHE NEI TUOI SOGNI 

Non c’ero più io...
non ci sarebbe stato noi... Tutto è ricominciato
sull'onda dell'urlo più funereo
... a chi importa
se poi moriremo senza risvegliarci? bachi purpurei nascondono i miei occhi,
il battito d'ali
si fa eco nel tremore irrisolto di un'alba che non tornerà non era più solo una cicatrice... la verità non avrebbe mai cambiato nulla anche se avessi bruciato tutte la pioggia rimasta ... chi sei tu che mi vuoi negare la possibilità di ribattere alle martellate della mia porta? ... Che cosa p(ret)ende dalla notte che non incendiato abbastanza? ho pensato al diavolo e mi è subito apparso ...non mi è mai piaciuto e mi sono spostato perché non avevo nulla da dirgli... quando la strada si è allargata per lasciare spazio all'omicidio del nostro sangue, ho capito che nessuna fine sarebbe venuta in mio soccorso luci accasciate nell'immortalità di un sogno, vulnerabile nell'essere clessidra ... quelle ferite sono sempre state reali... vicine... così sinceramente giustiziere... so cosa devo fare adesso....

                                                    (Venezia, 30 ottobre ‘23)

The Cure - Burn (The Crow OST)

The Crow - Il corvo

venerdì 20 ottobre 2023

In Utero, nelle viscere dei Nirvana

Nirvana, il cd con booklet dell'album In Utero

Il testamento di Kurt Cobain. Le tende si adagiano delicatamente sulle ombre.  Il 21 settembre 1993 fu pubblicato In Utero, l'ultimo album in studio dei Nirvana

di Luca Ferrari

L'album della maturità (l'ultimo, ndr). Il disco dell'apoteosi "lyrica" di Kurt Cobain. Meno ruvido di Bleach. Meno immediato di Nevermind. Meno garage di Incesticide. Più di tutti, In Utero. Trent'anni fa, il 21 settembre 1993 uscì In Utero, quarto album dei Nirvana, prodotto da Jack Endino. Lanciato dal singolo Heart-Shaped Box, è un lavoro estremamente variegato e capace di esaltare al meglio le qualità della band di Seattle. In Utero è poesia musicale strappata dai diari e analizzata con un linguaggio diretto ma implicito, marchio di fabbrica del cantante-chitarrista di Aberdeen. Un lavoro dove il tormento dell'artista ha la meglio sull'essere umano. In Utero, l'album che in origine Kurt voleva chiamare "I Hate Myself and I Want to Die" (Mi odio e voglio morire, ndr). Con il disco In Utero è la fine delle illusioni di una generazione che dovrà andare avanti (chi ci riuscirà) a dispetto delle infinite domande che continueranno a bruciare l'anima... RIP. 

Heart-Shaped Box
, Rape Me, DumbServe the Sevants furono le prime canzoni di In Utero che mi entrarono in circolo. Mese dopo mese apprezzai questo disco sempre di più, e se c'è un album che fece da spartiacque nella mia vita, dopo gli Iron Maiden di Fear of the Dark, di sicuro In Utero segnò il mio definitivo passaggio al rock. In realtà fece molto di più. Non solo mi portò a scoprire tutta la scena di Seattle, ma plasmò il mio modo di scrivere facendomi (inconsciamente) innamorare dell'essenzialità della lingua anglosassone, cosa di cui Cobain era interprete sopraffino, usando poche parole ma piene di potenza emotiva. Emblema di tutto ciò, Radio Friendly Unit Shifter, dove la strofa
I love you for what I am not/
I do not what I've got", catturarono tutta la semplice essenza di un giovane musicista.

I miei ricordi su In Utero sono sconfinati, a cominciare dalle domeniche passate in trepidante attesa che MTV trasmettesse il video di Heart-Shaped Box, con videoregistratore già pronto e corsa in salotto per farlo partire. In Utero fu il primo compact disc che volli assolutamente. Poco dopo la morte del cantante, uno speciale sui Nirvana si concluceva sulle note di All Apologies e un dolcissimo quadretto familiare: Kurt imboccava la figlia Frances Bean vicino alla moglie Courtney, mentre la piccina spostava il faccino "capriccino". Se la vendicativa Rape Me definì molto del mio pensiero sul mondo, ancor più potente fu la "sentenza" di Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle, dedicata all'attrice americana Frances Farmer (1913-1970), originaria proprio della Emerald City, e lobotomizzata nel modo più brutale.

Le parole di quest'ultima: "She'll come back as fire To burn all the liars Leave a blanket of ash on the ground - Lei tornerà come il fuoco per bruciare tutti i bugiardi e lasciare per terra un mucchio di cenere per terra" ebbero l'effetto di un tornado devastante dentro la mia vita (dell'epoca), sempre più ai margini. Una volta mi fu rivolta una domanda, e io risposi esattamente con queste parole. Forse c'entravano. Forse no. Non aveva importanza. In quella frase c'era tutto il mio essere: ferita, vendetta, dichiarazione d'indipendenza. Più di tutti gli album dei Nirvana, fu proprio In Utero ad accompagnarmi nella lettura del volume "Come as you are. Nirvana. La vera storia" di Michael Azerrad, sempre in solitaria davanti alle onde del mare a scogliera. Un libro questo, che ancora conservo. 

Torno su Rape Me perché merita un paragrafo a parte. Rape Me è l'emblema del Cobain-pensiero. Emblema di quello che la musica di Seattle fu per il mondo. La risposta del rock più autentico al macho-sessismo che Kurt odiò fin da ragazzino. Se i Mother Love Bone erano in parte debitori (musicalmente) del glam rock di L.A., per Cobain era il peggio che ci potesse essere. Primo bersaglio di quella cultura, i Guns 'n Roses, definiti senza mezzi termini "patetici sessisti senza talento". Un commento che diede vita a uno scontro culminato anche in zuffa e un Axl pieno di risentimento visto che corteggiava non poco i Nirvana e li avrebbe voluti al loro fianco in tour. Kurt Cobain era un sostenitore del movimento Riot Grrl. Per Cobain la donna era una persona con un cervello in primis e non un corpo su cui vomitare volgari attenzioni sessuali.

La musica dei Nirvana fu spesso definita un mix perfetto tra la melodia dei Beatles e il punk dei Sex Pistols. Definizione che calza alla perfezione per Nevermind, molto meno su In Utero dove la componente rock distorta è più massiccia e la semplicità si mescola a un'introspezione agonizzante che avrebbe avuto il suo apice funereo nel successivo concerto live Unplugged, rivelando al mondo che cosa i Nirvana fossero capaci di fare in un set acustico. In Utero è l'ultimo grido di un Cobain verso un mondo la cui luce ormai si stava affievolendo. Canzoni come Milk it, Scentless Apprentice, Very Ape e la già citata Radio Friendly Unit Shifter rivelano tutta la poetica musicale di un artista unico. 

"I wish I was like you
Easily amused... " intona Kurt in All Apologies [Vorrei essere come voi/ Che vi divertite con poco], l'essenziale dell'anima è a portata dei nostri sentimenti, tra rinuncia e fuoco. In Utero, più di tutto Kurt Cobain.

ANCORA SINCERAMENTE CONSCIO 


annientamento originale di parole consapevoli, sono ancora scomposto

e poco incline a catturare il crepuscolo

… i colpi inferti del volgare strutturato

consumano l'implosione... non me ne starò

lontano ad accettare

immerso nella foce...


da dove è piovuta

tutta questa terra…

Non è mai stata

solo una stupida risata…

Non è mai stata

una lacrima a dover per forza

raccontare la storia


nessuna assuefazione

la violenza è adattamento della vita stessa

… la violenza è ancora


vogliono gli eroi?

qualcosa sarebbe dovuto cambiare

nel mondo

e non solo dentro di me...


le sagome del passato

hanno già finito la piroetta

e tutti sanno già

quale sarà la prossima ripetitiva

reincarnazione


che cosa credi sia successo da quando mi sedetti lì sotto?

... nella storia di una donna

memore

della mia indipendenza solitaria,

rileggo quelle pagine

tra schizzi di rocce, vernice blu

e cieli azzardati pieni di stelle cadute

qual era il significato

di quella mano aperta?

... le verità promesse ai nostri sogni

stanno ancora scavando

                                             (Venezia, 20 ottobre ‘23)


Nirvana - Heart-Shaped Box

mercoledì 11 ottobre 2023

Rage Against The Machine, la battaglia di Guerrilla Radio

Zach de la Rocha (cantante RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
"Now... Helll... Cant's Stop Now!" ringhia la possente Guerrilla Radio. Di fronte alle ingiustizie, nessuna band sa ispirarti/incendiarti l'anima come i Rage Against The Machine.

di Luca Ferrari

Potenti. Combattivi. Implacabili. A cavallo tra gli anni '90 e il terzo millennio i Rage Against the Machine furono una devastante macchina di contestazione al sistema. Sempre fedeli a se stessi e alle proprie ideologie, pubblicarono tre album. Se nei primi due dischi la componente rap era più predominante, nell'ultimi lavoro The Battle of Los Angeles (1999), il rock salì in cattedra e ciò che ne uscì, fu un lavoro capace di alzare ulteriormente il grido di protesta di quel movimento nato come "popolo di Seattle" e, più in generale, incarnando chiunque cercasse un sound universale contro le ingiustizie. Di quel disco, oltre a Testify e Sleep Now in the Fire, i cui videoclip furono entrambi diretti dal regista premio Oscar, Michael Moore, c'era anche Guerrilla Radio.

Correva l'autunno 2001 e il videoclip di quest'ultima canzone inziziò a circolare su MTV. Avevo sempre stimato i Rage Against the Machine ma né il loro primo omonimo (1992) né il successivo Evil Empire (1996) mi avevano conquistato. Troppo presente la componente rap metal per i miei canoni. The Battle of Los Angeles invece, segnò il legame. Il videoclip di Guerrilla Radio è qualcosa di strepitoso. Se in principio la band suona su uno sfondo bianco in contrasto con immagini/ di ricchezza, globalizzazione e sfruttamento, via via il colore passa a un "nero infuriato" sempre più pompato fino a sfociare un'autentica minaccia ai potenti, dove Zack grida che ora "nemmeno l'inferno ci potrà più fermare". Tom Morello suona con una maestria quasi imbarazzante e il suo assolo ha dell'incredibile; la sezione ritmica potrebbe anche spaccare la pietra.

Dalle piccole battaglie sociali-locali ai conflitti su scala mondiale, se c'è un gruppo capace di alimentare il desiderio di giustizia, quello è il combat-rock di Zack de la Rocha (cantante), Tom Morello (chitarra), Tim Commerford (basso) e Brad Wilk (batteria). Difficile trovare una band capace di unire il punk politico dei Clash all'esplosività rap, canalizzata in un messaggio sempre autentico di denuncia. E la stessa Guerrila Radio infatti, è dedicata all'attivista e giornalista Mumia Abu-Jamal, membro delle Pantere Nere, condannato all'ergastolo per omicidio, sulla cui imputazione persistono tutt'ora molti dubbi. In questo momento nuove guerre insanguinano il mondo.  Nel piccolo troppe voci non vengono ascoltate. E se decidessimo noi di alzare il volume?...


ESODO SPROFONDO E SILENZIATO

che cosa sai del mio domani?

pensavo che l’accerchiamento

fosse finito… pensavo

fossimo solo volutamente

nemici... pensavo

che almeno il tuo sangue

non fosse disonesto


sono arrivato piangendo,

non mi troverai all’ultimo capoverso

delle tue preghiere


mi sono alzato, urlando

… chi c’è da così lontano

che vuole spiegarmi

quello che sto provando…


non respiro

e sto morendo… mi

faccio pena

perché non sono ancora scappato


non ho più niente da perdere

e avreste dovuto capirlo

non ho più niente da dare

in cambio... stato di digressione

costante, benvenuti tra

le scatole nere contraffatte

sigillate al posto delle stelle


e le spiagge

adesso hanno iniziato a sputare via 

perfino gli avanzi di chele

… e le bombe

adesso nemmeno avvisano più 

chi stanno per uccidere


che cosa sai

di quello che sono stato?

che cosa sai

della lavanda che non potrà più ricrecere

sotto le mie finestre?

...

non mi sto tirando indietro,

non appartengo a nessuno di voi

(Venezia, 12 Ottobre ‘23)


Rage Against The Machine - Guerrilla Radio

Tom Morello (chitarrista RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
Brad Wilck (batterista RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
Zach de la Rocha (cantante RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
Tim Commerford (bassista RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio

sabato 9 settembre 2023

Je voule... Ti voglio bene, ma parto

Mamma Gigi e sua figlia Paula

Ricomincia la scuola. Tempo di dolci-amari "arrivederci". Crescere significa anche volare e lasciar andare, come cantava Paula alla sua famiglia (Belier)... Je vous aime mais je pars.

di Luca Ferrari

" [...] Mes chers parents,
je pars Je vous aime mais je pars Vous n'aurez plus d'enfant Ce soir
Je ne m'enfuis pas je vole Comprenez bien, je vole Sans fumée, sans alcool
Je vole, je vole
...
Miei cari genitori, me ne vado
Ti amo ma me ne vado/ Non avrai più figli Questa sera
Non fuggo, volo/ Capisci, sto volando Senza fumo, senza alcol
Volo, volo [...]"

Lo straziante ritornello della canzone Je voule di Paula (Louane Emera) che le farà vincere una borsa di studio a Parigi, lasciando così la vita di campagna e la sua amata famiglia. In principio, i suoi genitori sembrano contrari, ma l'amore alla fine prevale e anche se ci saranno inevitabili lacrime di arrivederci, la vita deve fare il suo corso e separare ma il cuore, ehi, quello è tutt'altra cosa e da lì mamma Gigi, papà Rodolphe, il fratello Quentin e l'amica Mathilde, non se ne andranno mai. Se La famiglia Belier (2014, di Éric Lartigau) è un film a dir poco commovente e intenso, il finale sembra uscito da una di quelle fiabe sgorgate dalla più dolce delle fantasie: la realtà.

In questi giorni non saranno solo le figlie e i figli ad allontanarsi dalla propria casa. Anche porzioni della nostra vita è tempo e ora che prendano strade diverse. Appena un giorno fa avevo scritto un lungo articolo, qui, su "Live on Two Hands", al termine del quale avevo annunciato che mi sarei fermato con le pubblicazioni per almeno due settimane. Non ho mantenuto la promessa. Ho cambiato idea. Senza che ne sapesse nulla, una persona mi ha fatto cambiare idea. È stata una mamma con le sue parole commoventi. La sua creatura sta lasciando il nido. Proprio in queste ore sono insieme per condividere un ultimo-primo importante momento della loro vista insieme. Vivranno una notte piena di pensieri, sogni e speranze. Quando l'indomani lei tornerà a casa e tu resterai nella tua nuova vita, a tratti qualcosa farà male. Tutto il resto invece, risplenderà per sempre per voi due...

"TI VOGLIO BENE MA PARTO"


Le mani accovacciate,

le istantanee sussurrate

e un galeone senza bussola... è

ancora tutto come lo avrei annotato

… riguarderò il tuo volto 

e sarà tutto

come non è mai stato prima

ciao creatura,

mi sento davvero amorevolmente fragile

ma tu lo hai sempre saputo

… ciao creatura,

per qualche giorno guiderò mal volentieri

tra le stelle e le libellule

lungo la strada del mio ritorno

mi fermerò

in prossimità del tuo cuore,

non risponderò

ai messaggi e ignorerò il tramonto

... userò anche la forza

ma alla fine piangerò comunque

creatura mia,

adesso siamo insieme...

non m’importa di aggiornare il mondo

e non ho in programma

di scrivere lettere… creatura mia,

adesso è tutto chiaro, è il tuo turno

e l’ho già detto a tutti i miei sorrisi...


previsioni al cartone confezionato,

nessuna gabbia né promesse intavolate

... cara tu,

adesso sto guidando io,

e puoi riposarti… presto

rifarò i bagagli

e poi ci saluteremo ancora

… mi vedi? Sono già più lontana,

adesso lo sono ancora di più… ti 

sto parlando, siamo l'una a fianco dell'altra e questo non cambierà mai

(Venezia, 9 Settembre ‘23)

Louane EmeraJe voule 

venerdì 8 settembre 2023

"Come mai" (883), la mia ultima estate innocente

Mauro Reppetto e Max Pezzali (883) cantano Come mai al Festivalbar

Settembre era arrivato e tutto iniziava a dileguarsi. Quello che ancora non sapevo, era che (anche) insieme agli 883 si stava per spegnere la mia ultima estate "innocente".

di Luca Ferrari

1993, l'estate degli 883 e della sitcom generazionale Beverly Hills 90210. Un acerbo sedicenne si apprestava a vivere il quarto anno alle scuole Superiori senza stimoli particolari. Non avevo nessuna idea di cosa avrei fatto di lì a due anni. Non c'era nulla che mi facesse immaginare un futuro. Non sapevo chi fossi e avevo iniziato ad averne timidi sentori. La pentola intanto continuava a riempirsi ma avevo deciso di restare in silenzio. Tutto stava andando in una direzione ma io ero all'oscuro. Ancora qualche mese e sarei cambiato per sempre. Nell'innocenza degli 883 ritrovo uno snodo cruciale della mia vita. Nel sincero e pulito ottimismo di Max Pezzali c'erano tutte le bugie che avevo ingurgitato per andare avanti. Avrei potuto cambiare? Avrei potuto evitare la cascata? No, a quel punto era già troppo tardi. 

L'estate del 1993 fu quella dei tormentoni All That She Wants (Ace of Base), Sweet Harmony (The Beloved) e What is Love (Haddaway), queste ultime due rispettivamente colonne sonore della sitcom Melrose Place e del cult generazionale "Piccolo grande amore" (1993, con Barbara Snellenburg e Raoul Bova). Ai tempi dell'estate 1993 le canzoni d'atmosfera si ascoltavano ancora dal vivo e con un accendino (acceso) in mano. Ai tempi dell'estate 1993, gli occhi innocenti dell'infanzia chiedevano spazio a un tempo irrisolto e misconosciuto. Ai tempi del 1993, un primo accenno di Guns 'n' Roses era pronto a spianare la strada all'imminente emancipazione. Intanto però, quel duo italiano così spontaneo sapeva conquistarmi perfino più dei Nirvana, che di lì a poco, il 21 settembre, avrebbero pubblicato il nuovo album In Utero.

Per chi era adolescente nei primi anni '90, era impossibile non conoscere canzoni come Nord sud Ovest Est, Sei un mito, Rotta per casa di dio. Né impegnati né troppo inzuppati di luoghi comuni su "scazzati" sabati sera (all'epoca), la freschezza degli 883 talvolta riesce ancora a farmi sorridere di nostalgia per una fase della mia vita che non ho mai davvero vissuto e di cui alla fine non ho nulla da ricordare con gioia. Non erano poi così leggere le loro canzoni, dove certi stati d'animo andavano percepiti. Gli 883 furono l'ultima fermata di un treno che di lì a poco avrebbe preso una velocità incontrollabile. Il sole ormai si stava dissolvendo. Perché tornasse a splendere davvero, avrei dovuto consumare parecchie vite (in rovina). Adesso vi lascio. Sto camminando sulla spiaggia. Guardo l'orizzonte. Sento la frenesia dei primi giorni di scuola. Sento ancora la rabbia per una parte della mia vita che mi mancherà per sempre e niente o nessuno potrà mai restituirmela.

PS: Ho appena riletto quanto scritto. La parte in prosa e la poesia. Non nascondo che mi abbia lasciato molta malinconia. A differenza della stragrande maggioranza degli articoli scritti, questo non sarà postato da nessuna parte. Lo lascerò così, come in stato di agonia. Lascerò poi Live on Two Hands - Le parole come non le avete mai ascoltate" senza aggiornamenti per almeno due-tre settimane. Magari ricomincerò a scrivere il 21 settembre, in occasione del trentennale dell'uscita dell'ultimo album realizzato da Cobain & soci, In Utero. Il disco che ho sempre definito il migliore da un punto di vista di lyrics e che ha influenzato il mio modo di scrivere in modo indelebile. Un tempo la scuola ricominciava lunedì e oggi dunque sarebbe stato l'equivalente dell'ultimo weekend. Quel mondo per me non esiste più. Questo è il commiato definitivo, eppure in una remota parte della mia anima, ancora mi chiedo come sia stato possibile tutto questo. Come mai, appunto...

ABBANDONO IN FORME COETANEE

mi st(av)o preparando... era fasullo, non lo avrei mai potuto

capire… posso dire

una parola prima che io scompaia?


non è rimasto niente

in quell’armadietto... tutto

era ancora in ordine 

quando l’alba impose

chi sarebbe stato baciato

dall’amore, e chi

avrebbe trasformato un tunnel

in una carezza a senso unico

... e io pensavo ancora

che al di là del mare

non ci fossero bombe

ma tuoni da cameretta

... e io ero certo

che il mio segreto più grande

fosse una delle tante paure

… io lo so ancora,

a quel tempo

il segreto più grande

era me stesso


non ero pronto a rivelarmi

... non fatemi dire

che sarei potuto andare avanti,

semplicemente

ucciderei la verità… le ombre

del sole

avevano sparato alla testa

dalla ruggine

senza domande per il domani

... era una separazione

che intendevo?

Non mi sto rivolgendo

agli anni che verranno,

non c'era tempo

...

e tutto quello che ancora non c’era,

non prevedeva più quaderni

né castelli in rovina... ultima fermata, riflessi sporcati

emergono dalla preistoria di un sussulto

... lacrime in stato di suicidio collettivo... solo

la voce sconsolata di un grido abbandonato                        (Venezia, 9 Settembre ‘23)


883 - Come mai (live Festivalbar)

sabato 2 settembre 2023

Neil Young & Pearl Jam, APOTEOSI ROCK

Neil Young e Pearl Jam suonano Rockin' In The Free World

L'apoteosi del rock! Il 2 settembre 1993, sul palco degli MTV Video Music Awards, Neil Young e i Pearl Jam eseguirono una strepitosa performance di Rockin' In The Free World.

di Luca Ferrari

Il capobranco e gli arrembanti leoni attorno a lui. Questa non è solo la storia di una strepitosa e adrenalinica esibizione live. Questa è l'essenza stessa del rock (se ne faccia una ragione Nikki Sixx, ndr). Trent'anni or sono, il mito del rock Neil Young raggiunge sul palco i giovincelli Pearl Jam per suonare insieme una delle sue canzoni più iconiche: Rockin' in a Free World. Neil Young è travolgente: chitarra elettrica, distorsore e voce gracchiante. Gossard, McCready e Ament quasi gli danzano intorno con i loro strumenti. Incantati. Estasiati. Elettrizzati. Un ancora "TempleoftheDogghiano" Vedder è oltre modo statico e in piena estasi di passione rock, mentre sui tamburi Dave Abruzzese pesta come non mai. Questo non è semplice rock. Rockin' In The Free World suonata da Neil Young e i Pearl Jam sul palco degli MTV Video Music Awards 1993 è semplicemente e grandiosamente l'apoteosi del rock più autentico.

È come se questa canzone e questa performance mi fossero sempre appartenute. All'aeroporto di Heatrow, di ritorno dal mio primo viaggio a LondraRockin' In The Free World suonava talmente forte nel walkman (in versione solo Younghiana) che una signora mi chiese cosa stessi ascoltando. Non vidi questa esibizione in diretta. La scoprii parecchi anni dopo ma ricordo ancora in modo nitido che capii subito che cosa avessi davanti. Da tempo me l'ero segnata per celebrarla a dovere nel trentennale su Live On Two Hands - Le parole come non le avete mai ascoltate. I Pearl Jam avevano appena cantato un'infuocata versione dell'ancora inedita Animal con un Vedder ben più scatenato e un Jeff Ament massiccio e dirompente. In quell'edizione i Pearl Jam vinsero 4 premi, tutte per la sofferta Jeremy, premiata come: Video of the Year, Best Group Video, Best Metal/ Hard Rock Video e Best Direction in a Video. Una cerimonia quella in cui vinsero anche i colleghi di Seattle, Alice in Chains (Best Video from a Film - Would) e Nirvana (Best Alternative Video - In Bloom).

Neil Young è in forma smagliante, reduce da due dei suoi migliori dischi: Ragged Glory (1990) con i Crazy Horse, e Harvest Moon (1992), solista. Sempre da un album solo è tratta Rockin' In the Free World (1989), autentica cavalcata generazionale che i Pearl Jam suoneranno spessissimo nei loro appassionanti concerti, usandola propria come canzone di chiusura come accadde anche al live Roma '96 nel tour di No Code. Inizia la performance. La prima strofa ci fa subito capire con chi abbiamo a che fare:

There's colors on the street
Red, white and blue
People shufflin' their feet
People sleepin' in their shoes
But there's a warnin' sign on the road ahead
There's a lot of people sayin' we'd be better off dead
Don't feel like Satan, but I am to them
So I try to forget it any way I can

Prima che la "parola" passi a Eddie, la musica rock è un fiume in piena. Neil Young insieme a Jeff Ament e Stone Gossard sono indiavolati. La seconda strofa pare essere partorita da una sessione di Vs, il secondo album della band che uscirà di lì a poco più di un mese. Se Young venne sempre chiamato "il nonno del grunge", non era certo solo per le camice a quadrettoni. Se "il vecchio" suona con trascinante adrenalina, il giovane accentua il dolore delle lyrics, strozzando quasi la voce nella terza e quarta riga, evidenziando così il sentimento di abbandono e l'emarginazione dell'essere umano. Una condizione emersa in modo ancor più devastante con la recente crisi economica, e non a caso  Rockin In The Free World venne utilizzata dal regista Adam McKay nel bellissimo film La grande scommessa (2015)

I see a woman in the nightWith a baby in her handThere's an old street light (near a garbage can)Near a garbage can (near a garbage can)And now she put the kid away and she's gone to get a hitShe hates her life and what she's done to itThere's one more kid that'll never go to schoolNever get to fall in love, never get to be cool

E' un passo cruciale della canzone. Neil Young poi, con il suo inimitabile stile distorto, si scatena sotto lo sguardo (pietrificato) di un Vedder scolaretto, ma che nota dopo nota inizia sempre più a lasciarsi andare. Dopo un face to face di chitarre con un Gossard al massimo della sua faccia da bravo ragazzo e più giovanile adesso dei tempi dei Mother Love Bone, l'uragano chitarristico si placa e inizia l'ultima strofa alla quale si unisce anche il cantante dei Pearl Jam. Tutti i musicisti sul palco, da sempre grandi perfomer, rompono gli argini ed ecco Neil Young e Mike McCready onorare al massimo la potenza distorta della storia degli anni '70. Vedder sbatte con delicata violenza l'asta del micrfono per terra, portandosela sulle spalle e poi prendendosi una bottiglia di vino, mentre Mike, in piena catarsi Hendrixiana, spacca la sua chitarra contro gli amplificatori, lasciando a Young-Ament-Abruzzese l'onore delle ultime note. 

We got a thousand points of lightFor the homeless manWe got a kinder, gentler machine gun handWe got department stores and toilet paperGot Styrofoam boxes for the ozone layerGot a man of the people, says keep hope aliveGot fuel to burn, got roads to drive

L'America degli ultimi oggi si reclamizza sui social, anticipando quelle rivoluzioni che non vedranno mai la luce né un volantino. Un tempo, a dare voce alle masse, c'erano loro: i cantautori e quegli ideali condivisi in modo trascinante dentro e fuori l'anima. Così come si vede nel videoclip della canzone, Rockin In the Free World richiama il mondo e la gente a seguire una strada: la propria strada. Trent'anni fa, il 2 settembre 1993, Neil Young e i Pearl Jam scolpirono nel rock un'effige di ruvida onestà che nessuno potrà mai dimenticare. Trent'anni dopo sono esattamente lì dov'erano, sul palco a cantare il mondo e i tormenti riottosi di tutti noi. Dopo trent'anni la loro performance live di Rockin In The Free World al Gibson Amphitheatre di Los Angeles per MTV Video Music Awards, ha ancora la passione e il furore per spingersi oltre. 

GOT ROADS TO BURN AND MAKE ALIVE

voglio dire,
c'è il male e non gli chiederò mai scusa
… ho i vostri tagliandi, la corteccia calpestata
e nessuna speranza di giustizia

una chiave, le ruote incagliate, qualsiasi epicentro...
se solo potessi esprimermi da mortale,
ma a voi non interessa

la prossima invenzione
sarà quella definitiva… Lo dicevano
anche gli schiavi
in anticipo sulla privazione del domani,
... pensiamo ancora
di poterci fare almeno una corsa a strapiombo?

siete scesi tutti in strada
o hanno inscenato la fine del mondo?
hanno messo
le vite su di un grafico, chi se ne voleva andare
non sa più nemmeno
che cosa sia accaduto prima

sento il deserto
stare fermo… Muovere
la bocca
impedendo al sangue
di dirigersi altrove… le idee
sono nate per sfidare l'oblio,
il cestino per il grano dipende ancora da noi
vuoi ancora capire cosa sta succedendo o sei già andato oltre? l’orizzonte non ha più dune, e noi siamo rimasti senza un traguardo… è quello che siamo, raccontiamo la sola storia vera (Venezia, 2 Settembre ‘23)

Neil Young & Pearl Jam - Rockin In The Free World (live MTV 1993)

Eddie Vedder, Jeff Ament e Neil Young suonano Rockin In The Free World
Neil Young canta Rockin In The Free World
Neil Young e Stone Gossard suonano Rockin In The Free World
Jeff Ament e Neil Young suonano Rockin In The Free World
Eddie Vedder, Jeff Ament, Dave Abuzzese e Neil Young
suonano Rockin In The Free World
Neil Young suona e canta Rockin In The Free World
Eddie Vedder canta Rockin In The Free World
Mike McCready e Neil Young suonano Rockin In The Free World
Dave Abruzzese suona Rockin In The Free World
Mike McCready distrugge la chitarra
Pearl Jam e Neil Young suonano Rockin In The Free World

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