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giovedì 9 novembre 2023

Bad Boys, Pump It Up Pistons

Isiah Thomas (Detroit Pistons) e la band Inner Circle

Dallo sport alla musica e viceversa. La passione per il basket NBA '80 dei Detroit Pistons mi ha fatto scoprire gli Inner Circle e la canzone Bad Boys. Ma c'è di più...

di Luca Ferrari

Gli Inner chi? I Circle cosa? Fino a qualche giorno non avevo assolutamente idea di chi fossero gli Inner Circle, gruppo reggae giamaicano fondato nel lontano 1968. Per chi conosce Live on Two Hands, sa bene che la musica prediletta è ben altra ma ehi, l'arte non ha confini. Da qualche tempo ormai, complice l'interesse del mio figlioletto, ho cominciato ad appassionarmi di basket, in particolare l'NBA, tanto quello contemporaneo quanto di quando ero io un ragazzino (mai seguito all'epoca). Se gli attualmente estinti Seattle Supersonics li conoscevo grazie al rock strampalato dei The Presidents of the United States of America, i Detroit Pistons degli anni '80 sono stati una vera scoperta. Così, girovagando su Youtube, mi sono imbattuto nella canzone Bad Boys che pare apposta scritta per quella franchigia, mentre in origine fu realizzata per il reality televisivo Cops e in seguito utilizzato anche per il franchise action, "Bad Boys" con protagonisti Will Smith e Martin Lawrence

Inner Circle - Bad Boys  

Bad Boys, Bad Boys... what you're gonna do
When They Come for You...

...canta così la canzone Bad Boys, quasi un avvertimento. Una minaccia, e in parte era proprio così. "Cosa farai quando arriveranno per te?". Ribadisco, sembra proprio scritta per quella franchigia. I Detroit Pistons degli anni '80 erano una squadra a dir poco fenomenale. Costruita in modo certosino e con un'ascesa che partì dai bassifondi, arrivò ai playoff, mancò le finali, perse in finale e alle fine vinse il titolo per due anni consecutivi. La squadra era formata da campioni del calibro di Thomas, Dumars, Lambeer, Rodman, Mahorn, Salley, Johnson, etc.. Una squadra invisa a tutto il mainstrema del basket americano delle facce pulite dei vari Larry Bird, Magic Johnson e Michael Jordan, ma questo non li fermò affatto. Anzi, diventarono una vera e propria famiglia, superando tutto e tutti. Da reietti a trionfatori, una storia che accomuna molti musicisti rock.

Se Bad Boys è ormai un caposaldo delle mie attività sportivo-musicali, sempre grazie al peregrinare youtubiano alla ricerca delle imprese dei Pistons, ecco un altro videoclip strepitoso, diviso in due parti: la prima realizzata con l'intro della mitica The Final Countdown (Europe) in cui vengono chiamati nome per nome gli artefici del successo, fino a coach Chuck Daly (pura adrenalina, ndr). A questa, sempre nel suddetto video, si aggancia Pump It Up Pistons, manifesto della squadra dove giocatori e nickname vengono snocciolati nel rap. Un atto d'amore per la propria squadra, così come fecero anche i già citati PUSA che realizzarono la canzone Supersonics, dedicata alla franchigia di Seattle ai tempi dei mitici Gary Payton e Shawn Kemp, e di cui prossimamente scriverò su Live on Two Hands nella nuovissima sezione Rock 'n' Basket, appena inaugurata.

Intanto però, celebriamo Bad Boys... e alla fine, godetevi Pump It Up Pistons

L'ETERNA FEROCIA DEGLI ULTIMI PRIMI


non sono vostro nemico

ma posso diventarlo

…sono arrivato da solo,

adesso è uno stato fraterno


non vi lascerò vincere

se è questo che gli avevate chiesto,

resterò in campo

anche con le luci zoppicanti

e le caviglie fatue


i vostri pugni

sono scene già viste, 

i vostri nascondigli

ci hanno insegnato

a sgridare il mondo per affermare chi siamo


non volevate che vi sfidassi,
adesso ci dovrete affrontare tutti


non sono paziente

con chi non è dalla mia parte

ecco la mia faccia… quel giorno 

sarà la prima che vedrete


il Sistema

non è mai stato egualitario

che devo fare

adesso che siamo così uniti?

che dobbiamo fare

adesso che siamo pronti

per andare avanti?

che cosa faranno i lampi

quando i tormenti avranno lasciato il campo al trionfo... 


siamo l’ineluttabile… l’insoluto…

… le pietre preziose si sono

tutte dileguate… non 

ti stringerò la mano 

solo perché hai deciso adesso

di essere mio amico

… nella mia testa siamo noi e solo noi

(Venezia, 9 novembre ‘23)


Pump It Up Pistons

mercoledì 8 novembre 2023

Rock 'n' Basket, musica e vita

Rock by Ben Collins/ Basket by Luca Ferrari

La pallacanestro è sempre più presente nella mia vita e inevitabilmente anche la musica cerca e trova questa disciplina. Su Live on Two Hands è nata la rubrica "Rock 'n Basket".

di Luca Ferrari

La musica è sempre la musica, e senza questa energia Live on Two Hands non sarebbe mai stato nemmeno concepito. Adesso è tempo di creare qualcosa di nuovo. Avevo già avuto una mezza idea nel recente passato ma complice un articolo che uscirà tra 12 ore esatte dalla pubblicazione di questo post, mercoledì 9 novembre alle ore 7.00, ho deciso di creare ufficialmente la sezione "Rock 'n Basket", per unire unirà una passione trentennale ormai e una praticamene neonata. Una doverosa precisazione. La sezione si chiama rock ma in questo caso il genere riassume tutti i generi. In questo spazio dunque, aggiungerò via via i link di tutti gli articoli specifici che attingono alle sette note e alla palla arancione:

NEW!!!

lunedì 30 ottobre 2023

The Cure, Every Night I Burn (The Crow OST)

Il corvo - The Crow
La perfezione dark assoluta svolazza sulle note di Burn (The Cure). In un film che ha segnato una generazione agonizzante, Il corvo si prepara per la sua vendetta.

di Luca Ferrari

Halloween non è oggi, è domani... Vieni! Due vite brutalmente spezzate. Gli assassini e il loro mandante a sghignazzare liberi, indisturbati e sempre assetati di dolore e morte. Adesso è troppo e la vendetta non tarderà ad arrivare. La vendetta risorgerà dal regno dei morti. A guidare il vendicatore, un corvo, anzi "The Crow - Il corvo (1994, di Alex Proyas). Un film "maledetto" che ha segnato un'epoca e una generazione. Una colonna sonora che rese il film ancor più immortale con presenze (anche) di Rage Against The Machine, Nine Inch Nails, Violent Femmes e Pantera. Una più di tutte s'identifica con la pellicola stessa, divenendone l'emblema più oscuro. Una più di tutte incarna il suo protagonista (Brandon Lee), morto tragicamente sul set: Burn (The Cure). 

Negli ultimi tempi mi sono avvicinato alla festa di Halloween grazie all'entusiasmo del mio figlioletto, e si sa, la vita è la prima fonte ispirazione per qualsiasi forma d'arte, scrittura inclusa. Non è un caso dunque, che con l'avvicinarsi della festa delle zucche, Live on Two Hands si sia confrontato prima con la versione MarilynMansoniana di This is Halloween, cover dal film di Tim Burton Nightmare Before Christmas, quindi con l'indiscusso monarca dell'horror-rock, Alice Cooper e la sua divertente Hey, Stoopid! Ma se dovessi andare a guardare alla mia personale storia solitaria, c'è una sola e unica canzone che mi riporti ad Halloween, ed è qualcosa di tanto oscuro quanto straziante: Burn dei Cure, direttamente dal drammatico universo cinematografico de Il corvo.

Il videoclip è una cosa. La scena del film con la canzone di sottofondo, tutt'altra. Nel mediocre sequel del film, la canzone Gold Dust Woman (Hole) valeva da sola più di tutta la pellicola. Nella prima epica avventura, basata sul fumetto di James O'Barr, dopo essere stato ucciso, Eric Draven (Brandon Lee) resuscita per fare piazza pulita dei suoi assassini. Nella sua mente si susseguono veloci e strazianti gli ultimi ricordi d'amore. Segue la trasformazione da umano a demone vendicativo, sublimato nel pugno contro lo specchio e la tinta bianca sul volto. "Just paint your face/ the shadows smile/ Slipping me away from you "Oh it doesn't matter how you hide Find you if we're wanting to So slide back down and close your eyes Sleep a while You must be tired" But every night I burn" cantano i Cure in Burn. Eric Draven è pronto per iniziare la sua vendetta ultraterrena.

"Every night I burn
Scream the animal scream
Every night I burn
Dream the crow black dream"...


PARLERÒ D’AMORE ANCHE NEI TUOI SOGNI 

Non c’ero più io...
non ci sarebbe stato noi... Tutto è ricominciato
sull'onda dell'urlo più funereo
... a chi importa
se poi moriremo senza risvegliarci? bachi purpurei nascondono i miei occhi,
il battito d'ali
si fa eco nel tremore irrisolto di un'alba che non tornerà non era più solo una cicatrice... la verità non avrebbe mai cambiato nulla anche se avessi bruciato tutte la pioggia rimasta ... chi sei tu che mi vuoi negare la possibilità di ribattere alle martellate della mia porta? ... Che cosa p(ret)ende dalla notte che non incendiato abbastanza? ho pensato al diavolo e mi è subito apparso ...non mi è mai piaciuto e mi sono spostato perché non avevo nulla da dirgli... quando la strada si è allargata per lasciare spazio all'omicidio del nostro sangue, ho capito che nessuna fine sarebbe venuta in mio soccorso luci accasciate nell'immortalità di un sogno, vulnerabile nell'essere clessidra ... quelle ferite sono sempre state reali... vicine... così sinceramente giustiziere... so cosa devo fare adesso....

                                                    (Venezia, 30 ottobre ‘23)

The Cure - Burn (The Crow OST)

The Crow - Il corvo

venerdì 20 ottobre 2023

In Utero, nelle viscere dei Nirvana

Nirvana, il cd con booklet dell'album In Utero

Il testamento di Kurt Cobain. Le tende si adagiano delicatamente sulle ombre.  Il 21 settembre 1993 fu pubblicato In Utero, l'ultimo album in studio dei Nirvana

di Luca Ferrari

L'album della maturità (l'ultimo, ndr). Il disco dell'apoteosi "lyrica" di Kurt Cobain. Meno ruvido di Bleach. Meno immediato di Nevermind. Meno garage di Incesticide. Più di tutti, In Utero. Trent'anni fa, il 21 settembre 1993 uscì In Utero, quarto album dei Nirvana, prodotto da Jack Endino. Lanciato dal singolo Heart-Shaped Box, è un lavoro estremamente variegato e capace di esaltare al meglio le qualità della band di Seattle. In Utero è poesia musicale strappata dai diari e analizzata con un linguaggio diretto ma implicito, marchio di fabbrica del cantante-chitarrista di Aberdeen. Un lavoro dove il tormento dell'artista ha la meglio sull'essere umano. In Utero, l'album che in origine Kurt voleva chiamare "I Hate Myself and I Want to Die" (Mi odio e voglio morire, ndr). Con il disco In Utero è la fine delle illusioni di una generazione che dovrà andare avanti (chi ci riuscirà) a dispetto delle infinite domande che continueranno a bruciare l'anima... RIP. 

Heart-Shaped Box
, Rape Me, DumbServe the Sevants furono le prime canzoni di In Utero che mi entrarono in circolo. Mese dopo mese apprezzai questo disco sempre di più, e se c'è un album che fece da spartiacque nella mia vita, dopo gli Iron Maiden di Fear of the Dark, di sicuro In Utero segnò il mio definitivo passaggio al rock. In realtà fece molto di più. Non solo mi portò a scoprire tutta la scena di Seattle, ma plasmò il mio modo di scrivere facendomi (inconsciamente) innamorare dell'essenzialità della lingua anglosassone, cosa di cui Cobain era interprete sopraffino, usando poche parole ma piene di potenza emotiva. Emblema di tutto ciò, Radio Friendly Unit Shifter, dove la strofa
I love you for what I am not/
I do not what I've got", catturarono tutta la semplice essenza di un giovane musicista.

I miei ricordi su In Utero sono sconfinati, a cominciare dalle domeniche passate in trepidante attesa che MTV trasmettesse il video di Heart-Shaped Box, con videoregistratore già pronto e corsa in salotto per farlo partire. In Utero fu il primo compact disc che volli assolutamente. Poco dopo la morte del cantante, uno speciale sui Nirvana si concluceva sulle note di All Apologies e un dolcissimo quadretto familiare: Kurt imboccava la figlia Frances Bean vicino alla moglie Courtney, mentre la piccina spostava il faccino "capriccino". Se la vendicativa Rape Me definì molto del mio pensiero sul mondo, ancor più potente fu la "sentenza" di Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle, dedicata all'attrice americana Frances Farmer (1913-1970), originaria proprio della Emerald City, e lobotomizzata nel modo più brutale.

Le parole di quest'ultima: "She'll come back as fire To burn all the liars Leave a blanket of ash on the ground - Lei tornerà come il fuoco per bruciare tutti i bugiardi e lasciare per terra un mucchio di cenere per terra" ebbero l'effetto di un tornado devastante dentro la mia vita (dell'epoca), sempre più ai margini. Una volta mi fu rivolta una domanda, e io risposi esattamente con queste parole. Forse c'entravano. Forse no. Non aveva importanza. In quella frase c'era tutto il mio essere: ferita, vendetta, dichiarazione d'indipendenza. Più di tutti gli album dei Nirvana, fu proprio In Utero ad accompagnarmi nella lettura del volume "Come as you are. Nirvana. La vera storia" di Michael Azerrad, sempre in solitaria davanti alle onde del mare a scogliera. Un libro questo, che ancora conservo. 

Torno su Rape Me perché merita un paragrafo a parte. Rape Me è l'emblema del Cobain-pensiero. Emblema di quello che la musica di Seattle fu per il mondo. La risposta del rock più autentico al macho-sessismo che Kurt odiò fin da ragazzino. Se i Mother Love Bone erano in parte debitori (musicalmente) del glam rock di L.A., per Cobain era il peggio che ci potesse essere. Primo bersaglio di quella cultura, i Guns 'n Roses, definiti senza mezzi termini "patetici sessisti senza talento". Un commento che diede vita a uno scontro culminato anche in zuffa e un Axl pieno di risentimento visto che corteggiava non poco i Nirvana e li avrebbe voluti al loro fianco in tour. Kurt Cobain era un sostenitore del movimento Riot Grrl. Per Cobain la donna era una persona con un cervello in primis e non un corpo su cui vomitare volgari attenzioni sessuali.

La musica dei Nirvana fu spesso definita un mix perfetto tra la melodia dei Beatles e il punk dei Sex Pistols. Definizione che calza alla perfezione per Nevermind, molto meno su In Utero dove la componente rock distorta è più massiccia e la semplicità si mescola a un'introspezione agonizzante che avrebbe avuto il suo apice funereo nel successivo concerto live Unplugged, rivelando al mondo che cosa i Nirvana fossero capaci di fare in un set acustico. In Utero è l'ultimo grido di un Cobain verso un mondo la cui luce ormai si stava affievolendo. Canzoni come Milk it, Scentless Apprentice, Very Ape e la già citata Radio Friendly Unit Shifter rivelano tutta la poetica musicale di un artista unico. 

"I wish I was like you
Easily amused... " intona Kurt in All Apologies [Vorrei essere come voi/ Che vi divertite con poco], l'essenziale dell'anima è a portata dei nostri sentimenti, tra rinuncia e fuoco. In Utero, più di tutto Kurt Cobain.

ANCORA SINCERAMENTE CONSCIO 


annientamento originale di parole consapevoli, sono ancora scomposto

e poco incline a catturare il crepuscolo

… i colpi inferti del volgare strutturato

consumano l'implosione... non me ne starò

lontano ad accettare

immerso nella foce...


da dove è piovuta

tutta questa terra…

Non è mai stata

solo una stupida risata…

Non è mai stata

una lacrima a dover per forza

raccontare la storia


nessuna assuefazione

la violenza è adattamento della vita stessa

… la violenza è ancora


vogliono gli eroi?

qualcosa sarebbe dovuto cambiare

nel mondo

e non solo dentro di me...


le sagome del passato

hanno già finito la piroetta

e tutti sanno già

quale sarà la prossima ripetitiva

reincarnazione


che cosa credi sia successo da quando mi sedetti lì sotto?

... nella storia di una donna

memore

della mia indipendenza solitaria,

rileggo quelle pagine

tra schizzi di rocce, vernice blu

e cieli azzardati pieni di stelle cadute

qual era il significato

di quella mano aperta?

... le verità promesse ai nostri sogni

stanno ancora scavando

                                             (Venezia, 20 ottobre ‘23)


Nirvana - Heart-Shaped Box

mercoledì 11 ottobre 2023

Rage Against The Machine, la battaglia di Guerrilla Radio

Zach de la Rocha (cantante RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
"Now... Helll... Cant's Stop Now!" ringhia la possente Guerrilla Radio. Di fronte alle ingiustizie, nessuna band sa ispirarti/incendiarti l'anima come i Rage Against The Machine.

di Luca Ferrari

Potenti. Combattivi. Implacabili. A cavallo tra gli anni '90 e il terzo millennio i Rage Against the Machine furono una devastante macchina di contestazione al sistema. Sempre fedeli a se stessi e alle proprie ideologie, pubblicarono tre album. Se nei primi due dischi la componente rap era più predominante, nell'ultimi lavoro The Battle of Los Angeles (1999), il rock salì in cattedra e ciò che ne uscì, fu un lavoro capace di alzare ulteriormente il grido di protesta di quel movimento nato come "popolo di Seattle" e, più in generale, incarnando chiunque cercasse un sound universale contro le ingiustizie. Di quel disco, oltre a Testify e Sleep Now in the Fire, i cui videoclip furono entrambi diretti dal regista premio Oscar, Michael Moore, c'era anche Guerrilla Radio.

Correva l'autunno 2001 e il videoclip di quest'ultima canzone inziziò a circolare su MTV. Avevo sempre stimato i Rage Against the Machine ma né il loro primo omonimo (1992) né il successivo Evil Empire (1996) mi avevano conquistato. Troppo presente la componente rap metal per i miei canoni. The Battle of Los Angeles invece, segnò il legame. Il videoclip di Guerrilla Radio è qualcosa di strepitoso. Se in principio la band suona su uno sfondo bianco in contrasto con immagini/ di ricchezza, globalizzazione e sfruttamento, via via il colore passa a un "nero infuriato" sempre più pompato fino a sfociare un'autentica minaccia ai potenti, dove Zack grida che ora "nemmeno l'inferno ci potrà più fermare". Tom Morello suona con una maestria quasi imbarazzante e il suo assolo ha dell'incredibile; la sezione ritmica potrebbe anche spaccare la pietra.

Dalle piccole battaglie sociali-locali ai conflitti su scala mondiale, se c'è un gruppo capace di alimentare il desiderio di giustizia, quello è il combat-rock di Zack de la Rocha (cantante), Tom Morello (chitarra), Tim Commerford (basso) e Brad Wilk (batteria). Difficile trovare una band capace di unire il punk politico dei Clash all'esplosività rap, canalizzata in un messaggio sempre autentico di denuncia. E la stessa Guerrila Radio infatti, è dedicata all'attivista e giornalista Mumia Abu-Jamal, membro delle Pantere Nere, condannato all'ergastolo per omicidio, sulla cui imputazione persistono tutt'ora molti dubbi. In questo momento nuove guerre insanguinano il mondo.  Nel piccolo troppe voci non vengono ascoltate. E se decidessimo noi di alzare il volume?...


ESODO SPROFONDO E SILENZIATO

che cosa sai del mio domani?

pensavo che l’accerchiamento

fosse finito… pensavo

fossimo solo volutamente

nemici... pensavo

che almeno il tuo sangue

non fosse disonesto


sono arrivato piangendo,

non mi troverai all’ultimo capoverso

delle tue preghiere


mi sono alzato, urlando

… chi c’è da così lontano

che vuole spiegarmi

quello che sto provando…


non respiro

e sto morendo… mi

faccio pena

perché non sono ancora scappato


non ho più niente da perdere

e avreste dovuto capirlo

non ho più niente da dare

in cambio... stato di digressione

costante, benvenuti tra

le scatole nere contraffatte

sigillate al posto delle stelle


e le spiagge

adesso hanno iniziato a sputare via 

perfino gli avanzi di chele

… e le bombe

adesso nemmeno avvisano più 

chi stanno per uccidere


che cosa sai

di quello che sono stato?

che cosa sai

della lavanda che non potrà più ricrecere

sotto le mie finestre?

...

non mi sto tirando indietro,

non appartengo a nessuno di voi

(Venezia, 12 Ottobre ‘23)


Rage Against The Machine - Guerrilla Radio

Tom Morello (chitarrista RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
Brad Wilck (batterista RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
Zach de la Rocha (cantante RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio
Tim Commerford (bassista RATM) nel videoclip di Guerrilla Radio

sabato 9 settembre 2023

Je voule... Ti voglio bene, ma parto

Mamma Gigi e sua figlia Paula

Ricomincia la scuola. Tempo di dolci-amari "arrivederci". Crescere significa anche volare e lasciar andare, come cantava Paula alla sua famiglia (Belier)... Je vous aime mais je pars.

di Luca Ferrari

" [...] Mes chers parents,
je pars Je vous aime mais je pars Vous n'aurez plus d'enfant Ce soir
Je ne m'enfuis pas je vole Comprenez bien, je vole Sans fumée, sans alcool
Je vole, je vole
...
Miei cari genitori, me ne vado
Ti amo ma me ne vado/ Non avrai più figli Questa sera
Non fuggo, volo/ Capisci, sto volando Senza fumo, senza alcol
Volo, volo [...]"

Lo straziante ritornello della canzone Je voule di Paula (Louane Emera) che le farà vincere una borsa di studio a Parigi, lasciando così la vita di campagna e la sua amata famiglia. In principio, i suoi genitori sembrano contrari, ma l'amore alla fine prevale e anche se ci saranno inevitabili lacrime di arrivederci, la vita deve fare il suo corso e separare ma il cuore, ehi, quello è tutt'altra cosa e da lì mamma Gigi, papà Rodolphe, il fratello Quentin e l'amica Mathilde, non se ne andranno mai. Se La famiglia Belier (2014, di Éric Lartigau) è un film a dir poco commovente e intenso, il finale sembra uscito da una di quelle fiabe sgorgate dalla più dolce delle fantasie: la realtà.

In questi giorni non saranno solo le figlie e i figli ad allontanarsi dalla propria casa. Anche porzioni della nostra vita è tempo e ora che prendano strade diverse. Appena un giorno fa avevo scritto un lungo articolo, qui, su "Live on Two Hands", al termine del quale avevo annunciato che mi sarei fermato con le pubblicazioni per almeno due settimane. Non ho mantenuto la promessa. Ho cambiato idea. Senza che ne sapesse nulla, una persona mi ha fatto cambiare idea. È stata una mamma con le sue parole commoventi. La sua creatura sta lasciando il nido. Proprio in queste ore sono insieme per condividere un ultimo-primo importante momento della loro vista insieme. Vivranno una notte piena di pensieri, sogni e speranze. Quando l'indomani lei tornerà a casa e tu resterai nella tua nuova vita, a tratti qualcosa farà male. Tutto il resto invece, risplenderà per sempre per voi due...

"TI VOGLIO BENE MA PARTO"


Le mani accovacciate,

le istantanee sussurrate

e un galeone senza bussola... è

ancora tutto come lo avrei annotato

… riguarderò il tuo volto 

e sarà tutto

come non è mai stato prima

ciao creatura,

mi sento davvero amorevolmente fragile

ma tu lo hai sempre saputo

… ciao creatura,

per qualche giorno guiderò mal volentieri

tra le stelle e le libellule

lungo la strada del mio ritorno

mi fermerò

in prossimità del tuo cuore,

non risponderò

ai messaggi e ignorerò il tramonto

... userò anche la forza

ma alla fine piangerò comunque

creatura mia,

adesso siamo insieme...

non m’importa di aggiornare il mondo

e non ho in programma

di scrivere lettere… creatura mia,

adesso è tutto chiaro, è il tuo turno

e l’ho già detto a tutti i miei sorrisi...


previsioni al cartone confezionato,

nessuna gabbia né promesse intavolate

... cara tu,

adesso sto guidando io,

e puoi riposarti… presto

rifarò i bagagli

e poi ci saluteremo ancora

… mi vedi? Sono già più lontana,

adesso lo sono ancora di più… ti 

sto parlando, siamo l'una a fianco dell'altra e questo non cambierà mai

(Venezia, 9 Settembre ‘23)

Louane EmeraJe voule 

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