Tornare sull'isola del Principe Edoardo (Canada). Un sogno (d'amore) diventato realtà... ascoltando Dreamer (Lakelands), insieme ad Anna Shirley e Lucy Maud Montgomery.
di Luca Ferrari Questo è uno scritto che parla di sogni. Quei sogni che magari non si realizzano mai ma questa volta è stato tutto ancora più meravigliosamente intenso. Questo è un testo che parla di sogni realizzati ma non scriverò cose del tipo, "l'importante è crederci". Questa è la storia di un sogno che ho immaginato e ho realizzato insieme a voi. Questa è la storia di un sogno "NeilYounghiano" che ha un'unica tonalità: l'amore. Questa è la storia di una persona qualunque che è venuta da lontano ed è arrivata all'improvviso. Questa è la storia di Anna Shirley e la canzone Dreamer (Lakelands) che racconta la serie Anne With an E (la nostrana Anna dai capelli rossi), direttamente dai romanzi di Lucy Maud Montgomery. Questo è un sogno che si è sposato con la realtà più meravigliosa. Questa è la storia del mio ritorno sull'isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island), in Canada, e di una indimenticabile corsa fatta con i piedi nell'acqua marnosa sulla costa dell'Argyle Shore Provincial Park. Parla solo il cuore e quello che provo insieme a voi.
HO SEGUITO IL MIO CUORE INSIEME A VOI
la nostra grande storia
di un sogno
che voglio realizzare ancora…
storia delle mie radici
che ho trovato
e non riesco a dimenticare
l’amore ha puntellato
i miei passi fino a questo porzione
di mondo… è l’amore
che ho sempre
desiderato... e l'amore
ha definitivamente ammainato
Il 19 luglio 1994 scrissi la mia prima poesia. Trent'anni dopo celebro le mie parole con il sound distorto della scena underground di Seattle, Come on Down (Green River).
Un'emozione potente e annichilente. Un bagliore di oscurità veritiera e autentica. L'inizio di un viaggio fino a un attimo prima, nemmeno immaginato (né desiderato). Il 19 luglio 1994 la penna colpì la carta per la prima volta. Tutto il resto, adesso, sono trent'anni successivi. E se non avessi iniziato a scrivere, che cosa avrei fatto? Me lo sono chiesto ogni tanto. C'è stato un tempo in cui mi sentivo un predestinato. Solevo ripetere "Non ho una vita, ho un destino". Nel giorno in cui 30 anni fa ho iniziato a scrivere, raccolgo un po' le idee ma il mio pensiero è uno scorrere impetuoso nel presente, sguazzando felicemente nella vita che mi sono costruito anche grazie alla penna, sebbene con alterne fortune. A coronare questo giorno, una band di cui non avevo mai scritto fino ad ora su Live on Two Hands, eppure di fondamentale importanza (non solo per il sottoscritto). Il gruppo che diede un contributo cruciale alla scena alternativa della Seattle di fine anni '80/primi anni '90, i Green River.
Come On Down inizia semplicemente distorta, garage e punk. La potenza sale, poi seguita da un cantato quasi biascicato-sussurrato e quindi esplode in un fragore di decibel tra rabbia sonora e delicatezza verbale. All'epoca della mia prima poesia, il 19 luglio 1994, non avevo la minima idea di chi fossero i Green River. Ci sarei arrivato di lì a un paio d'anni, eppure quando ho pensato a quale canzone potesse celebrare al meglio i miei 30 anni di scrittura, mi è subito venuta in mente Come On Down, primo singolo dell'omonimo EP(1985). I motivi di questa scelta sono piuttosto elementari. È la prima canzone pubblicata di una band che diede poi vita a quel movimento rock che segnerà per sempre la città di Seattle. È una canzone che parla di andare giù in senso metaforico, e nulla come il rock mi ha trascinato in un'altra dimensione. I componenti sono alcuni dei musicisti che ascolto da una vita e che ho stimato fin dagli albori, a cominciare dal cantante Mark Arm, e il chitarrista solista Steve Turner, poi entrambi nei Mudhoney. Due persone che ho avuto l'onore di incontrare in quella che è stata l'intervista più sentita di tutta la mia attività giornalistica.
L'altro chitarrista dei Green River è Stone Gossard, futuro membro dei Mother Love Bone, Temple of the Doge Pearl Jam, sempre al fianco del bassista Jeff Ament, Green River inclusi. Mi è sempre piaciuto Stone perché lontano anni luce dagli stereotipi della rock star. Un viso qualunque della porta accanto capace di suonare in modo strepitoso. I suoi progetti paralleli ai Pearl Jam hanno sempre prodotto musica di altissimo livello, a cominciare dai Brad del compianto Shawn Smith (1965-2019). Stone Gossard è per certi versi l'emblema del rock come l'ho sempre sentito. La semplicità al potere. Come On Down fu l'inizio per la Seattle più conosciuta, e oggi, trent'anni fa, andava in scena il mio battesimo delle parole. Guardate la foto in primo piano. Scrissi il verso della canzone (sbagliato) in una di quelle eterne giornate solitarie senza nessun avamposto verso il domani. Appiccicato sul vetro del bagno. Una di quelle notti dove la bussola dei sogni s'incastrava tra sali e scendi ed ermetismi più estremi.
"Lift your eyes to the skies above Come on in, feel my love A little bit here, a little piece there Pieces of love everywhere... [...] Sinceramente non ho idea se il video qui riportato da Youtube fosse quello originale, ammesso che ce ne sia mai stato uno, o meno. L'ho visto e mi è piaciuto. L'ambientazione così onirico-psichedelica, tale da riecheggiare i demoni della futura serie I segreti di Twin Peaks di David Lynch, ambientata a North Bend (Wa), poco distante da Seattle.
Ci sono stati anni dove pensavo che la mia vita sarebbe stata sempre e solo scrivere. A dispetto di certi desideri innocenti, dentro di me non mi sentivo adatto a una vita familiare (quanto è bello ricredersi alla grande, ndr). Il 19 luglio 1994 iniziai a scrivere in inglese su fogli grandi a quadrattini colorati e fin da subito la struttura delle strofe dei testi di Nirvana e Pearl Jam mi penetrò talmente dentro che divenne una caratteristica del mio stile, sebbene del tutto estraneo a una qualsiasi affinità musicale. Senza nessuna presunzione, mi sentivo l'erede delle lyrics di Eddie Vedder, Kurt Cobain, Michael Stipe (R.E.M.) e Neil Young. Scrivere ha cambiato tutto nella mia vita. Io sono cambiato scrivendo. Adesso sono anni che non pubblico più nulla e nemmeno ho interesse a farlo. Ho smesso di cercare il mondo. Semplicemente, quella sensazione di amore dissolta nel vuoto, ha trovato la vi(t)a e l'anima nell'esistenza più autentica.
...PIECE(S) OF LOVE EVERYWHERE...
tremuli passi, esondazione
di dolore a brandelli
senza bandiera... È un "no",
non sono saggiamente andato avanti
e riesco ancora
a ricordare troppi giorni
… è sempre stato
un conglomerato tutto di forme e memorie,
quando vedo le ombre
nell'immagine longilinea
le mani gracchiano
in una (p)resa scomposta
che vorrebbe dire, altrove…
sono esattamente dove volevo
essere… sono dove
sono sempre stato… l’agonia della mia noia
ha conosciuto
l’ardore di una porta
galleggiante… anche la similitudine
di un desiderio
scambiato per un rimorso
è naufragato
nell’anomalia di una rivolta
scovata oltre i troppi arrendevoli sé…
andremo avanti
insieme questa volta... Ognuno
di quei momenti
recava un gesto di attesa,
ogni ricerca ha trovato una fine
nell’ultimo sguardo
prima di essere sognato
dai sogni… Sono rimasto
al di qua dello specchio
provando a cadere ancora di più,
fili energetici sradicati,
e senza alcun conteggio
né incitamenti ad altro… è
un momento di non-confusione
… piante maneggiano
nuove radici... è la profondità
Bezerk - Eminem indossa una t-shirt celebrativa dei Detroit Pistons
Contro tutto e tutti, il 13 giugno 1989 i Detroit Pitons "Bad Boys" vinsero il loro primo titolo NBA. Eminem, simbolo dell'hip pop della Motor City, suona la carica con Berzerk.
di Luca Ferrari Potente come quella squadra di basket. Eminem è un figlio di Detroit. Eminem è sempre stato un personaggio controcorrente, proprio come quella indomabile squadra che verso la fine degli anni Ottanta, mise in riga tutti: i Detroit Pistons, detti (calunniosamente) Bad Boys. Uno dopo l'altro, schiacciarono tutte le stelle dal faccino pulito (Larry Bird, Magic Johnson, Michael Jordan), conquistando il titolo di campioni NBA per due anni consecutivi (1989-1990). Ed è proprio quel Back to Back che il rapper sfoggia con orgoglio su una t-shirt blu nel videoclip di Berzerk. Il 13 giugno 1989 i Detroit Pistons di capitan Isiah Thomas e coach Cuck Daly, chiudevano la serie perfetta (sweep, 4-0), demolendo a Inglewood 105-97 i Los Angeles Lakers di Magic e Kareem, vincendo per la prima volta l'agognato trofeto. Non fu solo la vittoria di Detroit e dei suoi tifosi, ma in parte anche di chi sentiva emarginato e vide in quella squadra una sorta di amico.
Il 1989 è un anno che non dimenticherò mai. Forse il peggiore che abbia mai vissuto. La mia adolescenza fu segnata/traumatizzata per sempre, minando in modo molto problematico il proseguo della mia vita, risvegliatasi in parte solo grazie al rock più disperato-arrabbiato e proveiente da una città. anch'essa molto atipica: Seattle. Nel 1989 ricordo che sentivo parlare ovunque di Michael Jordan e tutti lo osannavano, inclusa quella feccia con cui ebbi a che fare per troppo tempo, senza riuscire mai a reagire. Nel 1989 ero un deboluccio dodicenne mentre Marshall Bruce Mathers III, in arte Eminem, ne aveva 17. Da Detroit a Venezia, le nostre storie si sono unite 35 anni dopo. Oggi, 13 giugno 2024 su Live on Two Hands - Le parole come non le avete mai ascoltate, grazie all'ispirazione del mio figlioletto, celebro la caparbietà della vita di andare contro il mondo intero. Guardandolo in faccia, affrontandolo e abbattendo chiunque si frapponga con la nostra felicità.
Non sono certo un cultore della musica hip hop e se mi sono avvicinato a certe sonorità, il merito è proprio della palla a spicchi con cui questa disciplina ha un indubbio feeling, e a tal proposito, è impossibile non avere la colonna sonora del film Space Jam (1996). Eminem però mi è sempre piaciuto. Una grinta non comune e sonorità molto particolari, come appunto la canzone Berzerk, un mix di heavy metal & hip hop dove le campionature si rincorrono: da The Stroke di Billy Squier alla mitica Fight for Your Right dei Beastie Boys fino all'ancor più leggendaria I love Rock 'N' Roll di Joan Jett & Blackhearts. Nel videoclip compaiono vari personaggi, dal rapper di Detroit, Kid Rock (voce narrante del bellissimo documentario sulla locale squadra di basket, Bad Boys - 2014, di Zak Levitt), al produttore stesso della canzone, Rick Rubin (Slayer, Run DMC, Red Hot Chili Peppers). Alza il volume, Eminem. Oggi e per ogni giorno del mio futuro, sono in campo insieme a te, Berzerk e i Bad Boys di Detroit (Pistons).
CI SCATENERMO CON QUESTA FURIA
tenebre.. lotta... unità...
inseguimenti... silenzio... oggi non sarò originale,
dalle cadute
c'è chi è solo lanciato verso
altre scogliere... non lo sapete,
è quello che mi avete insegnato
li guardo... li osservo... crocevia della fine,
silenzio e bugie, la mia dipendenza
adolescenziale... non c'era spazio nemmeno
per una traccia
di legittime urla
ecco la mia storia sincera, amici… voi
trionfavate, e
la mia vita si scorticava sepolta...
… La vostra storia mi è arrivata
… La vostra storia
adesso è anche un po’ la mia…
ehi ragazzacci, la vostra storia
mi ha insegnato
che potremo sempre essere una furia... la vostra storia
mi ha reso immune
a tutte le paure che mi hanno conficcato
ehi nuovi amici, lo sapete
che c’è ancora gente che ha frainteso
la mia emarginazione... è l'ignoranza
del sopruso... è l'ignoranza
della convenienza... è l'ignoranza
dell'apparenza scuoiata... ho ancora
molte lacrime
da asciugare e nocche
da schiacciare (la rima, mai)... pace,
non cerco la tua comprensione... l'inizio
non fa parte del mio concerto
di guerra... adesso mi fermerò
solo quando tutte le loro briciole
avranno timore
anche della mia seconda vocale
... ho inciso il numero 89
sopra e sotto i bisogni
della mia avvenuta trasformazione… Non
potete più fare nulla.... non voglio ricordare
più nulla
ma lo farò comunque…
ehi nuovi amici,
a quel tempo mi nascondevo
ogni qual volta sentissi
il fetore delle loro griffe… se
lo ricorderanno il mio nome
o faranno ancora i permalosi
con blasfemie pornografiche
e caricatori murati a salve... ehi
nuovi amici, sarei così strano
se desiderassi ancora annientare
gli errori delle belve... è il mio sangue
che chiama... sto scherzando,
non sono così leggero
e mi sono già tolto le scarpe...
sono più dinamico e per nulla
intimorito... è il mio terzo sorriso
contro l’aldilà, i nascondigli
illuminano le cascate
senza più volume... più di così
...si scatena la vita
(Venezia, 13 giugno '24)
Eminem - Berzerk
Eminem nel videoclip della canzone Berzerk
Detroit Pistons 89 (da sx): Joe Dumars, Isiah Thomas, Bill Laimbeer
Berzerk - Eminem e Kid Rock
Detroit Pistons '89 - (da sx) Dennis Rodman, Rick Mahorn, Vinnie Johnson, coach Cuck Daly e Isiah Thomas, James Edwards, Mark Aguirre e Johns Salley
Ultimo giorno di scuola elementare (Diedo, Venezia) e ho già nostalgia della vita condivisa insieme. Tanta felicità e un dolce arrivederci sulle note di All The Way To Reno (R.E.M.).
Un anno di vita, di scuola e d'incontri si è appena concluso. Non è ancora arrivato il momento degli addii, semmai di un estivo arrivederci, eppure provo già una forte nostalgia. Ho amato ogni momento dell'anno scolastico 2023-24. Dal primo giorno in cui mi dovetti fare un nodo in gola quando, all'improvviso, vidi il mio figlioletto seduto ai banchi dei "grandi", alla dolce accoglienza (quasi materna) riservata ai nuovi arrivati. Dal suo risveglio quotidiano che proseguiva placido insieme alla sua mamma verso questa nuova avventura quinquennale, alle chiacchiere con gli altri genitori, molti dei quali diventati già amici, per non parlare dei tanti momenti che lo scolaretto ha condiviso con i suoi compagni ovunque: in casa propria e nelle tante altrui, fuori, e a fianco dei (primi) quaderni. Insieme hanno imparato molto, dentro e fuori l'edificio scolastico.
E quando ieri pomeriggio abbiamo celebrato la fine dell'anno con una bellissima festa nell'ampio giardino della loro scuola elementare, la Diedo di Venezia, mi è sembrato di vivere l'atmosfera gioiosa di All The Way To Reno (You're Gonna Be A Star) degli R.E.M., il cui videoclip è diretto dal Premio Oscar, Michael Moore. Una canzone che da oggi in poi, per me (...) sarà sempre All The Way to... Diedo!
ALL THE WAY TO DIEDO (le nostre stelle)
…sequenze di vita, rincorse
nella terra
sporca di abbracci...un tu a tu
dei sogni più rampicanti... è la forma
del presente... Uno stato di costante
apprendimento emotivo...lo sarà
ancora, come un primo giorno di scuola
senza mura
e una comune direzione di amichevole
terapia
Che cosa unisce un fiore
che sta crescendo
alle fate senza maschera?
Mi sbilancio... è il colloquio
sui veli delle nostre lacrime
più sinceramente ribelli
…
non ci sono alternative
ai primi passi…alcuni
parlano di pietre romanzate,
altri di camini appollaiati
e baluardi silenziosi
sulle imbarcazioni, tutte decise
oltre la prossima fermata
… trame animate, il
quotidiano risveglio del sole
saluta il mare e i suoi canali scoperti
in ascesa dell'armonia più eccelsa
Che cosa ne sarà di questi giorni quando la neve
non avrà più bisogno di aspettarci
per uscire di casa?… ci potremo tenere
per mano ancora una volta
mentre torniamo a casa?
Potremo agghindare i melograni
anche quando l'estate
seminerà nuovi interrogativi
nei nostri ricordi?...
Una casa dopo l’altra,
anche quel divano
mi sembra così familiare… vi ho visti
seduti tutti insieme
per la prima volta... per favore,
non chiedetemi mai
di dimenticarlo ...
brindo dietro
le nostre voci che si susseguono...
Lo farò insieme a tutti voi...
in uno stato
di perenne navigazione condivisa
Gary Cherone, Eddie Van Halen in Fire in the Hole (Van Halen)
Dai demoni alla poesia epocale, fino alle nuove sfide del presente. Fire in the Hole (Van Halen, con Gary Cherone) ha letteralmente attraversato/incendiato la mia vita.
Rock, memoria e nuove impennate di un presente sempre più deciso. A quel tempo Gary Cherone (Extreme) era diventato il nuovo cantante dei Van Halen. A dispetto delle ottime premesse, il feeling non scattò e realizzarono insieme un unico album, Van Halen III (1998). Di quel disco, ho sempre adorato alla follia la canzone Fire in the Hole, specie per il duro assolo di Eddie Van Halen e un video dove la band gira circondata da un'orchestra, alternandosi alle sequenze del film "Arma Letale 4", della cui colonna sonora fa parte. Una canzone sgorgata in un'epoca (personale) di spettri spiaccicati e promesse agonizzanti. Sarà stata la faccia spiritata di Gary o la maestria di His Guitarness, fatto sta che Fire in the Hole mi è sempre piaciuta tanto e quando parecchi anni dopo (2010) divenne la colonna sonora della mia 10.000° poesia, scritta in treno in terra calabrese, si confermò presenza eterna della mia antologia musicale.
Pochi giorni fa, rieccola apparire, per immortalare la super sfida NBA Dallas Mavericks vs. Minnesota Timberwolves (vedi rubrica Rock 'n' Basket. Complice (anche) la costante presenza nella mia playlist dei Chickenfoot dove militano proprio gli ex Van Halen, Michael Anthony (basso, qui presente) e Sammy Hagar (voce), ritrovo Fire in the Hole. Il passo successivo lo state leggendo adesso.
IL CALORE IN RAMPA COSTANTE
hai il sapore di una vendetta,
o la sofferenza
che ti stai portando ancora dietro
è qualcosa di diverso
sull’estremità delle due incudini,
avevi mai fatto caso
alla casualità
dei palazzi crollatici a fianco?
cerco di atterrare,
puoi vedere dove precipito
ma di notte
sono le altitudini a sfogliare nuvole
e intanto...
inseguo senza insicurezze
tutto quello che mi è stato più meschino
inseguo tutto quello
che ho voglia di distruggere
inseguo i miei zero
e sono stralunato nella risata costante
porto inciso
tutto quello che mi avete fatto,
ho ancora tante cose
che non voglio raccontare… arrivato
a questo punto della mia vita
amo ancora guardare
le pozzanghere
quando la pioggia cade
che cosa mi mancherebbe
per osservare il mondo da più vicino?
la forma del domani
è la presente dichiarazione d'intenti
nel salto successivo
...
(Venezia, 26 Maggio ‘24)
Van Halen - Fire in the Hole
Michael Anthony, Alex Van Halen in Fire in the Hole (Van Halen)