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Iron Maiden - (da sx) Nico McBrain, Steve Harris, Blaze Bailey, Dave Murray, Genick Gers
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Il 2 dicembre 1995 al
Palasport di Pordenone, gli
Iron Maiden col nuovo cantante
Blaze Bailey portarono in tour il nuovo album
The X Factor (1995). Un concerto "heavy epico".
di
Luca Ferrari
Il
rock aveva iniziato a scorrere possente e straripante dentro la mia anima. Adesso era giunto il momento di fare sul serio. Adesso era arrivato il giorno del mio primo grande concerto rock e non potevano essere che loro a "battezzarmi", gli
Iron Maiden. Una band sentita vicina fin dalle prime immagini e note. Non ancora diciannovenne, salii in macchina insieme a una mia amica, i cui gentili genitori ci accompagnarono fino in Friuli. Loro a passeggio e a mangiarsi una pizza, noi stretti in coda per almeno un paio d'ore in attesa di entrare. Il
2 dicembre 1995, al
Palasport di
Pordenone sbarcarono gli
Iron Maiden orfani del "fuggitivo" Bruce Dickinson, pronti a conquistare il pubblico con il nuovo cantante, l'ex-Wolfsbane
Blaze Bailey.
Ho passato sullo scanner gli articoli di giornale incollati su di una delle mie tante e vecchie agende. Non ho voluto rileggere nulla. Qui parliamo di emozioni ancora vivide dentro di me. Inizia lo show. Non fu una giornata particolarmente fredda ma gli ottobre primaverili di questi ultimi anni durante i Nighties erano un'utopia. Mentre si aspettava, cercavamo qualche faccia magari conosciuta. Niente telefoni. Niente di niente. Si aspettava cantando e parlando. Nulla di più. Poi ecco qualcuno come noi, proveniente dal
Lido di Venezia. Un amico che già parlava di voler vedere i Megadeth. Un ritrovarsi lontano rimandando all'indomani la condivisione del dopo-concerto.
Ci siamo. Inizia lo show. Aprono le danze i fedelissimi e possenti scozzesi
The Almighty di
Ricky Warwick, spesso in tour con i Maiden. Indimenticabile le espressioni del gasatissimo bassista
Floyd London. Fino a quel momento eravamo tutti seduti in platea. Ricordo un po' la mia sorpresa al riguardo. Dopo il break, ecco le luci spegnersi. Come un esercito, pacifico e metal, d'improvviso tutti si tirarono subito in piedi alla prima nota di
Sign of the Cross, direttamente dal nuovo album
The X Factor, perfetta per iniziare un live. E non appena la musica salì di tono, la ressa fu talmente potente che dovremmo spostarci sugli spalti, godendoci il concerto comunque alla grande.
Non posso citare con esattezza le canzoni che suonarono. Per la scaletta ci sono gli articoli qui incollati e internet.
Falling Down e
Lord of the Flies del nuovo album, di sicuro, e le ricordo bene. Dei pezzi storici
Run to the Hills, di cui anni prima mi ero comperato una t-shirt senza quasi conoscerli, e poi
Hallowed be Thy Name, e la poetica
Fear of the Dark, dall'omonimo album (1992). Un minicerchio della mia vita personale è racchiuso in quest'ultimo disco. Non solo fu il primo album rock che ascoltai ma la mia compagna di concerto con cui scandimmo le canzoni dei Maiden a Pordenone, la conobbi al tempo in cui indossava una maglia a manica lunga con la copertina (splendida) di quello strepitoso disco.
Una squadra perfetta quella degli
Iron Maiden. Un
Blaze Bailey galvanizzato cui i metal fan più esigenti gli riconobbero carisma ed eccellenti qualità canore. Al suo fianco, i due chitarristi
Dave Murray (solista) e
Janick Gers, infaticabili esecutori di riff e corse su e giù per il palco. Alla batteria, come sempre
Nicko McBrain. E il direttore d'orchestra, ovviamente lui, il fondatore della band:
Steve Harris. Fu il primo che vidi apparire sul palco. Ricordo con estrema nitidezza che pensai subito: "My god, è quello delle riviste di musica" (in riferimento a una copertina sul mensile HARD! dove era in prima pagina insieme al cantante dei Guns 'n' Roses). La musica degli
Iron Maiden l'ho sempre sentita amichevole e sincera.
Le mani alzate. Il romanticismo degli accendini. Il mostruoso Eddie. Gli applausi scroscianti. E d'improvviso
da quel pubblico visto nei videoclip in televisione, adesso c'eravamo anche noi. E poi il ritorno in due tappe poiché all'epoca non c'erano più ferryboat per raggiungere le nostre case. E anche quello fu parte autentica del concerto. Nel ripensare, riascoltare. Parlarne. Immaginare anche il futuro, se li avremmo ancora ascoltati (e visti) a distanza di anni. Lasciammo la macchina, e poi via di passeggiata fino a piazza San Marco (non esattamente due passi) per prendere il vaporetto. Niente app per controllare orari. Solo il passo svelto con la speranza di non dover aspettare troppo ma ehi, avevamo appena visto gli
Iron Maiden. Che cosa si poteva chiedere di più in quel momento?
Il rock aveva cambiato la mia vita per sempre. Con la sola eccezione del corale
Beach Bum Rock Festival di
Jesolo (4-6 luglio) vissuto pochi mesi prima, il
live degli
Iron Maiden a
Pordenone il
2 dicembre 1995 fu il mio primo grande concerto. Fu un'emozione indescrivibile. Mi sentivo a mio agio lì nel mezzo e allo stesso tempo stranito durante la performance, chiedendomi continuamente come si potesse assistere a un simile spettacolo e tornare poi alla vita comune come se niente fosse ma quello era il tempo delle domande infinite. Quello era il tempo di un'epica tutta da scrivere e del dolore umano più autentico, sviscerato da atroci ferite del passato che il rock mi aiutò a prendere definitiva coscienza. Adesso ci camminavo dentro e da allora non mi sarei più fermato.
DICHIARAZIONE
LIVE DEL MIO SANGUE SGOMINATO
Frastuono esteso
in un'alba di emancipazione ribelle
e ordinata... Carovana
senza incomprensioni emotive... Presi
il mio tempo, sono consapevolmente libero
di far combaciare il mio sangue...
Tengo strette la mie paure,
ne ho ancora una moltitudine
e le grida adesso
sono caverne senza nuvole né silenziatori
Sulla mia piccola strada
c'era ancora qualche strascico di fede,
nessuna insenatura affilata
e qualche pagina umida
dei giorni rimasti... sulla
mia testa l'esplosione
un flusso continuo... Non
sono ancora pronto
per raccontarvi così tanto
di me stesso... Sono sempre
più confidente
a togliere ogni rampone dalle montagne
e chiarirmi con la mia dipendenza
di libertà... Sono in
ascesa spropositata
contro chi mi ha sepolto
vivo
Schizzano saette
da uno sguardo all'altro...
Siamo
tutti arrivati
nello stesso macro-secondo... Lo
spettacolo domani
sarà già un altro crocevia
e avrò di nuovo chiuso
la mia porta... A quali
risposte
potrò appellarmi
per evitare lo scontro
quotidiano?
Quello fu l'inizio
della mia strada... Quella
fu la regola
a un'esternazione
disciolta... L'isolamento
di una
cascata
è la nostra isola di purezza... Il
sangue
non è più un tesoro di
cui (ir)ridere,
adesso
stavo cominciando a dire chi fossi...
(Venezia, 2 Dicembre
'20)