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domenica 6 marzo 2022

Bruce Springsteen, War is the enemy of all mankind

Bruce Springsteen in War
La guerra è il nemico dell'intera razza umana, cantava Bruce Springsteen nell'immortale War. Ma perché lo capiscono tutti tranne chi lucra dalla morte di innocenti? E noi, che stiamo facendo?

di Luca Ferrari

Sono nato a fine anni '70. Nei mie primi contatti bellici di bambino, ricordo i bombardamenti americani sulla Libia e lo spauracchio del nucleare. Ho assistito al crollo al Muro di Berlino, e i successi orrori della guerra dei Balcani e nel Ruanda. Dopo l'11 settembre 2001 il mondo è sprofondato sempre più in una guerra costante e fratricida, spacciandola per civiltà a confronto. Nel frattempo la razza umana ha continuato a impoverirsi e quei signori che decidono le nostre sorti, sono ancora lì, a uccidere e lasciar vivere. Adesso è il momento dell'Ucraina di essere sotto i riflettori delle bombe. 

"War is the enemy of all mankind", basterebbe questa frase della canzone War, lanciata in una splendida e rabbiosa versione rock di Bruce Springsteen e la E-Street Band per catapultarci in una dimensione dove noi popolo siamo ancora schiavi di burocrati che non rischino mai nulla dalle ecatombe umanitarie. Intanto, le retrovie si scannano accusando l'un l'altra sul perché uno sia stato aiutato e l'altro no, domanda legittimma sia chiaro, ma che ci fa capire perché alla fine continuiamo ad avere le catene sotto i piedi.

E infine ci siamo noi, in qualche modo al sicuro, e che ci sentiamo orogliosi e fieri nel scendere in piazza senza conseguenze. Diciamo di essere contro la guerra come se fossero gli anni '70, e non lo sono. Oggi il conflitto vive anche sul web, e personalmente plaudo di più l'attività di realtà come Anonymous, che non sventolare qualche bandiera fine a se stessa senza alcuna conseguenza né beneficio reale per chi è nascosto nei bunker. Oggi, nel conflitto russo-ucraino, siamo tutti contro la guerra ma la gente continua a morire, e allora è evidente che abbiamo sbagliato qualcosa, e parecchio. 


L'ORRORE DELL'ERRORE


non sono migliore di loro,

non ho in mano il destino

del mondo… smentitemi,

e farò finire l’orrore in questo istante


non mi sveglierò quest’oggi

convinto di servire a qualcosa,

resterò in silenzio

e se cambierà qualcosa, nessuno

vi dirà cosa sia accaduto


mi sono scavato una buca

per nascondermi, e poi

me ne sono andato in mezzo all’oceano

… non mi avete seguito

e non lo avete mai saputo,

non siamo in prima linea

non ingurgiterò una nuova bugia

solo perché

ho rubato il miele ai serpenti dalla pancia gonfia


abbiamo sbagliato, e

lo so da un pezzo ormai… ma

perché crediamo ancora

che i Romani fossero migliori

dei Cartaginesi? Non rispondetemi

con la vostra opinione,

guardate in faccia

il mostro di cui siamo complici

… adesso è lì,

nel sangue già raffermo…scantinati

pieni di cadaveri

e noi avventurieri di bandiere

da cronaca local-sociale


il cielo è ancora limpido quest’oggi,

i fiori crescono dal verso giusto

della vita…le mie ambizioni 

sono rimaste le stesse, chissà

se interessa davvero 

alla prossima ecatombe... (Venezia, 6 marzo '22)

                                    
Bruce Springsteen, War

domenica 20 febbraio 2022

The Doors-Scott Weiland, uniti per Five to One

Scott Weiland canta Five to One insieme ai Doors

L'ennesimo e vigliacco atto di bullismo sul singolo. E la società dov'è? Sale la potenza (e la rabbia) di Five to One. Insieme ai Doors c'è Scott Weiland. Ascoltate queste paroline...

di Luca Ferrari

A quando il prossimo suicidio per bullismo? Ma è possibile che ancora oggi in Italia non ci siano soluzioni immediate per arginare questo tragico fenomeno sempre più dilagante? Alla lettura della notizia di una ragazzina tormentata da più di un anno e picchiata da 10 che l'hanno presa alle spalle, mi è tornata in mente la possente Five to One della rock band californiana The Doors. Ma invece che affidarmi alla versione originale con Jim Morrison (1943-1971), per scrivere qualcosa su questa vicenda, ho voluto affidarmi all'ugola rauca di Scott Weiland, inimitabile voce degli Stone Temple Pilots e Velvet Revolver.


Sarà anche per i miei infelici trascorsi, ma quando sento di questi episodi, una KillBilliana luce si attiva pericolosamente dentro di me. Ciò che oramai mi sorprende però, non è più l'atto in sé, ma come ci si possa sentire forti nel fare del male in tanti contro uno. Qualcosa anche di VascoRossiana memoria (Mi si escludeva). Oltre a questo, l'altro aspetto inquietante è l'immobilità della società, arrivando ad agire solo in casi davvero estremi e con l'adolescente di turno, ormai portato/a allo sfinimento, come è accaduto di recente alla tredicenne di Ardea, che non vuole più tornare a scuola. In questa devastante solitudine, provo col rock a dire qualcosa.


Tra i primi eterni sussulti musicali dei Pearl Jam, ci fu Jeremy, canzone scritta di getto dal cantante Eddie Vedder in memoria del giovane Jeremy W. Delle, suicidatosi in classe proprio a causa del bullismo. Altra anima musicale tormentata, Scott Weiland (1967-2015) incarna con dolorosa convinzione la celebre Five to One insieme agli altri tre musicisti originali dei Doors. In piena epoca dei figli dei fiori, Morrison cantava: "They got the guns/ but We got the numbers - Loro hanno le pistole, noi i numeri" ... Adesso credo che non abbiamo più nemmeno quelli, ma è tempo ormai di trovare soluzioni e reazioni che non lascino più spazio all'apocalittica solitudine di quei giovani, che non sapranno mai rialzarsi da soli. Mettete Five to One adesso, e leggete...


SULLE TRACCE DELLA MIA SOLITUDINE IMPLOSA

A chi tocca oggi? … volete le mie generalità? mi è accaduto tante taciute volte e forse accadrà ancora… fate attenzione alle mie tasche, non ci sono più guance solo incastri di iridi e sangue le vostre tracce sono ovunque, ma nessuno le vuole seguire… che cosa dobbiamo fare? vi siete organizzati per bene? … somma estrema di centimetri nello sgonfiarsi a precipizio sto venendo per voi, e non ho nessuna intenzione di parlare … non amo la compagnia chi è stato scelto per strofinare il fango delle vostre griffe? … la strada senza ritorno non è un’invenzione, e le mie nocche non sono testimonianze di alcuna emozione (e)voluta dove sono, dove siete stati? … chi le sarà accanto da quell’ultimo giorno a questo secondo appena tramortito? non lo sapeva nessuno, lo sapevano tutti.. lo sapevano tutti… nessuno diceva… è tutto così debolmente umano... è tutto così irrimediabilmente ignorato Sopravvivenza, ti rifiuto… Sopravvivere, non ricorderò più così le prime strisce pedonali delle nostre vite…

(Venezia, 20 Febbraio ‘22)

The Doors feat. Scott Weiland - Five to One (live)

lunedì 14 febbraio 2022

Col cuore e i Mudhoney, What Moves The Heart

What Moves The Heart, da "My Brother The Cow" (1995) - Mudhoney

Un amore incondizionato è quello che musicalmente mi ha sempre legato ai Mudhoney, entratimi subito in circolo prima ancora di ascoltare una sola nota. What Moves The Heart... appunto!

di Luca Ferrari

14 febbraio 2022, è San Valentino. Sono alla mia scrivania a lavorare, quand'ecco ripiombarmi dal nulla nella mente una melodia. Semplice e sporca. What Moves The Heart. E non ci potrebbe essere band migliore per Live on Two Hands di codesta, per celebrare la festa per eccellenza degli innamorati, perché i Mudhoney mi piacquero fin dalla prima volta che li vidi, quando ancora non possedevo nessuna sgangherata cassetta. E proprio una MC originale fu quella che comprati dell'album My Brother Cow in qualche negozietto nel lontano 1996. Un disco che ho sempre amato. Un disco nel quale c'era anche la traccia di What Moves the Heart. 

La musica dei Mudhoney l'ho sempre sentita affine alla mia anima: semplice e ruvida. Un garage rock sincero. Poche parole, qualche accordo. Grande presenza. Ho avuto il privilegio di intervistare la band al New Age di Roncade (Tv), e fin dal primo acchito mi confermarono tutto quello che avevo letto e immaginato di loro. Sono cresciuto più con Nirvana e Pearl Jam, ma quando attacca la loro musica, un sorriso s'impossessa del mia anima. Penso a tutte le rovinose cadute della mia esistenza, e allo stesso tempo sento la forza di una identità che insieme anche al loro sound, ho sempre mantenuto fin da quando incontrai il sound di Seattle.

E come ogni amore, spontaneo ed eterno, dopo quasi trent'anni sono ancora ad ascoltare la band nata dalle ceneri dei leggendari Green River (la cui altra metà del gruppo poi confluì nei Mother Love Bone), ripensando a loro e alla loro storia. Così, ripescando un'inedita versione di presentazione del nuovo album My Brother The Cow, ecco il cantante Mark Arm quasi sempre di spalle. Insieme a lui, i solidali chitarrista Steve Turner e il batterista Dan Peters. Al basso c'era ancora Matt Lukin, sostituto dal 2001 da Guy Maddison. E come ogni amore eterno, riascolto ancora una volta What Moves The Heart dei Mudhoney, ripensando a chi che fa ancora e sempre palpitare il mio cuore. 


STORIE DEL MIO CUORE INSIEME A TE

è la mia danza dei fiori che non affondano tra le rocce e gli oceani.. è la mia danza che incespica guardando la luce di quel sole glaciale che ci sarà rivelato insieme solo poche parole, un vecchio grammofono caraibico e qualche miglio che non ha ancora abbastanza alberi e ovest su cui copiare le generalità della nostra prossima meta un confine, e poi un'intenzione ancora… ogni volto lasciato indietro insieme a te, è una storia ora nostra… consanguinei di ciò che vorremo ancora raccontarci insieme Tutto dovrebbe cambiare con l’amore... Tutto cambia con l’amore più vero... Dire qualcosa e ribattere al Tempo… è la vita che intercede… Faccio un passo verso di te… Traccio una linea da dentro di noi.. anche allora ci fu un sorriso e una culla senza conoscere il domani .. parto dalle parole, ricomincio dal nostro risveglio… 

(Venezia, 14 febbraio 2022)

Mudhoney, What Moves The Heart (live Seattle '95)

venerdì 4 febbraio 2022

Silvia Salemi, a casa di Luca

La cantautrice Silvia Salemi © MickyMacky

"[...] Ma la sera a casa di Luca torniamo a parlare/... E parte una canzone/ Che bella dimensione". Nei miei rarissimi ricordi del Festival di Sanremo, c'è Silvia Salemi a casa di Luca.

di Luca Ferrari

Il festival di Sanremo, e che roba è? Mai stato un fan della tradizione melodica italiana. Non mi ha mai interessato anche quando vivevo di musica e tutt'ora, non gli dedico nemmeno un minuti d'interesse. Ripensandoci bene però, mi capitò di vedere qualcosa. Una sola volta fu voluto, c'erano gli R.E.M. nel 1998 credo, o 1999, per l'album Lotus. L'anno prima invece, a casa di un'amica, mi capitò di assistere a due performance: le Spice Girls, che all'epoca dovevano ancora diventare "mie amiche", e una (per me) sconosciuta, Silvia Salemi che cantò A casa di Luca.

Davvero strana la vita. Siciliana classe '78, quindi quasi coetanea del sottoscritto, in quella canzone che portava anche il mio nome, raccontò uno spaccato di Friends-iana memoria, di noi ventenni dell'epoca così dannatamente simile a ciò che io stesso stavo vivendo...

[...] L'epoca del
Tun tun cha pa tu pa tum
C'ha stordito il cuore
Siamo isole senza valore
...
Ma la sera a casa di Luca torniamo a parlare
Ma la sera a casa di Luca che musica c'è
Pochi amici a casa di Luca, lo stato ideale
Perché ognuno a casa di Luca è nient'altro che sé [...] 

Silvia cantava così. Una semplice melodia che raccontava di amici che non facevano nulla di particolare. S'incontrano. Parlano. Si confidano sinceri e le ore passano. Nel marasma della mia vocazione rock, e all'epoca con incursioni anche nell'heavy metal, quella giovane ragazza lasciò il segno, e a distanza di ormai 25 anni ancora la ricordo. Ogni volta che sento parlare del Festival di Sanremo, mi torna in mente quasi ed esclusivamente lei. E allora quest'anno, la voglio immortalare. E allora cara Silvia Salemi, oggi un altro Luca ha qualche parola da sussurrarti... 

IN DELICATA CONGIUNZIONE DI PENSIERI

un accenno di notte, uno spiraglio di risveglio ancora incompreso… l’acqua salata fin sotto le finestre, e una lettera che forse diventerà umana mi devo ancora convincere che lo stagno nasconda un oceano, allora non lo avrei mai voluto sapere, ma è stato esattamente così sono stato svelto a nascere, non a vivere mi ci è sempre voluto poco per credere a ciascuno di voi, eppure i miei disegni non avevano strade ma solo nuvole guarda l'estensione delle mie mani… non ci sono pezzi di carta incollati… a quale canzone stai pensando mentre cerco di ticchettare i miei sogni con il più rudimentale stato di perseveranza e abbandono? valigie senza forma, e qualche goccia di pioggia in attesa sul semaforo verde… C’è ancora tempo… siamo ancora in tempo per tramandare la nostra storia, dalle tue mani alla mia anima… siamo ancora coscienti, in silenzio e umanamente sinceri (Venezia, 6,45 - 4 febbraio ‘22)

Silvia Salemi, A casa di Luca

martedì 25 gennaio 2022

Melvins, il ritmo heavy di Spoonman

Buzz Osborne (Melvins) canta Spoonman

La storica band dei Melvins omaggia i Soundgarden e l'eredità di Chris Cornell, con una versione heavy di Spoonman. Alla batteria insieme a Dale Crover, c'è anche Matt Cameron.
 

Penso a Spoonman e mi torna subito in mente il volto di Chris Cornell e gli altri componenti della band. Inizio ad ascoltare Spoonman e nella mia mente si attivano subito le altre canzoni del capolavoro Superunknown (1994). Questo almeno era ciò che accadeva fino a qualche giorno fa! Aggiorniamo le lancette al 2022, da oggi Spoonman è anche una ruvida ed heavy cover dei leggendari Melvins, in una speciale performance con "King" Buzz(o) Osborne alla voce, e alla batteria Dale Crover insieme a Matt Cameron (Soundgarden, Pearl Jam).

Grandissimo appassionato della garage rock dei Mudhoney, e ancor prima dei Green River, al contrario non sono mai riuscito a entrare in sintonia con i Melvins, e ciò nonostante le sempre entusiaste parole di Kurt Cobain, loro concittadino in quel di Aberdeen (Wa).A detta dello stesso cantante dei Nirvana, se non fosse stato per i Melvins, non si sarebbe appassionato della musica. Non a caso agli inizi della rock band, Crover militò per un certo periodo anche sui tamburi dei Nirvana. Alla fine era un amico che li aiutava in attesa di una presenza stabile dietro i tamburi, poi trovata in Chad Channing.

Nella discografia dei Soundgarden, ho sempre prediletto l'ascolto del terzo Badmotorfinger (1991), dunque era da qualche lustro che Spoonman non passava tra i miei auricolari. Sono bastate però le prime inconfondibili note per fare un salto all'indietro di più di 25 anni, rivedendo flash del mio passato e della mia vita, passando poi per una grandiosa performance della band di Seattle e la tragica prematura scomparsa del loro indimenticabile cantante (1964-2017). Oggi però, insieme ai Melvins, inizia una nuova storia. Forte della vita che ancora pulsa. Ebbra di una memoria che continuerà per sempre.


PIANI DI SCHELETRICI PENSIERI 


snodo di mattoni… 

il rumore della testa

l’eco della salvezza

è ancora una ritardataria priorità


mi guardo

ossessivamente dentro… fuoco

distorto, l’egemonia

delle ginocchia

riguarda ogni frase

volutamente inorridita


che fine hanno fatto

le vere esplosioni?

l’autenticità di un arsenale

è sterco 

per finzioni narcotizzate

… non resisteresti

da solo

nemmeno un giorno… non

sopravviveresti

a un giorno del mio passato


ogni naufragio

rimasto in equilibrio

si è guadagnato

la sopravvivenza

con le sole ombre 

del proprio insperato domani


fate incetta

delle mie ambizioni,

non sono

nemmeno per strada… fate

razzie delle mie più annotate

dichiarazioni senza nome,

sono esattamente

dove voglio essere… doveva essere

il significato della fine,

o ci sono solo intervalli

tra due mani penzolanti?

sono bendato… mi sono 

tolto ogni benda dal mio corpo

                     (Venezia, 25 Gennaio ‘22)


Spoonman, by Melvins

sabato 22 gennaio 2022

Helloween, la vita di Where the Rain Grows

Andi Deris vce degli Helloween (1995)

L'acqua delle lacrime è l'immortalità della vita. Non la dimenticherò mai! La mia dedica si lib(e)ra tra le nuvole e il mare, con Where the Rain Grows (Halloween).

di Luca Ferrari

Ti ho incontrato quando nemmeno io mi sarei dato una possibilità. L'ho incontrata per la prima volta e da sopra quella finestra sul canale, sono sicuro non mi abbia mai osservato. Ha superato curve, e ci siamo rincontrati. Quando ancora mi perdevo per quei vicoli dal nome specifico, sapeva rispondermi parlando di sensibilità. Non avrei mai voluto che arrivasse questo giorno. Il dolore per la sua scomparsa non lo potrò mai dimenticare. Piccoli frammenti di poesia si uniscono. Ricorderò di lei la vita che ha sempre ispirato. 

Voce gentile e amichevole quella degli Helloween, incontrati sul mio cammino nell'autunno 1995, pochi mesi dopo aver fatto la conoscenza di un uomo. Un padre, e molto altro ancora. Tre anni dopo avrei visto la metal band tedesca dal vivo a Trieste, insieme agli Iron Maiden. Quello però era un tempo diverso, più difficile. Nel corso degli anni la band formatasi ad Amburgo nei primi anni Ottanta è sempre rimasta nelle mie simpatie, scrivendo talvolta pagine molto intense attorno alla mia vita, come accadde con la profonda In the middle of a Heartbeat, dall'album (Master of the Rings, 1994).

Adesso è il turno Where the Rain Grows, tratta dal medesimo discoQuasi un'invocazione, una corsa di adrenalina e speranza. Ci ho pensato un po' prima di sceglierla. Volevo qualcosa che mi ricordasse la vita, perché è quello che ho sempre sentito nelle sue parole. Poteva essere una conversazione, o qualche scampolo di parola lungo una Fondamenta. Sentivo sempre l'entusiasmo di chi aveva/ voleva molto dal mondo che si era creato. Mi ricorderò sempre di lei. "I know where the rain grows/ I'm back from where the rain grows" canta la voce melodica di Andi  Deris. Sono tornato per dirle addio e promettere che non mi dimenticherò mai di lei.

MANO NELLA MANO CON LA PIOGGIA Velo le sue ali,  perché me ne sono sempre andato così… portasigari usati come matite, l’ho imparato nel tempo  Nelle parole di quella  giovane ragazza, c’era un tappeto natalizio e loro a giocarvi sotto il tavolo... Lei, doveva essere poco più in là... La curiosità è sempre stata la mia diffidenza, l’immortalità la mia vocazione… lo avevo anche impresso, e lui mi riconobbe…E così avrebbe fatto ancora, dagli ingorghi sospirati passando per il fango più scivoloso fino alle passeggiate più familiarmente arcuate Le potrei dire che non ho pianto ma le bugie non hanno mai rappresentato un cappello per i miei pensieri… Non mi farò annunciare dalla luna, stanotte… Il sole dovrà attendere, lascerò le mie mani inermi ancora un altro giorno, poi chiederò alle estremità di setacciare gli uragani rimasti … e le stelle prenderanno il posto della pioggia… e una stella si è appena accomodata dentro i loro cuori.. Un pezzo di carta colora ancora gli auguri più appartati... Io vedo oltre, avanti... il domani è per sempre... (Venezia, 14-20Gennaio '22)

Helloween, Where the Rain Grows

venerdì 31 dicembre 2021

Donna Cannone, pura energia rock

La rock band Donna Cannone © Stephansdotter Photography (writer)

Il sound genuino della rock band svedese Donna Cannone è pronto per farsi conoscere al grande pubblico. Dopo i primi due singoli, nel 2022 uscirà l'album di debutto. 

di Luca Ferrari

Due amici si ritrovano e iniziano a strimpellare. L'entusiasmo prende il sopravvento e scatta la sacra scintilla del rock. Il duo diventa un quartetto, ognuno col suo strumento (basso, chitarre, batteria). La genesi della rock band svedese Donna Cannone è tanto semplice quanto naturale. Formatisi a Stoccolma due anni or sono, tutti i membri vengono da importanti presenze nella scena rock scandinava (e non solo). Scrivono e suonano. La band inizia a farsi strada. Intervistati di recente sulla celebre rivista Metal Hammer, guardano al futuro con ottimismo e convinzione. 

Quattro i componenti della band: la chitarrista Giorgia “Jo” Carteri, la batteritsa Tilda Nilke Nordlund, entrambe ex Thundermother, il cantante-bassista Luca D’Andria (ex Cowboy Prostitutes) e il chitarrista solista Bjorn Strid (Soilwork, The Night Flight Orchestra). Nei giorni scorsi si sarebbero dovuti esibire allo Stockholm Rock Out in compagnia di personaggi del calibro della mitica cantante heavy metal tedesca Doro, l'altrettanto leggendario cantante finlandese degli Hanoi Rocks, Michael Monroe, e poi i Crashdiet, Crazy Lixx e la cantante gallese Chez Cane. Tutto rinviato all'anno prossimo (16-17 dicembre 2022).

Era da un po' che tenevo d'occhio questa band e lo scorso agosto, dopo l'ottimo singolo di debutto Cross the Line, ho atteso incuriosito l'uscita del nuovo singolo. Pubblicato il video sul canale Youtube dell'etichetta svedese a cui si sono legati, la Despotz Records, l'ho personalmente inaugurata correndo all'alba sul lungomare di Schiavonea (Cs), davanti allo Ionio calabrese. Fin dal primo ascolto, praticamente senza guardare il video ma solo ascoltandola, ho subito provato una sensazione di benessere, che si amalgamava col panorama naturale marino, in un mix di sonorità che a tratti mi ricordavano Helloween e i primi Guns n' Roses di Appetite for Distruction, in certi riff.

Quattro mesi dopo sono ancora on the road, questa volta nella mia natia Venezia, correndo su e giù per fondamenta e campielli, pompandomi di pura adrenalina rock. Da qualche mese ormai nelle mie variegate playlist capaci di spaziare dai Pearl Jam a Michael Schenker, passando (anche) per Neil Young, Alice Cooper e The Cranberries, ormai ci sono anche loro, i Donna Cannone. In attesa di ascoltare presto il loro debut-album, sembra previsto per il 2022, auguro il meglio a questa band, in attesa di vederli anche dal vivo da qualche parte nel mondo. Ora è arrivato il mio turno di farmi ispirare dalla musica dei Donna Cannone e il loro ultimo singolo Nothing to Do:

COLLISIONI SENZA LIMITI


Ho viaggiato, inseguendo il cielo... allo scoperto… lo sapevi, ho perfezionato i colori

delle mie dita... Posso

ancora inciampare liberamente

...

mi sono concentrato,

è stata una rivelazione o la sintesi di una caduta?

.... Vedo l’oceano

ridere a gran voce,

ci sono le sue domande... ci sono

le mie soste... quelle giuste, quelle prigioniere... quelle invulnerabili


Voglio dirti, è tardi per un sortilegio

che non preveda

una parola e la nostra simultanea

auto-immedesimazione?

Le stesse battaglie di una volta

oggi sono aceri e sensazioni millimetriche di labirinti


Un altro passo, e poi

un'amichevole collusione ancora…

Sento il mormorio

di un'alba diradata, e questa

è la cicatrice

di ciò che gli altri chiamano silenzio


prendere/ perdersi...

le salite che vedi attorno ai miei tasche

è l'amore

che non ho mai voluto nascondere


Un grattacielo, una caverna, 

un albero distante… Ho dimenticato il monopolio degli specchi

perché non ci ho mai creduto...non mi disturbi

se vorrai correre... cammineremo insieme alle mongolfiere


queste nubi sono un ostacolo 

solo per chi ha desiderato

estinguersi tra illusioni e rancori

... dai un'occhiata oltre noiu,

i miei sogni prendono appunti su ciò che è

(Venezia, 30-31 Dicembre '21)


Donna Cannone, Nothing to Do

lunedì 27 dicembre 2021

Pearl Jam, la danza del chiaroveggenti

I Pearl Jam 

Ho aspettato più di un anno e mezzo per ascoltare Gigaton (2020), l'11° album dei Pearl Jam. Ed ecco subito Dance of the Clairvoyant ispirare un nuovo sentiero compositivo.

di Luca Ferrari

No, non mi era ancora mai capitato. Non mi era mai capitata "una cosa così", con "loro": i Pearl Jam, la band che ha sempre accompagnato la mia vita. Da quando ho memoria dei rocker di Seattle, quanto mai avrò aspettato prima di ascoltare un loro nuovo disco? Forse una settimana, non di più, incluso il penultimo Lightning Bolt (2013). Questa volta invece, sono trascorsi un anno e nove mesi. Un'eternità! Non ero pronto. Non ne avevo voglia. Non ero mensilmente connessi. Gigaton è sbarcato in Italia il 27 marzo 2020, oggi invece è il 27 dicembre 2021 e lo sto ascoltando da neanche un giorno. Mi è bastato un ascolto ed ecco subito "trovare" un'emozione in perfetta sintonia umano-sonora per mettermi alla tastiera e scrivere qualcosa di impetuoso e imprevisto.

Rewind. Uscito l'11° album dei Pearl Jam, il mondo dei social si scatena subito. Follower della pagina Facebook di pearljamonline.it, inizio a leggere commenti: si va dal cieco entusiasmo a chi consiglia la pensione alla band di Seattle. Tirando un po' le somme, non mi aspettavo granché ma fin dal primo ascolto resto piacevolmente colpito, e soprattutto mi faccio una domanda: che cosa si può chiedere a una band in pista da trent'anni, capace di sfornare album e canzoni capolavoro, sfuggire a qualsiasi etichetta riuscendo sempre a mantenere un'integrità artistica (quasi) unica? Se nel 2021 vedessi un Vedder scimmiottare il se stesso con lyrics e atteggiamenti "young", allora sì che mi sentirei deluso.

Ascolto il disco. Nessun album mi ha mai conquistato dal primo ascolto, nemmeno quelli che adoro alla follia come Vitalogy (1994), restando in casa Pearl Jam, o In Utero (1993) dei Nirvana che per qualità testi è 100 spanne superiore a Nevermind. Tornando a Gigaton, alcune mi canzoni mi entrano subito in circolo, altre le dovrò ascoltare ancora! Le ultime mi sembrano molto influenzate dalla direzione solista del cantante, che per quanto non mi faccia impazzire, ha una sua logica. Ricordo commenti poco lusinghieri quando uscì No Code (1996), oggi uno degli album più amati. Inizio il secondo ascolto. La nuova musica dei Pearl Jam inizia a muoversi dentro di me. Il resto è il presente più istintivamente "creato"...


INSIEME... CASO PER CASA


L'angolo allargato... ricettatori

di sproloqui, assassini d'ironia giocattolaia... è bastata una parola,

un’immagine… un calore

che hanno dato via… lo sto guardando, ed è la sua vita,

è la sua ambientazione umana

... sono i suoi occhi,

zolle che non dovrebbero mai regolamentarsi Non li chiama mai per nome, tutto è subito mutato in un infinito legame vero previsioni… interpretazioni… uno st(r)ato

di perfezione da controllare... lo staranno

davvero pensando?

Avreste mai sussurrato

le medesime traduzioni

al più piccolo ricordo di voi stessi?

c’è una roccia in mezzo al mare,

ci sono scie di energie e gocce che risalgono albe

... Scontri di domani impercettibili...

Una sola notte non dovrebbe essere

nemmeno accettabile… Vi ho mai

dato l’impressione

di aver scelto un unico colore

per le pagine

del mio libro di non-ricordi? Di

quanto torti mi sarei macchiato

se non avessi dato la priorità

a ogni nuova sorgente di vita...

(Padova/Venezia, 25-26 Dicembre ‘21)

Pearl Jam - Dance of the Clairvoyants

giovedì 23 dicembre 2021

E così viene Adelmo... natale e i suoi Sorapis

Zucchero e Maurizio Vandelli in ...e così viene Natale (Adelmo e i suoi Sorapis)
E così viene natale... anche sta volta. Le vie della musica sono infinite. Per me non è davvero natale senza canticchiare la magia del 25 dicembre insieme ad Adelmo e i suoi Sorapis.

di Luca Ferrari

Sarà la mia innata tendenza all'happy end, causa ovviamente di atroci delusioni e implosioni sentimentali, ma la canzone "... e così viene natale" del super-gruppo Adelmo e i suoi Sorapis, l'ho sempre trovata perfetta per la mia anima ferita. A ben guardare però, nulla avrebbe dovuto farmi avvicinare, a cominciare dall'ambientazione, una discoteca, una tipologia di locale che sono fiero di dire, non ho mai frequentato nemmeno una volta in vita mia. I protagonisti della band? Zucchero, di cui conosco sì e no 2-3 canzoni. Maurizio Vandelli (ex Equipe 84), ricordi dell'estate 1989 con il programma "Una rotonda sul mare". I Pooh? Mai ascoltati in vita mia. Ecco, nonostante tutte queste premesse, non c'è natale che non me la ascolti almeno una volta, guardandomi il video.

Ha tutto inizio con il titolare del locale che ferma l'ennesimo tunz-tunz-tunz per annunciare che una band suonerà dal vivo una canzone, cosa per niente apprezzata dai presenti che rispondono con fischi e disapprovazione. Ecco allora il mondo del facile sballo: chi spaccia, chi compra, chi ha già bevuto/sta bevendo troppo, e chi non si fa problemi a lanciare sarde (sguardi) nonostante sia già in dolce compagnia. Da tutto questo ne nasce una rissa collettiva, donne contro donne e uomini contro uomini. Lì, nel mezzo, altri personaggi alla ricerca di qualcosa che gli dia (forse) un motivo per avere speranza, su tutti una ragazzina al bancone che ricorda la campionessa di nuoto, Federica Pellegrini (non me ne voglia l'atleta). 

Ho sempre amato le collaborazioni con stili differenti, per cui forse vedere quelli là tutti insieme sul palco, mi ha messo nella giusta condizione di ascolto. L'atmosfera inizia tesa e frame dopo frame, si scalda sempre di più in totale controtendenza rispetto al natale. Litigano i fidanzati. Partono risse tra uomini e donne. Pugni che volano, schiaffoni e tavolini fracassati e poi? Può finire così una canzone di natale? Può davvero finire così una canzone che celebra quella festa che, sotto sotto, a tutti piacerebbe vivere nel migliore dei modi? No, non può ed ecco allora dal soffitto, aprirsi una botola e... e guardatevi il video! Lo farò anche io, per l'ennesima volta. Adesso però mi farò davvero ispirare:


IL JINGLE LO SCRIVO CON TE


non c’era nemmeno

una coperta

perché potessi cadere

e restare un po’ immobile… seguo

la corrente

di un ruscello che ha insonorizzato

gli spari 

delle macho-frustrazioni…Non

ci sarei mai potuto essere

lì nel mezzo… Avevo

già provato

a testare la resistenza

di una staccionata

con troppa poca fiducia

in ciò che l’universo

fosse pronto a rispondermi… E

che potevo fare,

non ero nemmeno rassegnato

quando si trattava di ascoltarmi

… le tante finestre aperte

si sono approvvigionate

con esperimenti gestuali

di benvenuto… Il colore

di una valigia

era tutto quello che potevo permettermi,

e forse un lavoro

come risponditore di lettere

indirizzate anche a te

è troppo lontano

il Polo Nord, anche per una notte

come queste… mi accontenterei

di un passaggio

sul dorso di qualche sperduto

che cosa… Ma tu li sai

davvero i perché

della nostra spensierata

solitudine? Adesso

sto per chiudere

gli occhi, ma voglio che tu sappia

che l’amore

delle nostre lacrime

continuerà anche domani…

(Venezia, 23 Dicembre ‘21)


E così viene Natale, di Adelmo e i suoi Sorapis

Due protagonisti del video ...e così viene Natale (Adelmo e i suoi Sorapis)

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